Il n. 1 del doppiaggio/ Stefano De Sando il calabrese riservato

Death and Other Details (ora su Disney+) è un mistery drama in 10 puntate che coinvolge nel cast il veterano di Homeland, l’attore Mandy Patinkin. La sua voce “italiana”, è inconfondibile, è la stessa di Bryan Cranston nel ruolo di Walter White in Breaking Bad, di Tom Selleck in Blue Bloods, di James Gandolfini nel ruolo di Tony Soprano, di Ed O’Neill nella sit-com statunitense Modern Family.

Nel 1986 vidi il film “Mission” diretto da Roland Joffé e vincitore della Palma d’oro al 39º Festival di Cannes. Robert De Niro vi interpretava un cattivo che diventava buono, il cacciatore di schiavi Rodrigo Mendoza, il quale per espiare l’omicidio del fratello, decideva di mettersi al servizio dei missionari e degli indios scegliendo di prendere i voti per diventare anche lui un missionario gesuita. Fu la prima volta che ascoltai la voce di De Niro doppiato da Stefano De Sando.

Tanti anni dopo scoprirò che Giuseppe (alias Stefano) De Sando era nato a Pizzo Calabro il 31 luglio 1954. Proprio 38 anni fa, infatti, era stato scelto per doppiare De Niro al posto di Ferruccio Amendola perchè per quel personaggio serviva una voce nuova, diversa da quella che era solitamente associata alla sua faccia. Così De Sando ha cominciato a essere il doppiatore di De Niro, prima in concomitanza con Amendola (scomparso nel 2001) poi da solo e ancora oggi è la sua voce ufficiale. Anche nell’ultimo film di De Niro, “Killers of the Flower Moon”, diretto da Martin Scorsese, con Leonardo Di Caprio, De Sando lo ha doppiato. Sul doppiaggio ci sarebbe da scrivere molto, in fondo è un’arte inventata dagli italiani, anche se ora io (e non sono solo) preferisco le voci originali e i sottotitoli. Però di una cosa sono sicuro, tra gli attuali doppiatori italiani, De Sando è il n. 1.

Non ho scritto “il migliore” perchè c’è un nutrito gruppo di uomini e donne bravissimi doppiatori, ma l’erede di Cesare Barbetti, di Amendola, Pino Locchi, Giuseppe Rinaldi, è lui, oggi il numero uno. Una voce inconfondibile che, ecco il segreto, sa recitare, perchè non si doppiano gli attori ma i personaggi.  Non è che Robert De Niro recita ogni personaggio allo stesso modo, è chiaro, altrimenti sarebbe una maschera, non un attore. De Sando ha detto una volta (Lucia Resta, Elle, 2021) “Son 35 anni che De Niro mi presta la faccia”. L’uomo è così, spiritoso, poliedrico, accanto a questa attività ne ha molte altre, ma è un fuoriclasse del doppiaggio.

Ho letto che a 6-7 anni le suore gli fecero interpretare prima San Giuseppe e poi l’anno dopo gli chiesero di fare l’asinello, ma lui non volle, perché voleva recitare davvero. Che restava fuori della sala ad ascoltare i film che non poteva vedere e scoprì la voce calda e duttile di Carletto Romano. A Roma comincia a lavorare già a 18 anni per diverse compagnie teatrali, fino a quando non arriva in quella di Vittorio Gassman, con la quale lavora per molto tempo. Comincia il doppiaggio quando ha già trentanni e una lunga carriera da attore teatrale alle spalle. 

Ma il personaggio De Sando è il n. 1 per altre ragioni che lo rendono straordinario. In genere un bravo doppiatore (per non fare nomi cito la voce di Tom Cruise, Roberto Chevalier) si allarga, finisce per fare il direttore del doppiaggio e il dialoghista (Tonino Accolla per i Simpson). Lui no, e neppure lo sentirete mai come tanti suoi colleghi arrotondare con le voci per la pubblicità. Lo fece una sola volta perchè era richiesta la voce di De Niro. Ama la poesia ed è un musicista che ha lavorato con Gigliola Cinquetti, Tullio De Piscopo e Niki Nicolai, inoltre ha scritto un brano per Ornella Vanoni.

Insomma, ama e coltiva l’arte e ha fatto della riservatezza e della modestia il suo abito quotidiano. Per me è da anni uno dei calabresi più insigni, perchè uno così bravo nel suo lavoro eppure così sconosciuto per scelta, indole, cultura, ci rappresenta al meglio. E’ l’esatto contrario dell’esibizionista sbruffone.  Tutti quelli che seguono il cinema o la tv riconoscono la sua voce e le sue interpretazioni ma la sua voce non si sa a chi appartiene. Si lega ad un volto di un grande attore internazionale, con il quale lo confondiamo. Invece dietro c’è Stefano, ecco cos’è la calabresità che ci piace, essere i migliori senza darsi tante arie. Gli addetti ai lavori sanno che sei il migliore, ma la massa non lo sa. A Pizzo, paese marinaro dove gli uomini s’imbarcavano e dopo sei mesi tornavano a casa per poi ripartire, è nato un calabrese di cui andare fieri. E da cui prendere esempio.