Paul Giamatti il caratterista diventato una superstar

Da sempre nella storia del cinema esiste una numerosissima categoria, discendente dal teatro, composta da attori più o meno celebri, più o meno fortunati, che rientrano sotto il nome di caratteristi. Si tratta di interpreti che solitamente affiancano le Star (soprattutto quando parliamo di cinema statunitense) in ruoli da non-protagonista grazie alla loro straordinaria capacità di riempire il proprio personaggio riuscendo ad andare oltre l’aspetto macchiettistico, e arricchendo il film con poche ma complete sfumature.

Ho scoperto Paul Giamatti nel ruolo dell’ispettore Uhl in The Illusionist – L’illusionista (2006). La sua carriera era iniziata con collaborazioni con registi come Woody Allen, Sidney Pollack, Mike Newell e Peter Weir, prima di passare al ruolo di sparring partner dai mille volti. L’irriverente ostaggio ne Il negoziatore di F. Cary Gray, il cantante con problemi di rabbia in Man on the Moon di Miloš Forman e finanche l’orangotango de Il pianeta delle scimmie di Tim Burton. Una lenta salita, davvero tortuosa e faticosa, verso il primo ruolo di spicco, arrivato in un genere cinematografico dove solo i veri caratteristi sanno brillare sul serio: il biopic. Giamatti aveva interpretato il fumettista Harvey Pekar, creatore della serie American Splendor, che è anche il nome del film del 2003, una semi-trasposizione dal mondo dei comics diretta da Shari Springer Berman e Robert Pulcini. Qui l’attore dimostra la sua incredibile capacità di giocare le proprie interpretazioni in contrapposizione a ciò che suscita il suo aspetto, riuscendo a piegare la sua figura goffa e il suo volto buffo in modo da conservare una fragilità ferita e mettere invece in mostra un’aggressività affascinante. Ecco il Giamatti introverso, buio e depresso, ma in grado di far emergere a proprio piacimento una personalità profonda, analitica e magnetica. Il segreto di una qualità da trasformista di primo livello, coadiuvata da un metodo rigoroso, e che allo stesso tempo cela una personalità fuori dal comune.

Sideways (2004) e Cinderella man (2005)

Forse questo è il motivo per cui Alexander Payne (Omaha, 1961) si innamora di lui e lo mette al centro di Sideways per interpretare l’insegnante d’inglese dal cuore spezzato, Miles Raymond. La sua natura riservata trova perfetta rappresentazione nel personaggio amante del buon vino e della letteratura, che accompagna un amico volgarotto in un viaggio/addio al celibato. La dimensione intimista e realistica del regista coinvolge Giamatti in un progetto che sembra fatto apposta per lui e ne decreta il successo. Da questo momento in poi, il volto e il nome dell’attore comincerà ad essere riconosciuto anche dallo spettatore distratto: aiuta Russel Crowe a conquistare un riscatto sociale in Cinderella Man – Una ragione per lottare (2005).

Un film è sempre un lavoro corale, e se non ci sono quelli che legano il gioco e danno l’impronta giusta allora tutto rischia di rimanere più anonimo.

Anche per quelli che vengono chiamati caratteristi può capitare però il film della vita, quello che finalmente li porta sul proscenio davanti a tutti gli altri, e che permette loro di accedere ad una dimensione nuova, quella che solitamente occupano le famigerate grandi star. Giamatti è un professionista abituato a costruire la sua interpretazione metodicamente, mattone su mattone, non lasciando nulla al caso e che lavora sul corpo e sulla prossemica nella stessa maniera con cui lavora sui tic nervosi, il tono della voce e l’altezza dello sguardo. Come viene dimostrato in The Holdovers – Lezioni di Vita di Alexander Payne (nella foto sotto) dove addirittura gioca con un occhio strabico prodotto con vari stratagemmi.

Candidato all’Oscar per miglior attore protagonista nel 2024, l’interprete del Connecticut corre da underdog al cospetto di nomi più importanti o che con la loro candidatura hanno legittimato uno status che finora non gli era stato ancora riconosciuto, eppure in The Holdovers c’è l’interpretazione che vale una carriera. Aspettata, agognata, guadagnata e poi curata con la consapevolezza di poter, finalmente, elevare la qualità del proprio lavoro come mai prima d’ora. Per Paul Giamatti un’occasione speciale in più, visto che gli è capitata sotto la direzione di uno dei registi che più è stato in grado di valorizzarlo in passato.

Paul Edward Valentine Giamatti (New Haven, 6 giugno 1967) nel corso della sua carriera si è aggiudicato tre Golden Globe, tre Critics Choice Awards, un Premio Emmy e quattro Screen Actors Guild Awards. Inoltre, è stato candidato due volte al Premio Oscar rispettivamente come miglior attore non protagonista per Cinderella Man – Una ragione per lottare (2005) dove impersonava il manager sportivo Joe Gould, e miglior attore protagonista per The Holdovers – Lezioni di vita (2023).

Raffinato, colto e di indole riservata sembrerebbe destinato a ruoli esclusivamente drammatici in film ricercati d’autore. Invece sorprende con la voglia di mettersi alla prova ogni volta, affrontando generi diversi e lavorando con registi affermati ed esordienti. Anche con il nostro amico Carlo Carlei in Romeo e Giulietta del 2013. Carlei fa conoscere Giamatti e Damian Lewis e i due insieme daranno vita a Billions (sette stagioni, dal 2016), una serie televisiva statunitense creata da Brian Koppelman, David Levien e Andrew Ross Sorkin, ambientata a New York nel mondo dell’alta finanza. Giamatti interpreta l’integerrimo Chuck Rhoades, il procuratore federale del distretto meridionale di New York.

Nato da Angelo Bartlett Giamatti, metà italiano e metà inglese (i bisnonni di Paul, Angelo Giammattei e Maria Lavorgna, erano nativi di Telese), docente di letteratura e poi presidente presso l’Università di Yale, e da Toni Smith attrice di origini irlandesi, è l’ultimo di tre fratelli; il maggiore, Marcus Giamatti è anch’egli attore cinematografico. Ha frequentato l’Università di Yale, conseguendovi la laurea in letteratura inglese e il diploma dalla Scuola di arti drammatiche.
Vive a Venice in California con la moglie, la produttrice Elizabeth O. Cohen, sposata nel 1997, e con il figlio Samuel, nato nel 2001.