I numeri non mentono (Italia e Calabria)

Spesa per interessi Nel triennio 2023-25  la spesa per interessi sul debito pubblico sarà di 270 miliardi. Nei prossimi 12 mesi l’Italia dovrà emettere titoli a medio-lungo termine tra i 310 e i i 320 miliardi.

La spesa maggiore italiana è quella per la Protezione sociale (417 miliardi nel 2020, il 44,1% del totale), che comprende le pensioni e le prestazioni assistenziali.

Le uscite per i Servizi generali ammontano a 144 miliardi (15,3%), di cui 60 per interessi sul debito pubblico; la spesa sanitaria assorbe 130 miliardi (13,8%).

La maggior parte della spesa pubblica non è comprimibile, a partire dalle pensioni, gli interessi, la sanità, le spese per il personale che interessano tutte le funzioni e restano ben pochi margini di manovra sulla parte restante.

Per la protezione dell’ambiente si spendono solo 16 miliardi (di cui 10 sono, peraltro, destinati al trattamento dei rifiuti); per la ricerca e sviluppo (ricavabile trasversalmente da tutte le funzioni) 13 miliardi; per l’università 5,5 miliardi sui 70,5 complessivamente destinati all’istruzione.

Bonus 110% a novembre scorso ha superato, stando ai dati dell’Enea, la soglia dei 63,92 miliardi l’onere a carico delle finanze pubbliche.
Questo senza centrare pienamente l’obiettivo per il quale era nata questa misura: cioè la riduzione delle emissioni da anidrite carbonica.

Regione Calabria, per comunicazione e marketing (da maggio ’20 ad oggi): 40 milioni

(Gabanelli, Data room, 12/12/22) Nel 2019 (ultimi dati completi disponibili) sono sfuggiti al fisco 99,24 miliardi di euro di tasse – il 18,5% del dovuto allo Stato – quanto basta per tre manovre di Bilancio.

Il debito della sanità calabrese è di oltre un miliardo. Occhiuto: “Poco superiore alla media nazionale” (4/1/23 Quotidiano nazionale)

(Gazzetta del Sud, 20/11/22) “La Calabria ha un debito sanitario sul quale si è fantasticato per tanti anni, si è detto che era di 3 miliardi, poi di 1 miliardo. Il governo ha mandato diversi commissari che non sono riusciti a quantificarlo. Io sto utilizzando la Guardia di Finanza, con la quale abbiamo fatto un accordo per il quale la Gdf dovrà valutare i crediti che le aziende dicono di vantare nei confronti della Regione.
Abbiamo realizzato una piattaforma ed invitato tutti i fornitori del sistema sanitario a iscriversi, ed è successo che alcune cliniche, aziende e imprese, che risultavano come creditrici, non si sono neanche iscritte, perché, evidentemente, il fatto che ci sia di mezzo la Guardia di Finanza le ha indotte ad evitare di pretendere crediti di prestazioni che probabilmente sono stati già pagati.
In Calabria ci sono alcune imprese che hanno avuto pagamenti due o tre volte per le stesse prestazioni, lucrando sul deficit di capacità amministrativa di qualche azienda sanitaria.
Entro fine anno quantificherò, finalmente, il debito sanitario, facendo quello che non si è fatto in 12 anni di commissariamento”, ha sottolineato il governatore Occhiuto.
Secondo quanto riferito dal commissario di Azienda Zero Giuseppe Profiti, solo una volta ottenuta una prima risposta da parte dei fornitori si avvierà la seconda fase di vera e propria «ricostruzione del passivo del sistema sanitario calabrese». «Ciò è collegato alla proroga di sei mesi del decreto Calabria. Uno dei motivi è quello di far cessare il commissariamento e gettare le basi per una gestione ordinaria. Entro aprile, maggio 2023 – aggiunge poi – avremo concluso l’analisi e la ricostruzione del debito e saremo nelle condizioni di consegnare ai futuri manager una sanità in ordinaria amministrazione».

(lametino 23/12/21) Una manovra da 6,3 miliardi nella parte della spesa, con il 62% delle risorse assorbite dalla sanità e con 767 milioni di risorse disponibili per scelte discrezionali della Giunta e del Consiglio: sono questi alcuni dei numeri più significativi del bilancio della Regione Calabria, bilancio, come avviene ormai da anni, fortemente condizionato da vincoli di carattere interno ed esterno alla Regione e da alcune criticità segnalate, per gli esercizi precedenti, segnalate dalla Corte dei Conti.

(Lametino 26/11/22) In Calabria, a settembre 2022 i nuclei percettori del reddito di cittadinanza sono 99mila (103mila nel 2021) e le persone coinvolte sono 224mila (240mila nel 2021). I nuclei percettori sono presenti in tutti i 404 comuni calabresi

I nuclei percettori sono presenti in tutti i 404 comuni calabresi. In media, il 14,95% delle famiglie calabresi percepisce il reddito di cittadinanza. Nel 50% dei comuni calabresi, la percentuale dei nuclei percettori è maggiore del 14,5%. Il valore minimo è pari al 2% delle famiglie totali di un comune in provincia di Reggio Calabria in cui ci sono solo 3 famiglie che ne beneficiano, mentre il valore massimo si ha in un comune della provincia di Reggio Calabria ed è pari 50.1%: in questo comune il reddito di cittadinanza è ottenuto da una famiglia su due. I dati regionali indicano, inoltre, che in 59 comuni calabresi una famiglia su cinque è percettore del RdC. Il 20% è una soglia che si riscontra anche nelle principali città calabresi: a Reggio Calabria i nuclei percettori sono 13156, equivalenti al 18% delle famiglie residenti in quel comune, a Catanzaro sono 6565 (il 18.3% delle famiglie catanzaresi), a Cosenza i nuclei percettori sono 6363 (il 21% delle famiglie cosentine). A Corigliano Rossano il 18% delle famiglie riceve il RdC (5680), a Lamezia Terme i percettori sono 5200 nuclei familiari, corrispondenti al 19% delle famiglie lametine.

Secondo quanto rileva la Corte dei Conti «quasi il 50% delle procedure di riequilibrio attivate in Calabria sono fallite. In sintesi, tra le 54 procedure di dissesto attive e i 28 Piani di riequilibrio in gestione e in istruttoria, la Calabria, al 31 dicembre 2021, ha 84 Comuni in una situazione di criticità finanziaria conclamata. Nel complesso le procedure attivate tra dissesti e riequilibri sono state, nella Regione, al 31 dicembre 2021, 292 (203 di dissesto e 89 di riequilibrio) e hanno riguardato 200 Comuni (178 in dissesto, 22 in riequilibrio) su 404 Comuni della Regione». Infine – osserva la Corte dei Conti – «la ripartizione a livello provinciale vede una forte concentrazione della criticità finanziaria nella Provincia di Cosenza, dove si concentra quasi la metà delle procedure, al netto delle riproposizioni. Il numero dei dissesti e dei riequilibri si equivalgono nella Provincia di Cosenza, mentre nelle altre prevale il dissesto. Nessuna procedura di riequilibrio finanziario pluriennale si è conclusa, al 31 dicembre 2021, positivamente». (redazione@corrierecal.it)