Come modificherei il RdC e perchè non me lo farebbero fare

Il reddito di cittadinanza costa a questo sfortunato paese in mano ai bipopulisti 80 miliardi in 10 anni. Il problema non è quello di togliere un sussidio ai poveri, magari selezionando chi è davvero povero (1,5 milioni di italiani) da quelli che fingono di esserlo per non pagare tributi, tasse e ricevere agevolazioni. Il problema è che il RdC si regge sulla seguente finzione: chi lo riceve si dice pronto a lavorare se ricevesse una proposta di lavoro. Per cui si discute quante proposte si possono rifiutare, a quanti km di distanza dalla residenza e via discorrendo.

A Lamezia su 3239 domande presentate, sono state accolte il 74%, 2405 (dati You Trend). Personalmente il RdC lo darei solo a chi accetta di fare alcuni lavori stabiliti dal sindaco della sua città. Per esempio a Lamezia farei togliere le erbacce da tutti i marciapiedi, a cominciare dall’ingresso dell’autostrada, via Martiri delle Foibe, sino a Capizzaglie e ai centri abitati. Però siamo in Italia e la cosa non sarebbe possibile per la legge del certificato: ogni medico di famiglia certificherebbe che il signor Tizio, percettore del RdC, non può lavorare all’aperto e ha l’allergia alle erbacce. Ricordate infatti che lo stare decisis (in latino: “rimanere su quanto deciso”) è un principio generale dei sistemi di common law, in forza del quale il giudice è obbligato a conformarsi alla decisione adottata in una precedente sentenza, nel caso in cui la fattispecie portata al suo esame sia identica a quella già trattata nel caso in essa. In Italia invece non esiste lo stare decisis, ma lo stare doctoribus, oltre al fatto che già ogni giudice applica la legge secondo la sua interpretazione (ma questo lo vedremo fra poco). Lo stare doctoribus significa che ogni medico con un pezzo di carta chiamato certificato attesta qualcosa che è opponibile a tutti come se fosse la Verità (da cui falsi invalidi, falsi ciechi, L. 104, ferie, malattie, aspettative, congedi). I medici italiani, anche se dicono di rispettare il giuramento di Ippocrate, hanno formalizzato l’ambito del rapporto tra medico e paziente attraverso articoli nei quali si afferma il dovere del medico di rispettare i diritti fondamentali della persona, qualunque sia la sua condizione. Questo significa che se il paziente dice al medico che ha l’allergia, un mal di testa, insomma qualsiasi cosa dica l’assistito al suo medico, questi lo avvalora e lo rende opponibile a tutti. Così fan tutti, per cui oltre ai tre poteri in Italia abbiamo il 4^ potere, i media, e il 5^, i medici. Non è il medico che attesta la malattia del suo paziente ma il paziente che dichiara qualcosa e il medico ci deve credere (sennò quello cambia medico). Ogni medico si giustifica così: se tu dichiari che hai un dolore al petto, come faccio io ad attestare (scoprire) che non è vero? La cosa sarebbe facilmente superabile se oltre al giuramento di Ippocrate al medico facessero fare il giuramento di onestà: giuro che se un mio paziente al quale ho rilasciato certificato di malattia (o invalidità) si scopre che non è malato, io non eserciterò più la professione medica.

Infatti nessun medico italiano, anche se di continuo si scoprono falsi ciechi, sordi o mutilati o invalidi, ha mai subìto non il licenziamento ma una qualche censura. La rivoluzione (ma non ditelo a Landini) in Italia ci sarebbe se le assenze dal lavoro fino a 3 giorni non le dovesse certificare un medico ma venissero lasciate alla responsabilità del dichiarante, sanzionando il lavoratore che abbia dichiarato il falso con la perdita del posto di lavoro. Con tale norma semplicissima la produttività italiana salirebbe ai livelli europei.

Non appaia estremista il mio ragionamento, in Italia sul piano giuridico si può fare tutto purchè siano d’accordo i magistrati. Ho detto prima che in Italia c’è un sistema per cui ogni giudice (pur essendoci tre gradi di giudizio) applica la legge secondo la sua interpretazione. Un esempio (fatto da Ermes Antonucci) chiarirà l’impegnativa affermazione. Circa la “presunzione d’innocenza” (che è solo un principio di civiltà) la legge (d. lgs. 188/2021), in linea con la direttiva europea che vuole rafforzare la presunzione, stabilisce che l’informazione sui procedimenti penali possa essere divulgata “solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre specifiche ragioni di interesse pubblico”. Quindi una legge vieta ai magistrati di fare quelle grandi conferenze stampa dove propagandano le varie operazioni (con nomi strani) gettando in pasto all’opinione pubblica presunti colpevoli ancora non condannati.

“Tutto ciò non è andato giù ai pm e ai loro giornalisti al seguito specializzati nella gogna mediatico-giudiziaria, che hanno gridato al “bavaglio” contro l’informazione. Giovanni Salvi, pg della Cassazione, si è fatto in qualche modo portavoce di queste lamentele e così ad aprile con una circolare  rivolta a tutti i procuratori generali, ha interpretato la nuova normativa, ripetiamo introdotta in attuazione della direttiva europea sul rafforzamento della presunzione di innocenza. La circolare ha stabilito che la scelta del procuratore di comunicare le informazioni relative alle vicende giudiziarie “non può essere sindacata, se non nei casi di palese irragionevolezza”. Un radicale ridimensionamento della norma prevista dalla legge. Poi lo stesso Salvi ha reso ancora più chiaro il suo pensiero riguardo alla direttiva intervenendo pochi giorni fa a un convegno. In quella occasione ha affermato che il compito di stabilire cosa è di interesse pubblico non può essere affidato solo al magistrato (come previsto dalla nuova legge) ma anche ai giornalisti.

Le affermazioni di Salvi contrastano palesemente con il contenuto del decreto legislativo adottato dal governo in attuazione della direttiva europea, che afferma chiaramente che il procuratore debba (e non “possa”) valutare l’interesse pubblico di un fatto riguardante una vicenda giudiziaria prima di comunicarlo eventualmente agli organi di informazione. Fatta la legge, trovato l’inganno, si è soliti dire. Ma se a trovare l’inganno sono i magistrati, che la legge la dovrebbero attuare, la situazione diventa preoccupante”.