Il fuori sincrono storico della sinistra comunista italiana

(ott 2023) Perchè una parte della nostra sinistra italiana ora sceglie Hamas? La risposta è che da sempre sceglie cattive compagnie. In questi casi, quando la questione palestinese si attorciglia nei suoi nodi inestricabili come succede da tantissimi anni, io faccio sempre i soliti richiami che spiegano, a mio parere, il fuori sincrono storico della sinistra italiana.

Nel 1984, intervistato a Mixer da Giovanni Minoli, alla domanda su chi fosse la personalità internazionale cui andava la sua preferenza, Berlinguer rispose: Janos Kadar, mentre in quegli anni erano protagonisti sulla scena europea personaggi come Willy Brandt e Helmut Schmidt, François Mitterrand e Olof Palme. Nessuno magari lo ricorda più ma Kadar fu presidente della Repubblica Popolare d’Ungheria dal 1956 al 1988.

Durante la rivoluzione del 1956 pur non parteggiando mai in favore degli insorti, fece delle dichiarazioni che esprimevano simpatia nei loro confronti, ma poi decise di schierarsi apertamente dalla parte dell’Unione Sovietica, preferendo evitare dei sovvertimenti che potessero mettere a repentaglio l’assetto istituzionale ungherese.

Chiese l’intervento militare dell’Armata Rossa in aiuto del governo socialista e fu ostile nei confronti degli insorti e contrario a discutere qualsiasi loro richiesta. La repressione causò duemilacinquecento morti; Imre Nagy e il suo ministro della difesa furono giustiziati.

Oggi ciascuno di noi liberal può capire che tanto mi dà tanto: non capire 39 anni fa, nel 1984, non un secolo fa, che la strada alla sinistra europea la indicava lo svedese Olof Palme e non il politico ungherese Kadar, è stato un errore intellettuale tragico, causa di un’arretratezza ideale che ci ha condotto sin qui. La verità è che la parola “riformismo” nella sinistra italiana ha da sempre un significato dispregiativo. Qui son tutti rivoluzionari in servizio permanente effettivo. E l’aggettivo “realista” (che vuol dire stare con i piedi per terra) è impronunciabile in presenza di un italiano di sinistra. Tutti sognanti e utopici, così si descrivono. Si possono mantenere a posto i conti pubblici? Quella è roba che lasciamo fare ai mangiapatate dei tedeschi. Noi amiamo la buona cucina, senza poi voler pagare il conto

Il tempo fa capire tante cose. Un altro esempio da non dimenticare è l’avvento della Tv a colori in Italia che avvenne il 1° febbraio 1977, dopo quindici anni di acceso dibattito nazionale. I comunisti e La Malfa tentarono invano di scongiurare l’avvento della tv a colori che negli Stati Uniti c’era dal 1954 e in Francia, Germania e Regno Unito dal 1967. Questa è la prova provata, la dimostrazione scientifica, che gli italiani non hanno mai nulla da imparare dagli Altri, e che la cd sinistra contrasta sempre l’ “innovazione”. Per cui la ragione per la quale certa sinistra è sempre minoritaria nel paese dipende da un fatto molto semplice, è gretta. Ditemi infatti (scherzo!) che bisogno c’era di vedere anche noi italiani la tv a colori quando potevamo restare col bianco e nero che è più elegante e senza tempo? Ma che gli altri facciano quello che vogliono, noi siamo speciali in tutto (scherzo!). Se ci fate caso, gli stessi che non volevano la tv a colori considerata un inutile lusso, sono gli stessi che abbandonata quella che chiamavano austerità, ora vogliono tutto, cioè salute, istruzione, cultura, redditi e bonus  a debito, “senza badare al bilancio”. Capaci di far spendere ad un pazzo furioso (che ancora mentre scrivo rincorrono per farci insieme il campo largo della sinistra italiana) in bonus per l’edilizia 130 miliardi  mentre in pubblico si disperano per i soldi che mancano alla sanità e alla scuola. 130 miliardi concessi “gratuitamente” attraverso leggi scritte male che invocheremo negli anni a venire per i nostri veri grandi problemi.

Secondo il direttore generale delle Finanze del Mef, Giovanni Spalletta, in audizione al Senato, i bonus edilizi sono costati, al momento, 110 miliardi di euro. Una cifra abnorme, pari a circa 6 punti di pil. Secondo i dati forniti da Spalletta la spesa complessiva è composta da 61,2 miliardi per il Superbonus, 19 miliardi per il Bonus facciate e 29,9 miliardi per gli altri bonus edilizi. Come ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti riferendosi al Superbonus contiano e al Bonus facciate franceschiniano, “mai nella storia una misura che costasse così tanto è andata a beneficio di così pochi”. A dispetto di tanta retorica sulla diseguaglianza e sulla progressività, il governo rossogiallo ha approvato bonus tra i più costosi e regressivi: lo stato ha rifatto le case ai ricchi con i soldi dei poveri. Gratuitamente per i proprietari, 120 miliardi per i contribuenti.

La sinistra che preferiva l’ungherese Kadar ad Olof Palme e Giuseppe Conte a Mario Draghi è questa: sa piangere sul latte versato senza avere la minima consapevolezza della realtà, e si abbandona all’ideologia, che ti consegna un nemico col quale costruisci la tua identità. L’America, Israele, il capitalismo, il mercato, la concorrenza, ecco il male.  Infine, e l’avvento di Schlein lo rappresenta bene, c’è l’infantilismo con gli anatema della mentalità woke (vigilantismo): oggi, molto più di 30 o 40 anni fa, il mondo progressista ragiona secondo lo schema manicheo forti-deboli, con l’occidente, i paesi ricchi, e quindi innanzitutto Israele, nel ruolo di forti & cattivi. Siamo sempre lì, al “singhiozzo dell’uomo bianco” (come lo chiamava Pascal Bruckner) che vede automaticamente dalla parte del torto la civiltà occidentale, e nel ruolo di vittime tutte le altre, specie se sono ancora povere. Lo sanno i liberali che scendono in piazza contro Israele che i nemici di Israele che difendono Hamas sono gli stessi sostenitori dei regimi che decretano che l’omosessualità sia punibile con la morte e che trasformano in criminali le donne che appaiono in pubblico senza hijab?

Alla fine di questo discorso, resta un ultimo punto da trattare e riguarda il modo incredibile in cui gli ex comunisti italiani “comunicano” i loro errori nel tentativo assurdo di giustificarli.  A proposito di “errori” la situazione può essere spiegata con uno sforzo di immaginazione. Immaginate se nel 1994 in Usa Roberto Baggio, dopo aver sbagliato il rigore della finale mondiale, avesse detto (ma non lo ha detto) «A dire il vero, io volevo tirarla dentro». A quel punto, quando il danno è fatto, non importa più quello che volevamo fare. Ne abbiamo fatta un’altra, punto. Talvolta spiegarsi è comunque utile, mentre altre volte è persino controproducente. In ogni caso dobbiamo comportarci come Baggio e prenderci le nostre responsabilità. Cioè, non importa più quello che volevano fare Berlinguer e i comunisti italiani. Non lo hanno fatto e si tratta solo di ammetterlo.

Nella comunicazione, i fini giustificano davvero tutti i mezzi, machiavellicamente, mentre nulla – e men che meno le buone intenzioni – basterà a giustificare un risultato sbagliato. Si potrà attutire il danno, mai cancellarlo.