Il vizietto/Ma anche/Sì, però/ la politica del frasifattismo

Ecco cosa ha detto la Schlein il giorno della sua incoronazione sulla Ucraina:

«Dobbiamo continuare a sostenere in modo pieno il popolo ucraino, ma accanto a questo dobbiamo chiedere un protagonismo più forte dell’Europa per un sforzo politico e diplomatico».

È la sua posizione di sempre. Con quel “ma”, quella seconda proposizione che o è rituale (chi non vuole uno sforzo politico?) o allude a un’altra tesi: quella di chiudere la guerra in qualche modo qui e ora.

Come dirà più tardi il nuovo iscritto Arturo Scotto, dirigente di Articolo Uno, «non mi rassegno alla inevitabilità della guerra, non mi rassegno che l’unica soluzione sia quella militare». E in mezzo Gianni Cuperlo che si era dilungato sulla «complessità» della situazione che invece a Kijiv è chiarissima, ovvero combattere fino alla cacciata dei soldati di Putin.

Il frasifattismo, che è un colpo alla botte e uno al cerchio, non porta mai da nessuna parte. Allontana la identità perchè la rende fluida. E’ la fumosa pigrizia del cervello, incapace di discernere, e quindi di scegliere, è la pavidità di scontentare qualcuno, è la presunzione di tenere dentro tutti, l’ostinazione di continuare a spacciare non scelte come se fossero determinazioni chiare e nette.

E’ la quasità, il furbo tenersi a due pali. Si può capire la sua atroce vigliaccheria se il giochetto lo si riproduce per tutte le questioni: sono per la crescita ma anche per la redistribuzione; sono per i ricchi ma anche per i poveri. Sono per gli americani ma anche per i russi. Se non è zuppa è pan bagnato. Scegliere è sempre molto difficile, ma accontentare tutti non è furbizia politica, è lo sbaglio più atroce perchè rimanda rimanda, poi il momento della resa dei conti arriva sempre. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.

Nel mondo degli avvocati frequentemente si usa la perifrasi “giudizio salomonico” per indicare una soluzione della lite che comporta una divisione dell’oggetto della contesa in due parti uguali. Come dire “dividiamo a metà e non se ne parli più”. In realtà se, da un lato, questo modo di dire è dal punto di vista storico corrispondente ad un famoso episodio biblico (il giudizio di Salomone appunto), dall’altro, tale corrispondenza è solo apparente poiché, come si sa, in quella situazione nulla venne diviso a metà.
L’episodio a cui ci riferiamo è contenuto nel primo Libro dei Re nell’Antico Testamento e racconta di quando il re Salomone, chiamato a risolvere una complicata controversia tra due prostitute che si contendevano un neonato, si fece portare una spada e si destreggiò abilmente riuscendo a rendere una sentenza ricordata dai posteri come esempio di vera giustizia, quasi di “ispirazione divina”. Ecco, la Schlein e tutti i politici del “ma anche” dividono in due un bambino, come non fece Salomone e come invece chiedeva una delle contendenti.