Tifosi/ Severgnini e le regole senza giusto processo, anche l’avv. Prisco lo prenderebbe in giro

“Ecco, appunto: le regole. Se la Juventus è stata penalizzata di 15 punti, e in classifica ne ha 35, perché Allegri deve dire «Quello che succede fuori non ci deve interessare. Noi abbiamo 50 punti, lo dico e lo ripeto»? Capisco che la penalizzazione sia stata dolorosa, e certe uscite piacciano ai tifosi (non a tutti). Ma mi domando: la Juventus vuol farsi le proprie regole? Già oggi, allo Stadium, campeggia la scritta «38 scudetti», conteggiando anche i due revocati a causa di Calciopoli. Di nuovo: decisione giusta, sbagliata, eccessiva? Ognuno ha le proprie idee. Ma poi ci sono le sentenze, le decisioni. Le regole, appunto. Bisogna rispettarle, anche quando non si condividono.”

Così scrive Beppe Severgnini, sul Corriere del 12 marzo 2023, e tutte queste sue parole possono essere sintetizzate in un precetto: la giustizia sportiva si rispetta. Davvero? L’interista Severgnini da anni scrive con la sciarpa nerazzurra al collo e per uno che ha scritto su L’ Economist può essere un cappio al collo. Meno male che non tutti gli interisti sragionano come lui (un esempio? Il direttore del Foglio, Cerasa). Quello che i Severgnini che ci sono in Italia (magari ce ne fosse uno solo a Crema) non riescono a capire è che il tifo non può far apprezzare la giustizia sommaria e dimenticare lo Stato di diritto. La giustizia sportiva è autonoma ma è sempre sottoposta ad una regola fondamentale, deve rispettare il “giusto processo”. Anche a Crema e al Corsera sanno che giusto processo significa: parità e contraddittorio tra le parti; ragionevole durata; giudice terzo imparziale.

La giustizia sportiva sulla Juve, sia nella versione Sandulli del 2006 sia nella versione Torsello del 2023, non ha rispettato questa regola. Ogni Severgnini per convincersi ora si può ascoltare e vedere Torsello in rete durante un convegno dove spiega che nel processo sportivo autonomo le regole formali debbono sottostare alla rapidità del giudizio e alla sostanza, che consiste nella lealtà sportiva. («Le certezze assolute rallentano. Conta di più la tempestività»)

A Sandulli invece si deve, per condannare la Juve, mandarla in B e regalare uno scudetto di cartone all’Inter, l’invenzione di un reato nuovo. Spesso si è sentito definire la violazione commessa dalla Juventus e dai suoi due massimi dirigenti, Giraudo e Moggi, con il termine illecito strutturato. Formalmente però, nel 2006, l’illecito strutturato (o associativo) non era una fattispecie ravvisata dal Codice di giustizia sportiva e fu infatti introdotto nel nuovo codice, successivo agli avvenimenti di Calciopoli.

Severgnini, che chiede di rispettare le regole, se fosse rispettoso dello stato di diritto dovrebbe sapere che posso essere condannato per una condotta  qualificata come reato prima che io la metta in pratica. Sandulli condannò la Juve inventando di sana pianta un nuovo reato e ora per le plusvalenze la Juve inizialmente era stata assolta proprio perchè le plusvalenze non sono normate.

Sulla base quindi di una revocazione di questa sentenza, il rifiuto di consegnare alla difesa un documento della Covisoc e dopo un processo lampo istruito perchè la Procura di Torino aveva inviato alla giustizia sportiva 14 mila tra documenti e intercettazioni, il giudice Mario Luigi Torsello della Corte Federale d’Appello (quello che giustifica la fretta) ha condannato la Juve sulla base di una norma “finale”, la slealtà sportiva.

Severgnini è il più presuntuoso giornalista italiano, lo ha dimostrato con la sua direzione del supplemento Sette, finita per esaurimento del credito illimitato che gli era stato concesso dalla direzione. Per il suo egotismo smisurato si vanta, della moglie, del figlio, di Scarlet Johansson, della sua fede calcistica, dei viaggi che fa, mischiando narcisismo e moralismo in un impasto indigesto. Un esempio recente? Beppe Severgnini racconta l’incontro con l’attore Dustin Hoffman: “Volle che mia moglie Ortensia si sedesse sulle sue ginocchia, altrimenti l’intervista sarebbe finita”. Memorabile quando ci fece sapere che in occasione della pandemia gli affittuari dei negozi nel palazzo di famiglia a Crema erano stati esentati dal pagare il canone. Per uno di così ampie vedute che è stato corrispondente in Italia per The Economist dal 1996 al 2003 non riuscire a comprendere che la giustizia sportiva non può contrastare con i princìpi del giusto processo è grave. L’avv. Prisco, se fosse vivo, da professionista del diritto lo prenderebbe in giro come solo lui sapeva fare.

Severgnini dal 2013 al 2021 è stato corrispondente anche per The New York Times. Sa bene come l’assalto compiuto da migliaia di rivoltosi contro il Congresso statunitense il 6 gennaio 2021 è stato uno dei più rilevanti eventi recenti della storia politica americana. Il legame tra complottismo e informazione disintermediata è ormai confermato da più ricerche: laddove viene a mancare il filtro giornalistico è più facile per il cittadino “fragile” imbattersi in storie artefatte, non controllate, atte a rafforzare convinzioni paranoiche individuali. Inclinazioni forse preesistenti ma che, quando inserite in una rete di altri individui con convinzioni simili, creano circuiti cospirativi difficilmente controvertibili.