Sanremo, la sinistra «Franceschlein» e Conte Melenchon

LE QUESTIONI CHE ALLONTANANO SCHLEIN E CONTE Ci sono 2 questioni che mettono in crisi l’alleanza Schlein-Conte.

(1) Il discorso dei diritti, di cui la neo-segretaria è maestra, non riesce altrettanto bene al M5S, decisamente più tradizionalista in materia e più arcignamente interessato alle occasioni di spesa pubblica.
(2) Conte e i 5Stelle non sono per nulla interessati al tema “accoglienza-immigrazione”. Conte  era  il presidente del Consiglio responsabile di quei decreti sicurezza che avevano esattamente la finalità ora contestata a Salvini, ostacolare l’opera delle ong, ed erano da questo punto di vista anche assai più duri (senza contare che secondo l’ex portavoce della guardia costiera, l’ammiraglio Vittorio Alessandro, intervistato da Repubblica, il primo governo Conte ha anche la responsabilità di avere «imbrigliato» l’azione della guardia costiera, assegnando un ruolo strategico al Viminale, in una logica più di polizia che di soccorso). Francesco Cundari ha scritto: ” Non tedierò il lettore con il ripasso di tutte le dichiarazioni e gli atti legislativi con cui il Movimento 5 stelle ha proceduto in questi anni alla criminalizzazione delle ong, oltre a votare contro l’abolizione del reato di immigrazione clandestina. Per chi fosse interessato all’argomento, ne troverà un’esauriente ed equanime raccolta, insieme con le perle di tanti altri leader, compresi fior di democratici, in un bel libro di Paola Di Lazzaro e Giordana Pallone: «Com’è successo» (Fandango). Per i più pigri, mi limito a ricordare che è al Movimento 5 stelle che dobbiamo la definizione di «taxi del mare», nonché alcuni degli emendamenti più odiosi ai decreti sicurezza (per inasprirli, ovviamente) come quello sulla confisca delle navi delle ong”.

Conte appare dunque un Melenchon, e la Schlein più una Ocasio-Cortez.

L’IDEOLOGIA SANREMESE DELLA SCHLEIN (Antonio Polito) Ma nonostante l’attualità, che ha messo subito la Schlein alla prova su temi così drammatici (Cutro- accoglienza; Firenze-antifascismo), non sembri irriverente analizzare oggi un altro aspetto, più culturale ma in realtà profondo, della sinistra che lei vuole interpretare. Perché, anche se resta da decidere se è nato prima l’uovo o la gallina, che ci sia una corrispondenza quasi perfetta tra l’ideologia sanremese e l’agenda politica della neo-segretaria del Pd, ci sono pochi dubbi. A partire dall’ormai celebre presentazione autobiografica con cui esordì, facendo il verso a Giorgia Meloni: «Sono una donna, amo un’altra donna, non sono una madre, ma non per questo sono meno donna».

È infatti facile constatare che il punto 1) è stato sviscerato sul palcoscenico dell’Ariston nel monologo di Chiara Ferragni: «Essere donne non è un limite, gridatelo a tutte». E bisogna dire che Elly Schlein l’ha proprio gridato, diventando la prima segretaria donna del Pd e fondando un possibile bipolarismo al femminile con la premier Meloni. Il punto 2) ha trovato spazio nella performance di Rosa Chemical, paladin* della fluidità di genere e capace di sdoganare presso il grande pubblico un bacio omosessuale. Il punto 3) è stato invece oggetto di uno specifico monologo affidato all’attrice Chiara Francini, inteso a respingere quel sottile luogo comune contro le «non madri», perché le donne — come ha detto la Schlein — «non sono uteri viventi».

Nella filosofia sanremese, inoltre, erano contenuti anche altri punti del programma ideal-culturale che si è affermato alle primarie del Pd. Per esempio: l’attenzione agli ultimi, agli emarginati, agli esclusi, che nel tempo, con lo spostamento a destra degli operai, ha sostituito a sinistra la vecchia lotta di classe. Emblematico ne è stato il monologo di Francesca Fagnani, dedicato alle voci dei giovani detenuti del carcere minorile di Nisida, del resto già al culmine del riscatto televisivo grazie alla serie tv «Mare fuori».

Infine non si può non notare un’analogia tra il modo accorto con cui è stato dosata la solidarietà a Zelensky a Sanremo, sostegno sì, ma alle due di notte, e non in video, per non irritare i «pacifisti» (dicono che la Rai temesse proprio quello, che un cantante a gara in corso polemizzasse in diretta con il leader ucraino); e la prudenza un po’ ambigua con cui il nuovo Pd conferma il suo appoggio all’Ucraina ma dice anche che preferirebbe un’iniziativa diplomatica dell’Unione Europea (delle due l’una: o l’Europa continua a dare armi all’Ucraina e Mosca non l’accetta come mediatore imparziale, o conquista la fiducia di Mosca smettendo di dare armi agli ucraini e costringendoli alla resa).

In questo accostamento, tra l’Ariston e il Nazareno, non c’è nessuna intenzione blasfema. Anzi. È la dimostrazione di quanto il Pd voglia imparare a nuotare nella corrente culturale del momento che, come spesso accade, lo showbiz ha per primo colto e interpretato. D’altra parte leggiamo nelle sue biografie che Elly Schlein è appassionata di cinema, al punto da aver collaborato a un documentario che ha vinto un David di Donatello, suonatrice di chitarra e addirittura «cultrice» del festival di Sanremo. Non è dunque digiuna di cultura popolare, ed è anche abbastanza americana per sapere che la filosofia dell’Ariston non è poi molto diversa da quella dei Grammy Awards o della cerimonia degli Oscar, dove non c’è star che al momento di ricevere un premio non faccia il suo discorso a favore dei transgender, o delle minoranze etniche, o di Greta Thunberg (l’unica differenza è che nella nuova sinistra italiana non sembra aver ancora attecchito per il momento la «woke culture», ma mai dire mai).