Souvenir d’Italie/ Luttazzi e i giustizialisti

Musicista, direttore d’orchestra, pianista, presentatore, attore, scrittore, un docu-film di Giorgio Verdelli (su Rai Play) ricostruisce la storia di Lelio Luttazzi (1923-2010). Anche lui mi ha fatto capire il paese in cui viviamo e trasformato in un liberal. Si cita spesso il caso Tortora per significare l’errore giudiziario, ma, per paradosso, il caso Luttazzi dimostra ancora di più oggi, a chi ha la mente senza muri divisori, chi sono i giustizialisti in questo immutabile paese che gioca alla guerra continua tra destra e sinistra come se il muro a Berlino ci fosse ancora. Se 53 anni sono ancora pochi per sapere quello che va cambiato in Italia, non c’entra la pazienza ma il potere che ci sovrasta. Il potere attribuisce alla «mente di Zeus» (si chiama fato?) l’errore giudiziario, che invece è un mezzo della lotta politica. La coperta è corta, o la sposti dalla parte dei giudici oppure dalla parte degli accusati. Cosa vuole la nostra Costituzione se è la più bella del mondo?

I giustizialisti -per l’appunto- sono di destra o di sinistra, come i bipopulisti, e stanno dalla parte dei giudici e non degli imputati. Il partito dei giudici ha in pratica rotto la separazione dei poteri ed è il primo responsabile dello status quo italiano. Sono quelli, per intenderci, della Costituzione intoccabile finanche nella seconda parte;  quelli che se gli dici di volere la separazione delle carriere ti attaccano al muro; sono quelli delle intercettazioni a strascico; ce l’hanno sempre con l’uomo solo al comando o col presidenzialismo però un qualsiasi pm da solo può fare quello che vuole perchè è soggetto alla legge e la interpreta e applica come vuole lui (allora è meglio il case law americano piuttosto che il sistema dei codici). Chi  intende rispettare la nostra Costituzione non può limitare le garanzie di qualsiasi cittadino sino a trattare un galantuomo come Luttazzi come un capo mafioso. La vita di Luttazzi, l’uomo elegante che come jazzista e presentatore ha donato alla tv di questo paese il suo periodo migliore, è stata spezzata da un meccanismo che ancora oggi, 2023, è pienamente operante senza che nessuno osi (possa) mettervi mano. Ognuno di noi può essere stritolato come Luttazzi, dovrebbe essere una buona ragione per fare la rivoluzione. Questo succede perchè il partito dei giudici ha i pieni poteri e potrei farvi numerosi nomi di persone, fascisti, comunisti o libertari, che vi aderiscono convinti. Non ci sono complotti, il nostro sistema giudiziario ha soltanto dimenticato di neutralizzare i cretini mettendoli in condizione di non nuocere. Un cretino, che è una categoria presente anche tra i giudici, può far danni irrimediabili, tutto qui. Uno su mille ce la fa, cantava Morandi. Un cretino su mille può far danni e allora il sistema dovrebbe prevedere quel che è possibile: perchè un pm ti può mettere in galera sulla base di una intercettazione senza mai ascoltarti prima per  darti la possibilità di difenderti? I controlli successivi, gli altri gradi di giudizio, se il cretino ti ha marchiato a sangue all’inizio, non sono la macchina del tempo che riporta indietro le lancette e ristabilisce l’ordine violato. Che un cretino sia irresponsabile piace alla destra e alla sinistra, ma noi non perdiamo la speranza che un giorno tutto questo abbia fine. Ecco perchè non siamo nè di destra nè di sinistra. Le intercettazioni divulgate dai pm ai giornali sono già la pena che l’accusa ti infligge senza processo. Dice: ma non vuoi le intercettazioni. No, non voglio che siano diffuse e pubblicate. In Inghilterra il Manchester City è indagato da 10 anni e nessuno si è sognato mai di pubblicare una sola intercettazione.

Nel giugno del 1970, proprio mentre era all’apice del successo, la vita di Luttazzi fu travolta: venne infatti arrestato con Walter Chiari con l’accusa di detenzione e spaccio di stupefacenti. L’arresto, senza che prima neppure venisse sentito, era avvenuto in seguito alla intercettazione della guardia di finanza di una telefonata tra i due. O meglio, tra la governante di Luttazzi e Chiari. Questi fornisce un numero di telefono (Luttazzi stava dormendo) chiedendo il favore di chiamare uno per dirgli che “Walter sta arrivando“. Luttazzi più tardi chiama, si presenta e dice che Walter sta arrivando. L’interlocutore, sentendo il cognome Luttazzi, gli fa: Ah, lei è Luttazzi, se ha bisogno di me, ha il mio numero. Luttazzi, cadendo dalle nuvole, fa: Ma io non ho bisogno di lei, mi ha detto Chiari di chiamarla. Per queste parole che i giudici considerano non per quello che sono, la prova di una completa estraneità, ma addirittura eloquenti di una conoscenza diretta tra i due interlocutori, Luttazzi viene arrestato, con Chiari e Califano, e liberato dopo ventisette giorni passati in carcere, completamente scagionato per quello che è stato uno dei più clamorosi errori giudiziari della Repubblica.

Le intercettazioni telefoniche, ieri come oggi, sono uno strumento che in teoria non sono prove, ma dovrebbero aiutare a costruirle. Solo che cosa succede? Succede che il partito giustizialista, formato da pm, politici e giornali, le usano come passpartout per arrestare chiunque e condannare senza processo. Il meccanismo, operante in tutti i settori -in questi mesi riguarda Elkann e la Juve- avvalendosi del circo mediatico-giudiziario, usa le intercettazioni per arrestare (se un gip non l’avesse stoppato, un pm aveva chiesto l’arresto di Andrea Agnelli), per divulgare sulla stampa intercettazioni che dovrebbero rimanere segrete, e poi, alla fine, il dado è tratto. La frittata è pronta e il dentifricio nel tubetto non rientra più. Una sentenza di assoluzione è inutile (come qualsiasi smentita) perchè la condanna è già stata scontata prima del processo e ha causato un marchio indelebile all’uomo stritolato dalla tenaglia pm-media. L’onore perduto non si recupera mai più.

Il caso Luttazzi come migliaia di altri casi dimostra che quando uno è stato arrestato e sbattuto sui giornali per l’opinione pubblica sarà per sempre un poco di buono. La finalità essenziale che i giustizialisti perseguono dolosamente  (costituisce il loro potere immenso) è questa: la manipolazione dell’opinione pubblica, per ottenere la perdita di credibilità del nemico. In Italia una falsa accusa, fabbricata da uno solo (o da una associazione), magari un semplice cretino, provoca una condanna immediata agli occhi dell’opinione pubblica senza alcuna garanzia processuale e senza alcuna possibilità di rimedio. I tre gradi di giudizio sono di fatto strumenti di un illusionista.  Quella che ha vissuto Luttazzi dal 1970 sino alla sua morte nel 2010 (Tortora ne morì subito) non è stata più una vita normale ma una vita macchiata. Agli occhi della gente non è stato più Luttazzi, quello che questo bellissimo reportage dimostra, ma forse un poco di buono, sicuramente un drogato. Invece Luttazzi, al contrario di Chiari e Califano, non ha fatto mai uso personale di stupefacenti. Walter Chiari  venne condannato nella primavera del 1972, in primo grado, a due anni e un mese di reclusione e dovette scontare ben cento giorni di galera. La piena riabilitazione di Walter Chiari avvenne solo nel 1977, grazie alla sentenza definitiva della Corte di Appello che cancellò la condanna del 1972. Il fatto commesso da Chiari – secondo le nuove leggi – non costituiva reato, perché giustamente consumatori e spacciatori non vengono più accomunati sotto un’identica responsabilità. La stessa sentenza di assoluzione riguardò anche Franco Califano, che pure lui però scontò qualche mese di carcere. Lelio Luttazzi passò giorni di carcere in una cella di isolamento per poi venire scarcerato con le scuse degli inquirenti. Luttazzi perse comunque la conduzione della popolare trasmissione radio Hit Parade e subì un danno di immagine enorme che nessuno gli ha potuto risarcire.

Uno come lui che ha attraversato la storia del nostro spettacolo passando con leggerezza da un secolo all’altro, osservando i cambiamenti del mondo e restando fedele a una visione della vita fatta d’intelligenza, impegno, professionalità, eleganza e gentilezza, resta, per chi ha occhi per vedere, il simbolo delle colpe dei giustizialisti. Un liberal come me, alla ricerca continua di chi vuol cambiare per davvero l’Italia, cominciando (punto 1 e 2) a debellare l’evasione fiscale e il partito dei giudici, trova nella canzone più internazionale di Luttazzi, Souvenir d’Italie (1957), un segno incredibile del destino.