Gli stipendi uguali per tutti i docenti un tabù solo italiano

La notizia di stamane è che il pd, ovvero il partito che è stato al governo 7 volte in 15 anni senza aver vinto una elezione, ha un Piano per aumentare gli stipendi di tutti i professori sino ai 2mila euro netti mensili. Il fantastico Boccia ha detto che costa 8 miliardi sino al 2027 e tutti si chiedono cosa abbia impedito di vararlo quando erano loro al governo. Naturalmente anche i 5Stelle, pur avendo avuto Fioravanti e Azzolina ministri della PI, oggi sanno come aumentare gli stipendi a tutti e, trattandosi di populisti, scommetto che a parole li aumenterebbero più del pd, almeno a 3000 euro.

L’Italia rimane sotto la media europea se si guarda alla spesa pubblica per l’istruzione in percentuale sul PIL: nel 2020 è stata il 3,9% del PIL, in diminuzione rispetto al 2010, quando era stata il 4,3%. La media dell’Unione europea è il 4,7% del PIL nel 2020 (il 5,0% nel 2010). Qualsiasi proposta politica che intenda aumentare il nostro 3,9 per avvicinarlo al 4,7 europeo dovrebbe dirci da quale altro settore prenderebbe i soldi, ecco perchè ad oggi è impossibile. L’unico modo realistico e serio di utilizzare bene il 3,9 è quello di distribuirlo meglio tra gli insegnanti. La torta rimane uguale ma si fanno fette diverse.

Ma la Lega insiste: gli stipendi dei docenti della Lombardia si possono ritoccare all’insù tramite accordi decentrati, a livello locale. Cioè, il contratto nazionale non si tocca, ma poi ogni Regione potrebbe intervenire non so come a dare soldi ai docenti.

Nel 2021 gli stipendi medi in Europa (di tutti i dipendenti) hanno raggiunto i 33.511 euro, lordi naturalmente. Sono 3.560 euro in più di quelli che guadagna un dipendente italiano (Eurostat). Anche per questo tralascio di occuparmi di stipendi allineati alla media europea perchè da sempre la furbizia dei nostri sindacati è quella di sbandierare cifre assolute, senza considerare appunto il contesto di riferimento.
In Italia, gli stipendi dei docenti della scuola pubblica sono simili a quelli dei maggiori paesi OCSE al momento dell’assunzione (rispetto al reddito pro capite nazionale), ma hanno un minor incremento durante la carriera dei docenti. In media, un docente in Italia percepisce uno stipendio iniziale di circa 28.900 euro (73 per cento del reddito pro capite), che con gli anni di servizio cresce sino a un massimo di 43.350 euro (110 per cento). A livello OCSE, invece, lo stipendio medio parte da 30.600 euro (74 per cento) e arriva fino a 51.200 euro (124 per cento).

Però queste cifre vanno spiegate, per essere seri. Se, per esempio, consideriamo che un docente tedesco arriva ad ottenere 4mila euro al mese è del tutto arbitrario fare il paragone con gli stipendi italiani. Quei 4mila euro debbono essere non solo parametrati al costo della vita in una città tedesca (paragonabile solo a quello di città come Milano, dove un bilocale si affitta con 965 euro al mese) ma anche alla normativa tedesca, che nessun docente o sindacato italiano accetterebbe mai (un certo numero di ore il docente tedesco le deve fare con mansioni di sorveglianza, non essendoci i bidelli colà).

Insomma, occorre sempre vedere, Stato per Stato, quanti soldi danno al docente e in cambio di cosa. Inoltre occorre sapere se è presente o meno una carriera docente, con possibilità di incrementare lo stipendio sottoponendosi volontariamente alla valutazione necessaria per ottenere lo scatto oppure se e con quali modalità è presente una valutazione periodica della prestazione lavorativa, da noi osteggiata da tutti.

In Italia, ci informa Orizzonte scuola, il 66% dei docenti è contraria alla valutazione, ma ciò significa davvero sfondare una porta aperta. In nessun paese c’è qualche insegnante che sia favorevole ad essere valutato, solo che fuori dall’Italia sono decenni che il salario non è uguale per tutti, e che la valutazione è stata imposta per legge agli insegnanti.

Pagare tutti allo stesso modo, infatti, è controproducente e direi diseducativo, il colmo per una scuola. Pagare il docente bravissimo quanto il docente negligente è soltanto una cosa assurda che solo i sindacati italiani possono ancora difendere ed esaltare come una conquista culturale sul piano dei principi. La valutazione che io ho sempre chiamata “dei muri delle scuole” (nel senso che anche i muri di ogni scuola se potessero parlare ci direbbero chi sono i docenti migliori) in Italia si è deciso che sia impossibile, sotto qualsiasi forma e modalità. La conseguenza è un abbassamento del livello qualitativo della prestazione media, perchè pagare allo stesso modo chi s’impegna e chi non lo fa significa creare due ingiustizie, non una sola. I genitori, che si informano, sanno benissimo chi sono i prof migliori, infatti molti di loro li esigono per iscrivere i propri figli in una data scuola. Il datore di lavoro invece deve fingere di non sapere nulla.

La logica, il buon senso, sono state espunte dalle aule scolastiche ormai da così lungo tempo che si vive nel metaverso, in una realtà parallela. Come se tutti i docenti facessero gli stessi identici gesti manuali lungo una catena di montaggio dove la prestazione lavorativa è meccanicizzata e resa priva di apporto intellettuale. L’uguale stipendio è connaturato alla logica degli operai che lavorano insieme alla catena di montaggio in un lavoro parcellizato e fatto di piccoli gesti che si ripetono uguali, è illogico e innaturale quando si tratta di svolgere prestazioni differenti sul piano qualitativo.

Stabilire chi deve valutare il lavoro degli insegnanti, come e quando, è compito della politica, ed è chiaro che valutazione dei docenti e risultati degli allievi non debbono essere correlati per evitare il “sei politico a tutti”. Mentre nella scuola italiana di oggi gli stipendi vengono aumentati soltanto con impegni orari aggiuntivi ( nei progetti o nelle ore di supplenza), si dovrebbe strutturare una carriera docente con scatti non più preordinati e uguali per tutti legati alla sola anzianità (come avviene anche per i magistrati) ma con possibilità di sottoporsi su base volontaria a prove di valutazione finalizzate ad ottenere lo scatto. Insomma, la carriera docente in cui tutti partono dallo stesso stipendio e arrivano per anzianità allo stesso stipendio massimo, va sconvolta con percorsi volontari più veloci che chiamano in causa non solo impegno e assiduità, ma empatia, qualità relazionali e affettive, capacità di lavorare in gruppo, attitudine alla innovazione. A monte una legge parlamentare (non un contratto) dovrebbe stabilire cosa deve essere e saper fare un docente.

Di fronte a tale scenario, che poi è quello più consolidato in tutto il mondo, le proposte italiane sono varie ed eventuali, dal ministro Valditara che s’inventa i docenti tutor e gli dà più soldi a condizione che prima si formino, a Salvini che vuol fare intervenire non si sa come le varie Regioni, ai populisti che sparano cifre a casaccio per la loro propaganda puntualmente contraddetta dalle azioni svolte quando si trovano a governare. Il punto cruciale, la scelta preliminare da fare a monte riguarda il superamento dello stipendio uguale per tutti. E’ solo questo tabù che ci differenzia da tutti gli altri paesi, come se noi italiani, ma soltanto nel settore scolastico, avessimo da decenni realizzato una società comunista dove tutti indossano la stessa giacca maoista letteralmente nota come giacca di Zhongshang.