ChatGPT ci ruberà il lavoro? Ecco perché l’intelligenza artificiale non deve fare paura

C’è una piccola parte di umanità che ultimamente parla più con ChatGPT che con i propri familiari. Ma di cosa si tratta? ChatGPT è uno degli ultimi algoritmi generativi: non semplicemente un chatbot né un motore di ricerca, ma un’evoluzione delle tante applicazioni dell’Intelligenza Artificiale (IA).

Come tutte le innovazioni, all’inizio è molto lontana dalle promesse stravolgenti degli annunci. Nell’estate del 2020 provai una prima versione di GPT-3, il sistema alla base, e fu piuttosto deludente. Da quando però la versione 3.5 (che crea contenuti di ottimo livello e spesso indistinguibili da quelli umani) è stata resa accessibile gratuitamente a tutti, il 30 novembre 2022, il suo utilizzo è letteralmente esploso.

ChatGPT è uno strumento di generazione del linguaggio naturale attraverso un sofisticato modello statistico. Sceglie i contenuti più statisticamente “verosimili” grazie ad algoritmi che determinano la probabilità che una sequenza di parole si verifichi in una frase. Non lavora a caso, ma costruisce testi con altissima efficacia attraverso la collocazione sintatticamente corretta dei termini. Non sa, dunque, se quello che scrive è vero, ma ha dalla sua immensi database di informazioni come Wikipedia e tanti dati liberamente accessibili da internet (a cui non è connesso).

Fornisce spunti, genera mail rispondendo, al nostro posto, sulla base dello storico delle nostre risposte, costruisce testi di articoli, poesie, contratti, sa fare sintesi, titoli. Altri algoritmi generativi creano slide, trasformano testi in immagini e video, sanno scrivere codici (software).

Da notare che il sistema è efficace anche perché per il suo addestramento sono stati usati lavoratori (veri e propri operAi del deep learning, che secondo il Time lavorano spesso da remoto nel Sud del mondo e sottopagati) anche per filtrare i contenuti odiosi.

I tecnofobi ci hanno messo in guardia sulla sostituzione degli operai con i robot e, invece, oggi si scopre che un certo grado di manualità sapiente, ibridato con macchine evolute, rende l’occupazione umana meno sostituibile rispetto a molti lavori intellettuali. È nei mestieri della conoscenza che stanno crescendo le preoccupazioni (saggisti, giornalisti, avvocati, copywriter), ma non tutto sarà sostituibile, spesso sarà potenziato.

L’IA ruba lavori? Tutte le innovazioni cancellano mansioni e competenze, ma ne creano di nuove (spesso in numero superiore). L’IA evidenzierà in quale lavoro, pur credendo fosse nostra prerogativa, siamo in realtà inutili, e svilupperà quello in cui, al contrario, siamo realmente indispensabili.

In fondo il lavoro è un’esperienza della condizione umana che deve avere un senso. La consapevolezza di fare qualcosa di “inutile” non realizza e non fa fiorire nessuno. Chi di noi vuole fare un lavoro che possono svolgere meglio le macchine?

La media degli esseri umani dove si pone? Secondo l’indagine Ocse del 2017 Computers and the Future of Skill Demand, solo l’11% degli adulti era al di sopra del livello di alfabetizzazione che l’IA è vicina a riprodurre. Un tema che chiama in causa una carenza del nostro Paese: la formazione e la riqualificazione professionale (reskilling) degli adulti.

Bisogna fare il punto, presto, utilizzando lo Standard Internazionale Isco 2008, incrociandolo con la classificazione Cp2021, per comparare i risultati della potenziale esposizione all’IA delle 800 professioni rilevate in Italia da Istat, individuare quelle in dissolvenza e quelle di prospettiva, e intuire quelle completamente nuove. Dobbiamo puntare sulle competenze avendo chiare le tendenze in atto. Reinventare la didattica e i metodi di apprendimento.

Bisogna diffondere informazione, formazione e consapevolezza. Padroneggiare da subito tali processi ci darà forza ed eviterà che innovazioni come questa combinino guai. Soprattutto dobbiamo tener presente che il nostro valore non sarà mai riducibile al nostro livello di aggiornamento, competenza o completezza.

La persona sarà sempre altro, molto più di tutto ciò che è calcolabile – campo nel quale le macchine sono imbattibili. Per fugare le paure sul nostro progressivo senso di inutilità, dobbiamo recuperare e tenerci stretta la nostra capacità di dare senso alle azioni.

Dal canto suo, l’IA non è senziente né intelligente, ma è sempre più veloce e potente: riconosce i suoi errori, simula scuse, ma continua ad apprendere. E, forse, ed è una magra consolazione, ci aiuterà a evidenziare con più facilità i “blablatori” in politica, nell’informazione, nelle imprese, nel sindacato e anche nel mondo dell’innovazione. E non è poco se vogliamo mettere in scacco la “mediocrazia”.