I nemici di Draghi e il partito cinese di Amato (amico del Caimano)

La politica italiana non vede l’ora di espellere Draghi dal potere per recuperare la possibilità di fare clientela. I nemici di Draghi, che sono quelli che lo chiamano tecnocrate, vanno da D’Alema-Bersani-Travaglio a Conte, Franceschini e Meloni. In sintesi dall’estrema destra alla estrema sinistra. Draghi può contare solo su Renzi, Bonino, Calenda e i moderati, e sulla carta su Letta e Giorgetti. Ma questi due sono messi in minoranza nei rispettivi partiti. Chi (come Bersani) vuole far restare Draghi al governo, lo fa perchè se ne libererà con le prossime elezioni; chi lo vuole mandare al Colle lo fa perchè non vede l’ora di diventare ministro e maneggiare soldi a debito.

Nel 2015 l’alleanza del Pd con Forza Italia fu fatta saltare, ha dichiarato Renzi, da D’Alema per promuovere la candidatura di Giuliano Amato al Quirinale anziché Sergio Mattarella, nome voluto fortemente dal Pd.  (Affari italiani 12/7/2017) Lo racconta Renzi nel suo libro Avanti pubblicato sull’house organ di partito, Democratica. La storia risale al gennaio 2015, quando si trattava di eleggere il Presidente della Repubblica.
Renzi incontrò a Palazzo Chigi Silvio Berlusconi, accompagnato da Gianni Letta e Denis Verdini, e – racconta il segretario dem – il cavaliere volle immediatamente mettere le carte in tavola dichiarando di “aver già concordato il nome del nuovo presidente con la minoranza del Pd […] di aver ricevuto una telefonata da D’Alema, di aver parlato a lungo con lui” e, insomma, che Renzi non aveva nulla da temere perché la minoranza Pd stava con loro, garanzia di Silvio Berlusconi. Renzi capì da quelle parole che l’intesa fra lui e il Cavaliere si era dissolta, e che ci aveva messo il suo zampino D’Alema.

La storia si ripete in forma di farsa ed è oggi (il foglio, 18/1/22) il progetto del cosiddetto partito cinese (così ribattezzato nel Transatlantico di Montecitorio): Giuseppe Conte, Goffredo Bettini e Massimo D’Alema (e poi Bersani, Provenzano, Orlando..). Infatti la loro idea di convincere Matteo Salvini ad appoggiare Giuliano Amato al Quirinale con la promessa che poi l’ex esponente socialista da capo dello stato, in caso di vittoria del centrodestra, gli avrebbe conferito l’incarico garantendo per lui con l’Europa sembra alquanto aleatoria. Primo, perché maggiore garanzia, in quel frangente, la potrebbe dare Mario Draghi. Secondo perché dopo le parole di Goffredo Bettini al Corriere della Sera in cui l’esponente dem ammetteva le debolezze di Conte, nei 5 Stelle è scoppiato il pandemonio. Ne sarà contento Amato che nel suo ufficio al palazzo della Consulta aveva già avviato una serie di consultazioni informali. Intanto zio e nipote (Gianni e Enrico Letta) incuranti di Berlusconi cercano una soluzione comune mentre tutti non vogliono le elezioni, tranne Meloni (sicura di vincerle), Letta e Conte (per formarsi almeno dei gruppi parlamentari fedeli).