Adriano Sofri spiega il giudice Accurso che ha condannato Lucano

(il foglio) Si chiama Fulvio Accurso, e io sono un topo di Google, miniera che non tradisce. Ha 58 anni, è nato a Reggio Calabria, è stato pubblico ministero a Reggio, giudice e poi presidente della sezione penale a Locri, poi presidente facente funzione del tribunale fino a febbraio 2021. Allora, dopo una vacanza di quasi un anno (il precedente era stato promosso a Catanzaro) il Csm vota all’unanimità per il successore: la giudice Gabriella Reillo, del tribunale di Catanzaro.

Voci locali si levano a denunciare indignate che non un solo voto sia andato al giudice Accurso, candidato naturale all’incarico che già ricopre di fatto. La nominata Reillo (altra voce locale) “rinuncia all’incarico, dimostrando un’enorme sensibilità per la situazione che si stava venendo a creare, e il Consiglio superiore della magistratura è tornato sui suoi passi chiudendo questa situazione incresciosa nell’unico modo possibile: quello giusto”.

A maggio Accurso, con la controfirma di Cartabia, è presidente effettivo del tribunale, nel quale sta guidando da tempo il processo a Lucano Domenico, ex sindaco di Riace. Le cronache nazionali, intermittenti come sempre, segnalano una mossa falsa del pm, Michele Permunian, che denuncia in aula la candidatura di Lucano alle elezioni regionali, a conferma del suo disegno di sfruttare le supposte malversazioni per la propria ambizione elettorale (Mimmo Lucano, fuori dal breve confine di Riace, aveva sempre rifiutato candidature appetitose, compresa quella all’Europarlamento). Qui non si fa politica, si fa un processo, tagliò corto Accurso, e fece ben sperare.

  
Ma lasciatemi procedere nell’improvvisato bottino di notizie sull’autore primo della sentenza che ieri ha tramortito gli italiani (e gli stranieri) non incattiviti. Nel dicembre 2017 gli studenti del Liceo “Mazzini” di Locri incontrano nel loro auditorium “il dott. Fulvio Accurso, che ci ha fatto emozionare, raccontandoci del progetto ‘I colori della Legalità’”.

Accurso li ammonisce a non pensare ai detenuti come a un “noi e voi”, ragazze e ragazzi visiteranno il carcere e pubblicheranno un giornalino, “Oltre le sbarre”. L’antefatto, riferisce un conoscente di Accurso, coach di professione, è che lui “è un uomo di legge, ma anche un artista. Ama dipingere e circondarsi di musica, colori e bellezza. Il giorno in cui si è insediato ha capito che era inaccettabile per lui lavorare in locali fatiscenti e degradati, come le strutture a cui siamo abituati. Nel giro di poche ore Fulvio ha cominciato a far fiorire le sue idee, proponendo un restauro a ‘costo zero’ per lo stato. L’idea è stata accolta con entusiasmo dal presidente del tribunale e hanno aderito con lo stesso fervore il direttore delle carceri di Locri, l’ordine degli avvocati, l’amministrazione comunale, una compagnia di assicurazioni e tutto il personale del tribunale.

Un’idea geniale, una colletta tra magistrati, un contributo degli avvocati per i materiali, l’assicurazione che ha coperto i rischi, il tifo del personale del tribunale e l’opera di quattro giovani detenuti, tutti a fine pena e su base volontaria, hanno dato vita al progetto ‘I colori della legalità’. Il tribunale di Locri, a seguito di questo progetto, è stato inserito quale ‘primo tribunale d’Italia tra le best practices del Csm’ per operazioni di tal genere”. Per parte sua, il giudice Accurso testimonia: “Ho chiesto ai quattro uomini: siete felici?”. “Siamo felicissimi dottore!” (e il Csm, poi, avrebbe votato all’unanimità l’altra candidata: com’è ingiusta la vita!).

  
Sto mettendo in buona luce il giudice Fulvio Accurso? Me ne guardo. E tanto meno sto ripetendo la cantilena della vita che è chiara e scura. Casomai, nel nostro caso, si mostrerebbe bianca e nera. Nerissima è la pagina che il collegio di Locri ha appena firmato sulla pelle del bravo sindaco.