MARIO DAMIATA- RECENSIONE DI “AZZURRO”

Un libro sornione e sorprendente. Comincia piano, continua lento, una sorta di diesel, senza che ci siano slanci, impennate, capovolgimenti. Ad un certo punto, una citazione, quella di Foster Wallace, e allora capisci tutto. Comprendi che lo stile, l’intreccio, tutto è programmato per condurti sino alla seconda parte, quando è già avvenuto quello che doveva accadere, e la parola la prende la moglie Sandra. E sarà l’avvocato Sandra a trascinarti nel racconto giallo, e non vedi l’ora di capire e sapere cosa sia successo davvero. Ma è la rivelazione finale, l’epifania, a completare un’opera che tenta l’impossibile, costruire un giallo senza la presenza del cattivo. In questo libro c’è il male, ma non c’è il cattivone, o il mostro, da scoprire, l’eroe negativo di tanti romanzi e film. E l’autore, che gioca sempre a carte scoperte, ce lo spiega pure come tanti film e libri sono riusciti bene perché il cattivo è così cattivo che di più non si può. Il meccanismo è noto, si tratta di una trappola narrativa psicologica, il lettore deve sprofondare sempre più nell’abisso della paura e della crudeltà per potersi immedesimare nell’eroe positivo che alla fine riesce, come Ulisse ad Itaca nella casa di Penelope, a riprendere in mano la situazione e far prevalere il Bene. Nel giallo di Scoppetta c’è questa scommessa, una prova o un coefficiente di difficoltà, scovare il colpevole, attraverso indagini, ricerche, commissari, giudici, congetture, senza però disegnare e raccontare l’antagonista cattivo. E l’unico cattivo che c’è, con la moglie, forma sì una coppia antitetica ai coniugi Pozzi, ma è pur sempre un maligno della porta accanto, perso dietro un sogno che tutti abbiamo avuto almeno una volta. Mi fermo qui, perché questo è un romanzo davvero minimale, forse buttato via in certe parti, o sciatto, ma che ti prende, e dopo che lo hai consumato ti fa pensare. A cosa? A tante cose, che cambieranno da lettore a lettore, com’è naturale. A me ha disegnato un ambiente che conosco poco, il Sud, ha raccontato una società, una comunità, e lo ha fatto quasi senza volerlo, in apparenza. Ma siccome tutti i fatti l’autore giura che sono veri, questo racconto è verosimile e ci stimola, ci cattura attraverso l’andamento lento del primo capitolo e la corsa senza fiato del secondo. C’è molta scuola in questo lavoro, ma, credo, soltanto per farci vedere, e rivedere, quanto l'”attenzione” nel mondo in cui viviamo sia diventata la risorsa più importante. Così importante che i media e le multinazionali e i social, per procurasi un attimo della nostra attenzione, fanno di tutto e di più. Catturando solo un briciolo della nostra attenzione sono diventati ricchissimi. E così Scoppetta intende catturare la nostra piccola attenzione. (recensione da IL MIO LIBRO)