Debito pubblico-Pil, il nodo è controllare le spese

A leggere interviste e commenti sulla (ipotizzata e poi sospesa) reintroduzione del redditometro, pare che in Italia la lotta all’evasione sia all’anno zero. Di cose però ne sono state fatte. Come la fatturazione elettronica, che fa emergere base imponibile. Ogni anno l’Agenzia delle entrate (cui, evidentemente, gli strumenti non mancano) annuncia un nuovo record di recupero.

Sono molti i politici che fanno finta di non saperlo e alcuni sostengono che un fisco più occhiuto sia il primo passo per avere conti migliori. L’ultimo rapporto del Fondo monetario suggerisce che per mettere sotto controllo il rapporto debito/Pil l’Italia debba tornare a un avanzo primario attorno al 3% del prodotto. Per il 2024, il Paese traguarda un disavanzo primario dello 0,4 %. La strada è lunga e bisogna correre.

L’efficienza nella riscossione potrà anche essere un valore, ma gli impatti sulla macchina dello Stato sono ridotti.
Piaccia o meno, l’aggiustamento può avvenire soltanto dal lato della spesa. Se si considera quest’ultima incomprimibile, se si parte cioè dall’idea che bisogna continuare a spendere domani almeno quanto si spende oggi, non c’è modo di sistemare il bilancio.
Che la spesa pubblica generi crescita economica, è materia di dibattito. Senz’altro, non tutte le spese lo fanno. La crescita dipende invece da tanti fattori, molti dei quali non scaturiscono dal governo. Da essa tuttavia dipendono le entrate. Che per questo sono sempre aleatorie, mentre le uscite la politica le può governare. Dovrebbe almeno provarci.