Il film “La scuola”/ L’alunno Cardini oggi sarebbe un Bes

I film della commedia all’italiana usavano i toni del comico, dell’ironia, della satira, del grottesco, per offrire un quadro realistico della società italiana. Nel 1995 Daniele Luchetti dirige La scuola e usa questi stessi toni per offrire un quadro realistico della scuola italiana, vista come istituzione per lo più allo sfacelo (prima dell’ultimo giorno, crolla simbolicamente il tetto della biblioteca). La scuola appare come una fortezza isolata incapace di comprendere i giovani. La crisi che il film  tratteggia è causata anzitutto da un gruppo di professori interessati solo al loro privato e da un preside ignorante e disinteressato. Certo, tra i professori vi sono anche esempi positivi, come Vivaldi e Majello, che affrontano con passione il proprio compito educativo, attenti e vicini agli alunni, consapevoli dell’importanza dell’istruzione. Da parte loro, gli studenti si lasciano andare, nella gran parte dei casi, all’indifferenza apatica, al disinteresse per la scuola.

C’è Santella, ragazzina graziosa ma un po’ ignorante; Martinelli, incinta di un energumeno; l'”alternativa” Menegozzi; il secchione asociale Astariti; lo svogliato Timballo; il bullo incompreso Coffaro. Ma soprattutto c’è Cardini, detto “la Mosca”, un ragazzo dai gravi problemi familiari e comportamentali che comunica solo facendo il verso dell’insetto. Deve essere assolutamente interrogato o per lui sarà bocciatura certa, ma naturalmente è assente e la cosa fa disperare il prof di lettere Vivaldi (Silvio Orlando) che vorrebbe a tutti i costi farlo promuovere. Alla fine, tutta la classe viene promossa, eccetto Cardini che viene respinto nonostante l’appassionata difesa di Vivaldi. A scrutini abbondantemente terminati, improvvisamente ricompare la professoressa Serino, che tutti ritenevano fosse morta nel crollo del soffitto ma invece era andata al matrimonio del nipote, accompagnata da Cardini, dimenticandosi gli scrutini.

Ora, ecco la novità che cogliamo dopo ben 29 anni, in quella classe dello scalcagnato istituto tecnico, l’autore dei due libri (Ex Cattedra e Sottobanco) alla base dell’opera, Domenico Starnone (1943), aveva collocato, con una intuizione davvero preveggente, un allievo che oggi nelle nostre aule è diventato un Bes (Bisogni Educativi Speciali).

Nel film c’è una grande metafora, rappresentata appunto dall’alunno Cardini, il ragazzo sempre assente che sa imitare la mosca, e come una mosca è un disturbo per quasi tutti gli insegnanti, che non cercano di porsi con lui in una relazione che possa portarli a capire il giovane. Cardini è figura della gioventù, leggera, sfuggente, forse incomprensibile, ma dotata di un’aura poetica.

Il ronzio è il segno distintivo dell’alunno più nominato nel corso dell’opera. Cardini nel film del 1995 non ha un nome e neppure un volto. Ma irrompe con la sua presenza negli aneddoti dei compagni di classe, nei giudizi degli insegnanti, nelle dinamiche dell’intero istituto scolastico. Il verso della mosca è il suo cavallo di battaglia. Ma la battaglia è una prova a cui si sottrae. Perché il ronzio è un’arma spuntata nel terreno minato dell’adolescenza. Cardini che sistematicamente marina la scuola. Cardini che, riferendosi all’insegnante di religione, scrive ‘Mattozzi verme’ sui muri dell’istituto. Cardini che durante la gita scolastica a Verona, si aggrega nel pullman dove viaggia una studentessa di un’altra scuola diretta ad Aosta, sospinto da un colpo di fulmine. Cardini il ripetente. Cardini il quasi ventenne. Cardini che ignora il latino, ma non la locuzione ‘Semel in anno licet insanire’. Malinconico ma impavido. Incasellato nei quadratini di un registro di classe, ma imprendibile nella sua sua perenne corsa. Che forse sarebbe più corretto definire volo (Giuseppe Malaspina)

Nella pellicola del regista Luchetti, Sivio Orlando è il professor Vivaldi che tenta di sottrarlo alla seconda bocciatura con una arringa difensiva degna dell’Henry Fonda di La parola ai giurati (1957) di Sidney Lumet. La passione con la quale lo difende sembra la celebrazione di un’utopia, di un modello di scuola ideale. Ecco, le gesta di tal Cardini, gli sembrano scintille nel buio. Cerca di rendere poetica la sua figura, plana sulle teste degli altri colleghi e prova a immedesimarsi nel problematico allievo. Riproduce i suoi gesti, avvicinandosi alla professoressa di ragioneria e ricalcando un episodio avvenuto fra l’alunno e la sua compagna di banco. «Salvami, sono la mosca, è Cardini che ho dentro», ripete con disperata convinzione. Nel suo sguardo spaventato c’è tutta la paura di crescere. Nell’elemento grottesco della situazione, c’è il dramma dell’inversione dei ruoli. La mosca ha paura di trasformarsi in Cardini, e non viceversa. E quel ronzio del sogno adolescenziale che accende e terrorizza insieme, nessuno riesce a comprendere. L’impotenza della scuola non sta più nelle sue pareti fatiscenti, nei limiti della sua struttura, nelle ansie, quasi patologiche, dei suoi docenti. No, l’impotenza della scuola è avere smesso di leggere le richieste di aiuto degli ultimi che l’attraversano.

Cardini dicevo è anche una metafora: del potenziale presente in ciascun di noi che, se incompreso, banalizzato o respinto, finisce per dilapidarsi per strada, nella periferia della vita. L’idea che si possa salvare, lanciando un urlo sguaiato che rasenta il ronzio di una mosca, ha un effetto che oscilla fra il dramma e la comicità. E la poesia. Perché in fondo quelli che sembrano ultimi a scuola, magari in realtà stanno correndo da soli. E se sono rimasti indietro di qualche passo, vuol dire che forse prima ci hanno doppiati. Al contrario Preside e professori descrivono Cardini come autore di lettere minatorie, come dedito ad atti quasi delinquenziali. Un elemento, in fondo, irrecuperabile.

In fondo, a pensarci oggi, Starnone aveva descritto un BES, uno  studente che ha necessità di attenzione speciale nel corso del suo percorso scolastico. I BES sono nati in maniera formale nel 2012 con una direttiva ministeriale e si dividono in tre grandi aree. Cardini magari aveva un disturbo evolutivo specifico, tipo un deficit di attenzione e iperattività, e/o alcune difficoltà di tipo comportamentale e relazionale.

Se il “bestiario” inventato da Starnone e filmato da Luchetti risente di un’eccessiva concentrazione di caratteri, alcuni dei quali sfiorano la macchietta, bisogna oggi riconoscere agli autori un’attenzione ai veri problemi della scuola. Cardini è rimasto intrappolato, nonostante tutto, in una realtà aliena e alienante.

Il professore Vivaldi, paziente ed idealista, molto sensibile alle difficoltà familiari e caratteriali dei suoi allievi, e la professoressa Majello, bella e dolce, al centro delle allusioni e dei pettegolezzi delle colleghe, nel panorama degli insegnanti ci sembrano gli unici degni di stare in una scuola e pertanto dovrebbero essere pagati più dei colleghi. Ma in Italia alcune cose di buon senso hanno deciso che sono impossibili da realizzare e i BES una volta introdotti nell’ordinamento sono stati sepolti sotto un diluvio di carte che rappresentano al peggio la burocrazia italiana, attraverso la quale affrontiamo qualunque problema. Osservando le forme e perdendo di vista la sostanza.