Molti di voi hanno scritto per commentare le parole di Rino Formica. Qualcuno gli rimprovera di aver criticato il pool di Mani Pulite, cui personalmente riconosco molti meriti; però si tratta di personaggi che hanno fatto la storia del nostro Paese, è legittimo anche maturare su di loro un giudizio negativo o comunque interlocutorio. Altri lettori hanno intessuto l’elogio della Prima Repubblica. Da giornalista, lo condivido: è ovvio che intervistare Cossiga, Andreotti, Craxi, Formica è diverso che intervistare i politici di oggi. Da cittadino sono meno d’accordo.
Non ho tutta questa nostalgia della Repubblica dei partiti, quando persino il sindaco e il presidente di Regione non erano indicati dai cittadini ma frutto di trattative tra i leader. È vero che oggi non possiamo scegliere i parlamentari, a seguito dell’orrenda legge elettorale voluta da Berlusconi nel 2006 e mai emendata dalla sinistra; ma il sistema delle preferenze che vigeva nella Prima Repubblica era fonte di accordi sottobanco, compravendite e altre storture. I partiti decidevano tutto, disponevano di banche e industrie — e talora anche di procure: in quella di Roma Andreotti contava parecchio —, trattavano le ferrovie e Alitalia come beni personali, incassavano tangenti e a volte erano finanziati da potenze straniere, talora nemiche come l’Unione Sovietica.
Commentando l’intervista a Formica, Francesco Damato ha scritto un interessante articolo su Libero, rievocando un incontro tra Craxi e Andreotti per decidere chi mandare alla procura generale della Corte d’Appello. Se ne può dedurre che non fosse un sistema sano? Del resto, se non avesse alimentato ingiustizie e malcontento, non sarebbe crollato.