Rodolfo Sonego il cervello di Alberto Sordi

Due film di Dino Risi, Una vita difficile (1961) e Il sorpasso (1962), li considero i film italiani che mi hanno fatto appassionare al cinema. Ma siccome sono stato sempre curioso ho capito ben presto che i film e le canzoni sono opera di chi li scrive di più di chi li dirige o canta. Così il nome di Rodolfo Sonego l’ho imparato subito. Vorrei spiegare subito il motivo per il quale racconto chi fosse Sonego. Dovete sapere che l’autore di due capolavori come quelli che ho ricordato, per tutta la vita fu osteggiato dall’intellighenzia de sinistra per aver creato un binomio molto intenso con Alberto Sordi. Non gli venne mai perdonato di essere “il cervello di Alberto Sordi” come il titolo di un libro bellissimo di Tatti Sanguineti.

Nato nel Bellunese nel 1921 (é mancato a Roma il 15 ottobre 2000), figlio di un contadino. Il primo paio di scarpe infilato a nove anni, la folgorazione per la scienza dopo aver letto Darwin e Newton, gli studi proseguiti all’accademia di Belle Arti di Torino dove il padre era diventato operaio Fiat. Il corso allievi ufficiali durante il quale si legge tutta la Biblioteca Sonzogno, la guerra e la destinazione al fronte russo. Scampato perché Sonego, con qualche altro, ha i documenti macchiati. Diventano “antifascisti involontari”, come egli stesso racconta in un soggetto inedito pubblicato su Il Gazzettino. E da qui, partigiani. Finita la guerra, la passione è la pittura. E la scrittura cinematografica? Inesistente nei progetti di vita di Rodolfo.

E però, lui narra storie di guerra nel 1947 a Venezia, alla Trattoria dei pittori all’Angelo, dove offre disegni in cambio della cena. Un giorno un signore seduto al tavolo accanto si presenta: «Mi chiamo Bianchini, lavoro nel cinema. Mi piacciono molto le sue storie di guerra, sono umoristiche, per niente tragiche. Perché non prova a scriverle?». L’ex partigiano, perplesso, butta giù una ventina di cartelle. Passa qualche giorno e arriva un telegramma da Roma: vieni subito, ti do trentamila lire». Firmato: Roberto Rossellini. L’appuntamento era in piazza di Spagna 70, la casa di Sergio Amidei. Cominciò così, Sonego. Il primo film importante è La spiaggia (1954) diretto da Lattuada, l’antesignano della commedia all’italiana. Storia di un sindaco comunista, di un ricco capitalista e di una prostituta di buoni sentimenti.

“Sonego è stato autore (in solitaria) di almeno due capolavori: ‘Una vita difficile’ diretto da Dino Risi nel 1961, ritratto semi-autobiografico di un partigiano comunista nell’Italia del dopoguerra, e ‘Lo scopone scientifico’ commedia del 1972 firmata da Luigi Comencini, che era un apologo sulla lotta di classe attraverso la partita a carte tra una coppia borgatara e una ricchissima americana. Entrambi i film sono interpretati da Alberto Sordi. Ma, attenzione, fu autore anche del soggetto di Il sorpasso (1962) di D. Risi, per cui non fu accreditato.

Di Sordi dice che fosse cinico. Perché tanti, precisa, agli inizi erano stati cinici con lui. E ancora: è il ritratto dell’italiano, non più contadino, non più operaio, per questo diventato mostro. E poi: un attore pantera, dove non conta la cultura ma l’istinto, la capacità di capire subito un film importante, il coraggio pazzo di entrare in una parte all’opposto della propria indole. «La pantera non ha bisogno di entrare in biblioteca, ma fa dei giochi di equilibrio, dei salti incredibili e a suo modo sa di essere perfetto». La vulgata diffonde che Sonego incontrò per la prima volta Albertone durante quel primo suo appuntamento in casa Amidei. Un rompiscatole, che pietiva una parte. «Famme fa’ questo, daje, famme fa’ quello». Veniva messo alla porta a calci nel sedere. Ma dopo qualche sera, ritornava.

Abile nella commedia e attento osservatore degli usi linguistici, Sonego iniziò a scrivere per Alberto Sordi sceneggiando Il seduttore (1954) di Franco Rossi, e mettendo poi in scena con occhio impietoso i vizi dell’italiano medio (e mediocre) in film come Un eroe dei nostri tempi (1955) di Mario Monicelli, Il marito (1958) di Nanni Loy, Gianni Puccini e Fernando Palacios, Il moralista (1959) di Giorgio Bianchi, Il vedovo (1959) di Dino Risi, Il vigile (1960) di Luigi Zampa, lo psicoanalitico Amore mio, aiutami (1969) diretto dallo stesso Sordi. Contribuì inoltre al genere del film a episodi con il divertente Gugliemo il dentone di Luigi Filippo d’Amico in I complessi (1965), firmato anche da Dino Risi e F. Rossi; tra i suoi episodi preferiti Il prete povero in Contestazione generale (1970) di Zampa, e La camera in Le coppie (1970) di Sordi. Negli anni Settanta sempre per Sordi sceneggiò, in collaborazione con Amidei, Detenuto in attesa di giudizio (1971) di Loy.

Nella sua lunga carriera S. scrisse anche Totò e Carolina (1955) di Monicelli;  Il disco volante (1964) di Tinto Brass; l’episodio Latin lover diretto da Franco Indovina e interpretato da Soraya del film collettivo I tre volti (1965); il Satyricon (1969) di Gian Luigi Polidoro, Una breve vacanza (1973) di Vittorio De Sica, e Il gatto (1977) di Comencini.

Dal 1960  iniziò a lavorare all’estero. Dapprima in Europa: fu quindi in Svezia per Le svedesi (1960) e per Il diavolo (1963) entrambi di Polidoro; in Olanda per La ragazza in vetrina (1961) di Luciano Emmer, intenso esperimento di cinema-verità; in Inghilterra per La ragazza con la pistola (1968) di Monicelli, tra i primi ruoli leggeri di Monica Vitti. Quindi si recò in Australia per Bello onesto emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata (1971) diretto da Zampa, di cui firmò da solo la sceneggiatura, e negli Stati Uniti per Una moglie americana (1965) di Polidoro, scritto assieme a Flaiano (e iniziato da Rafael Fernández Azcona) per Ugo Tognazzi, e Un italiano in America (1967) di Sordi. L’America in particolare lo attrasse al punto che, tra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta, cercò di stabilirsi a New York, con alterni esiti professionali, spostandosi a Santo Domingo per Porgi l’altra guancia (1974) di Franco Rossi.

Nel libro di Tatti Sanguineti si racconta come Alberto Sordi volesse interpretare Mussolini. Il Duce, che gli calzava a pennello nei tratti roboanti, non poteva mancare nella galleria di “mostri” che aveva fatto in decine e decine di film. Ma non gli riuscì di indossare su un set gli stivali neri dell’uomo di Predappio perché gli mancò la spalla. Anzi il suo cervello. Che era Rodolfo Sonego, per trent’anni suo sceneggiatore.

E che Benito avrebbe voluto fare? O «un duce in pantofole, che la sera torna a casa e deve rispondere alla moglie e ai figli di come vanno le cose». Oppure, assai più intrigante e connesso alla resistenza di Sordi di padroneggiare l’inglese, il Mussolini che fa finta di sapere il tedesco e che dunque, quando incontra Hitler, annuisce, fissa il tiranno negli occhi e si concede a interminabili strette di mano. Ma perché Sonego rifiutò al comico di scrivergli una simile sceneggiatura? Qui c’entra la sua biografia. Meglio, il suo passato di partigiano, sulle montagne del Veneto, dov’era nato. Il lettore lo apprende nel primo capitolo, che segue passo passo la sua vita.

Sonego, secondo chi lo ha studiato a fondo, seppe far emergere i vizi della borghesia italiana, analizzando le tensioni indotte dalle trasformazioni socioeconomiche sulla famiglia e sul maschio italiano, alle prese con il traffico, con il lavoro, con le vacanze, con le donne dai costumi più o meno morigerati, anche straniere, e con la televisione e il cinema. Ha scritto il prof. Mirco Melanco: “La particolare ironia con la quale Sonego ha affrontato la figura dell’italiano medio, di cui Sordi è stato l’interprete più eloquente, è frutto anche della fusione di due caratteri antitetici ma compatibili, ha permesso una descrizione coraggiosa e anticonformista della società italiana prima e dopo il boom economico”.

A sinistra, nei giornali di sinistra, tra gli intellettuali dell’area comunista, questa intensa collaborazione di Sonego, il partigiano, il figlio dell’operaio Fiat, con il papalino Sordi, amico di Andreotti, non fu mai digerita. Nel senso che sembrò che Sonego avesse messo il suo ingegno, da tutti riconosciuto, a disposizione di una maschera più che di un grande attore (alla Gassman, alla Mastroianni). Il tempo fornisce sempre i giudizi migliori e sancisce chi avesse ragione. Col passare del tempo scopriremo sempre di più che il “cervello di Sordi ” Sonego insieme con quella maschera ci hanno dato un ritratto ironico e sferzante della società italiana, con i suoi mostri, con i suoi vizi e anche con alcune virtù, che resiste al tempo.

Grazie a Giuliana Muscio e Renato Bona