Tommaso Ciriaco e Meloni

DAGONOTA

Fatta pace tra Tommaso Ciriaco e Giorgia Meloni. Il chigista di “Repubblica”, appena il 27 ottobre scorso era stato redarguito coram populo, in diretta televisiva, accusato dalla premier addirittura di essersi inventato dei virgolettati citando “fonti vicine” alla Ducetta.

E oggi, invece, il giornalista firma un informato retroscena sulla task force che sta mettendo a punto il quesito referendario per la riforma costituzionale. All’interno del “gabinetto di guerra” del premierato entrano rinomati comunicatori come Fazzolari e Mantovano, noti per la loro assenza di empatia, e dirigenti di partito che si occupano di social e comunicazione. Esperti laureati in marketing e strategie di comunicazione? Macché, grasso che cola se hanno il diploma…

Psicologi e social per il referendum Meloni già studia il quesito perfetto

Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”

C’è una task force ingaggiata da Giorgia Meloni che lavora da settimane soltanto a un obiettivo: scrivere il quesito del referendum costituzionale che introduce il premierato. E farlo subito e senza attendere la consultazione, presumibilmente a metà del 2025. Questo gruppo di selezionati consiglieri – riferiscono diverse fonti – non include solo esperti di diritto, ma anche i due sottosegretari alla Presidenza, alcuni fidati dirigenti di Fratelli d’Italia, professionisti della comunicazione, dei sondaggi, dei social.

Per soddisfare le indicazioni della premier, hanno già stabilito che sulla scheda debba risplendere essenzialmente uno stringato messaggio: «Volete l’elezione diretta del presidente del Consiglio?». Accompagnato dalla parola «popolo», oppure «popolare». La sfida è scrivere il “quesito perfetto” in tempi rapidissimi: tra poco spiegheremo perché. Prima, però, un passo indietro. Per capire come nasce l’operazione.

«È importante fare una buona riforma, certo. Ma conta anche un’altra cosa…». Siamo a Palazzo Chigi, poche settimane fa. Giorgia Meloni è intenta a spiegare ai suoi più stretti collaboratori l’impianto costituzionale del premierato. A un certo punto si ferma. E cambia tono, come se stesse svelando un jolly: «È importante, certo. Ma è altrettanto importante dice, secondo quanto riferiscono diverse fonti – scrivere bene il quesito del referendum».

Che è un passaggio inevitabile, aggiunge: meglio giocarsela con la conta popolare che «indebolirsi» alla ricerca di un difficile patto con le opposizioni. Ma c’è di più: a suo avviso, «Renzi fu sconfitto perché personalizzò la battaglia, ma anche perché non fu chiaro nella domanda referendaria». Per non parlare di Silvio Berlusconi nel 2006: un testo «burocratico e incomprensibile ».

Poi Meloni aggiunge: «Da questo, mi dicono gli esperti, dipende la nostra vittoria o la nostra sconfitta. Per questo, sto già facendo studiare la domanda». La presidente del Consiglio svela anche di più. Spiega ad esempio che il quesito deve essere volto al «positivo» e non al «negativo »: serve a convincere i cittadini a votare sì, le hanno spiegato gli esperti di psicologia della comunicazione che studiano le reazioni dell’elettore.

E deve anche trasmettere a chi è chiamato alle urne la sensazione di conquistare «un potere» nuovo: quello della «scelta», appunto. È la traduzione di una serie di report, indagini, approfondimenti.

Ci lavorano diverse figure. Non solo il professore Francesco Saverio Marini, che è consigliere giuridico di Meloni. Ma anche i due sottosegretari alla Presidenza, Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, e un paio di fidati dirigenti di FdI. Ma soprattutto, la struttura di comunicazione di Palazzo Chigi, affiancata dagli esperti esterni a cui a volte chiede consiglio la premier. […]

A questo punto, bisogna rispondere a un interrogativo: come viene formulata la domanda del referendum? E con quali paletti? C’è una legge, la numero 352 del 25 maggio 1970, che regola l’istituto.

All’articolo sedici dispone la formula da utilizzare: «Approvate il testo della legge costituzionale… concernente… approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero… del…?». Bisogna insomma riempire i puntini che seguono la parola «concernente ». E farlo nel modo più efficace e breve possibile («sarà un quesito di due righe, essenziale… », confidava giorni fa il capogruppo meloniano Tommaso Foti). La strada più semplice è riprendere il titolo del disegno di legge costituzionale che il governo si appresta a presentare alle Camere. Ecco perché Meloni ha chiesto alla sua task force di lavorare da subito al “quesito perfetto”.

L’ultima bozza ufficiosa che circola da un paio di giorni, in effetti, ha in cima due righe che rispondono ad alcuni dei criteri accennati. Eccole: «Introduzione dell’elezione popolare diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri e razionalizzazione del rapporto di fiducia».

C’è l’aggettivo suggerito: «Popolare». E c’è il concetto di «elezione diretta». Non è detto che sia questa la formula definitiva, perché la destra può anche modificare il titolo, a colpi di maggioranza, nel corso dell’iter del ddl in Parlamento. L’unico limite è, ovviamente, quello di non presentare un quesito ingannevole, che verrebbe bocciato dalla Cassazione. […]