Giorgio Rembado che rivoluzionò i presidi

È morto il 4 settembre, dopo una lunga malattia, Giorgio Rembado, fondatore nel 1987 dell’Associazione nazionale presidi (Anp). Avrebbe compiuto 78 anni a novembre.

Rembado ha ricoperto la carica di presidente nazionale dal 1990 al 2017 e fu presidente emerito dal 2017 al 2021. Aveva guidato, tra l’altro, i dirigenti della Cida dal 2003 al 2006.

Rembado ha spinto con forza, nel corso della sua presidenza, per l’autonomia scolastica e si è speso, con successo, per l’attribuzione della qualifica dirigenziale ai capi di istituto.

Antonello Giannelli, presidente Anp in carica, così lo ricorda: “È stato un maestro per tutti e per me in primis. L’autonomia e la dirigenza scolastiche esistono in Italia anche grazie al suo impegno indomito e alla sua visione, insieme strategica e lungimirante. Noi che abbiamo avuto il privilegio di lavorare con lui abbiamo la grande responsabilità di sviluppare e portare avanti le sue visioni”.

Antonino Petrolino, che con Rembado ha operato per decenni, ha scritto:

La lunga storia della sua azione alla guida di Anp ha conosciuto due stagioni: la prima, rapida ed esaltante, ha visto affermarsi i modelli organizzativi – rivoluzionari a quel tempo – dell’autonomia delle scuole e della dirigenza dei capi di istituto. In meno di quindici anni, quelli che erano poco più che funzionari esecutivi sono divenuti dirigenti pubblici, dotati di poteri significativi, almeno nelle intenzioni del legislatore. La seconda, più lunga e faticosa e tuttora non del tutto conclusa, è stata votata alla ricerca della piena parificazione, anche economica, con gli altri dirigenti.

(…) va sottolineata l’elasticità intellettuale di cui ha saputo dar prova per restare fedele ad un’idea attraverso il continuo mutare dei contesti con cui doveva misurarsi.

Come preside ho conosciuto bene Antonello Giannelli e non ho mai incontrato Rembado, però fu ascoltandolo che decisi di iscrivermi alla Anp senza mai pentirmene. Perchè aveva una visione, l’autonomia, che come ci ha insegnato il mio maestro, il prof. Piero Romei di Bologna, era il contesto giusto per far diventare i presidi  dei dirigenti.

Il concetto ancora nel 2023 è facilmente comprensibile. La maggior parte dei dirigenti scolastici dell’autonomia hanno apprezzato lo status ma preferirebbero di gran lunga essere -come prima- meri esecutori di “adempimenti” dettati dall’alto. Perchè? Perchè in questo modo si evitano le responsabilità, essendo meri esecutori periferici. Fino al 2000 tutte le scuole erano uguali, e i presidi erano dei semplici travet che eseguivano obbligatoriamente i comandi del Ministero. Con l’autonomia l’aumento dello stipendio è derivato dalle maggiori responsabilità civili amministrative e penali assunte in prima persona. Insomma, chi non risica non rosica. Rembado è stato l’artefice sindacale e politico (insieme con Luigi Berlinguer) di questa conquista che ha fatto diventare la scuola italiana una scuola europea. «La scuola italiana ha il problema cronico di non riuscire a coprire i posti scoperti con personale di ruolo che, però, a oggi può essere assunto solo con procedura concorsuale. Un meccanismo lento, complicato e che genera soprattutto precariato: non riusciremo mai ad avere il cento per cento dei posti coperti tramite concorso, anche perché, ogni anno, 30mila insegnanti escono dalla scuola e vanno in pensione», spiega Antonello Giannelli.

La soluzione? «Questo problema ormai cronico si può risolvere dando alle scuole il potere di assumere i docenti: con i concorsi centralizzati non ce la faremo mai. Germania, Finlandia e Paesi Bassi, per esempio, fanno così. Non la Francia, dove si utilizza il sistema dei concorsi, però lì vengono fatti con la giusta cadenza. C’è chi obietta che senza i concorsi, con la chiamata diretta da parte dei dirigenti, si rischiano corruzione e meccanismi clientelari. Ora, è vero che questi sono problemi reali della pubblica amministrazione, ma se un dirigente scolastico ha la responsabilità di un’assunzione, non rischia il posto assumendo personale non qualificato magari solo per amicizia o scambio di favori. In poche settimane, si solleverebbero alunni e genitori».

Se il  prof Tizio lo ha scelto il dirigente Caio, egli darà tutto se stesso nel lavoro, perché risponde a lui e non all’ estraneo Stato. Ecco allora che Rembado ci lascia quando la seconda parte del suo sogno, quella di equiparare il dirigente scolastico agli altri dirigenti pubblici (dal punto di vista economico e professionale), è ben lontana dall’essere compiuta. Occorre uno con la sua lungimiranza, la sua astuzia, cultura, prestigio e auguro a Giannelli di esserne all’altezza. La scuola italiana farà il salto di qualità quando, e io non lo vedrò di sicuro, un dirigente scolastico sarà equiparato ad un dirigente di qualsiasi altro ministero e potrà scegliere i propri docenti. Al contempo sarà valutato e il suo stipendio dipenderà dall’esito (oggi sono todos caballeros).

Il principio da attuare è l’esatto contrario di quello che vogliono sindacati e politica dominante in Italia: più vali più guadagni. Se così non sarà, tanto vale cancellare l’autonomia e tornare ai presidi-travet che c’erano sino al 2000, ruolo che potrebbe svolgere qualunque scemo estratto a sorte in un collegio docenti. In Italia, e Rembado si è battuto per questo, la leadership (anche educativa) è concetto non (ancora) accolto e sedimentato (noi perciò abbiamo il presidente del consiglio, altrove il cancelliere). I nostri sindacati, e i bipopulisti, accettano solo “primus inter pares”. Con la scusa di non avere dittatori, non vogliono nè dirigenti nè in politica un Macron. Todos caballeros, appunto: parola d’ordine non solo di Carlo V, ma di politici, generali, burocrati, sindacalisti italiani.