I 4 consiglieri super di Valditara cosa dicono?

Non so bene perchè avvenga, ma anche quando è successo che un ministro dell’Istruzione italiano si porta al governo consiglieri o sottosegretari molto validi, essi non influenzano nessun scelta concreta. Ci fu un illuminato dirigente scolastico di Brindisi, Salvatore Giuliano, il quale dal 13 giugno 2018 al 5 settembre 2019 è stato sottosegretario di Stato nel Miur del governo Conte 1 (ministro Marco Busetti). La sua presenza è stata, ai miei occhi, impalpabile. Ripeto, non so cosa succeda nelle stanze del ministero, probabilmente il ruolo di un sottosegretario o di un consulente è ininfluente perchè inghiottito dalla struttura ministeriale.

Veniamo ad oggi al ministro Valditara. Dinnanzi alle sue esternazioni rimango basito. Lasciamo stare Giovanni Sallusti (nipote del direttore di “Libero” Alessandro) e Giuseppe Braga, che guidano le comunicazioni del ministro, il primo come portavoce e il secondo a capo dell’ufficio stampa.
No, il fatto è che il ministro ha scelto come suoi consiglieri, tra gli altri, quattro “pezzi da 90”: Giuseppe Bertagna, Max Bruschi, Marco Campione e Luciano Chiappetta. Professionisti che vengono da storie professionali diverse e che hanno collaborato con ministri con appartenenze politiche anche contrapposte. Bene, mi chiedo cosa c’entrino questi quattro superprofessionisti con le “esternazioni” del ministro. Praticamente, secondo me, c’entrano come i cavoli a merenda.

Lavori socialmente utili per gli alunni violenti, non oso pensare che sia farina uscita dal sacco di uno dei 4. Anzi, mi sentirei di escluderlo.

Durante un intervento a Milano il ministro dell’Istruzione fa una considerazione sui lavori socialmente utili per gli studenti violenti: “Soltanto lavorando per la collettività, umiliandosi anche, di fronte ai suoi compagni, lui si prende la responsabilità dei propri atti”. Dopo la pioggia di critiche la marcia indietro: “Vittima di un lapsus”. “Volevo dire umiltà, non umiliazione”.
Valditara, anche con la sua circolare in cui vieta l’uso dei cellulari in classe, sembra inserirsi nel filo conduttore ricorrente in molte delle battaglie contro l’innovazione combattute dalla destra nazionalista. Lo Spid? Da superare, troppi interessi dei privati. Il Pos? Da combattere, troppi soldi alle banche. I vaccini? Sospetti, troppi affari delle cause farmaceutiche. L’anti tecnologismo sconfina in battaglie, come quella dei cellulari da eliminare a scuola, con un rischio chissà quanto calcolato da parte del governo. Siamo sicuri che le famiglie italiane siano contente di non poter contattare i propri figli a scuola col cellulare?

Si esprimerà su più fronti la strategia anti-dispersione espressa dal ministro all’Istruzione e del merito. Nuove Linee guida per migliorare l’orientamento scolastico (arrivano anche 30 ore di docenza sull’orientamento, ma, assicura il ministro, “non sono una nuova materia),  ma anche visite negli istituti dove i genitori non mandano i figli a studiare, prof che fanno tutoraggio, mini-classi come nelle banlieue francesi e lezioni ad hoc.  In un’intervista a La Repubblica ha annunciato misure forti: docenti tutor pagati bene, sperimentazione di classi da dieci studenti, didattica personalizzata, ma anche una commissione di esperti per contrastare il bullismo che è una delle cause dell’abbandono, per trovare soluzioni.

Di fondi, però, non ce ne sono. Ma anche questo è un particolare ininfluente. Uno solo aumentò la spesa pubblica per la scuola e per reazione tutti i proff diventarono grillini. Nella scuola italiana c’è un solo unico problema: come aumentare di 500 euro al mese lo stipendio degli insegnanti. Essendo un problema irrisolvibile, come la congettura di Riemann, tutto il resto è noia.