ASTENSIONISTI Il dato più alto da guardare dopo il 25 settembre è quello dell’astensione dal voto: il 36% degli elettori non è andato alle urne. «I partiti non sono riusciti a convincerli», dice la sondaggista Alessandra Ghisleri alla Stampa. «È il primo, importante cambiamento. Rispetto a cinque anni fa, mancano all’appello circa 4,5 milioni di elettori.
MELONI Ghisleri spiega la crescita di Giorgia Meloni nei sondaggi: «A maggio era al 22,5%. Il 22 luglio, sciolte le Camere, al 23,5%. Poi comincia a crescere, lentamente ma progressivamente». E oggi, a conti fatti, rispetto alle politiche del 2018 ha 5,7 milioni di voti in più. Mentre, rispetto alle europee del 2019, i voti in più sono 5,4 milioni.
I 12 MILIONI DEL CENTRODESTRA E se Meloni guadagna, la Lega perde e tanto. «Rispetto alle politiche del 2018 Salvini ha perso 3,2 milioni di voti, mentre Forza Italia 2,3 milioni». Così «il voto si è redistribuito all’interno della coalizione di centrodestra. Solo una quota minoritaria è arrivata da “fuori”. Se osserviamo infatti il dato dell’evoluzione della coalizione di centrodestra in questi passaggi elettorali, da circa 12 milioni di voti del 2018 ci troviamo – a scrutinio non ancora terminato – ancora a 12 milioni, voto più voto meno».
Chi ha tenuto rispetto alle europee è stata Forza Italia: dal 2019 «ha perso solo 67mila voti. Il suo rimane un consenso robusto».
CENTROSINISTRA E il centrosinistra? «Alle politiche del 2018 aveva ottenuto circa 8,3 milioni di voti. Alle europee 2019 invece 7,9 milioni. Il dato di oggi ci riporta un valore intorno a 7,2 milioni. È una lenta ma inesorabile perdita. Il Pd sacrifica la sua massa elettorale, da anni, a beneficio di altri partiti. È un formidabile donatore di sangue elettorale».
Colpa di Letta? «Non solo. Dal famoso 40,8% di Renzi nel 2014, il Pd ha perso quasi 5 milioni di voti. È il principale socio occulto degli altri partiti. Alleati e avversari».
CONTE OVVERO “LEGA SUD” «Nel 2018 il M5S aveva 10,7 milioni di voti, un anno dopo alle europee 4,5 milioni. Oggi 4,2 milioni. Perde ancora, ma ha mobilitato il suo “zoccolo duro”, la sua tifoseria», spiega Ghisleri. «Conte prende il M5S al 12,3% ad aprile. Il 22 luglio, allo scioglimento delle Camere, è al 14%. Cala all’inizio della campagna elettorale, fino al 12,5% di fine agosto. Poi comincia la sua risalita ed è qua che abbiamo registrato il sorpasso nei confronti della Lega di Salvini. Con una forbice progressiva nei confronti della Lega culminata col risultato elettorale».
CONTE COMPETITOR In questo intermezzo, «Conte si è trasformato da alleato in competitor del Pd, peraltro efficace. Rimanendo nella coalizione di centrosinistra, probabilmente la sua forza si sarebbe annacquata. Da solo è riuscito a valorizzare gli elementi identitari, peraltro dopo una scissione importante. Il Pd di Letta aveva come obiettivo di polarizzare lo scontro politico con Meloni. E invece si è trovato contro tutti: centrodestra, Conte, Terzo Polo».
CALENDA Chi non ha deluso, secondo Ghisleri, è il Terzo Polo: «Ha raccolto quasi 2,2 milioni di voti. Il confronto con il passato è impossibile, perché Azione e Italia Viva si sono presentati per la prima volta e insieme. Nei nostri sondaggi il loro consenso è cresciuto dal 4,5% di metà luglio al 6,1% di inizio agosto, fino al risultato di domenica».
SALVINI La sorpresa, rispetto alle previsioni, riguarda Salvini: «La discesa era registrata da tempo, tuttavia il presidio del territorio da parte della Lega avrebbe potuto mitigarla. Invece malcontento e scarsa partecipazione al voto l’hanno enfatizzata». A fine aprile era testato al 16%. «Da allora è stata una lenta, ma progressiva discesa».
RIEPILOGO Il centrodestra conta su 12 milioni di voti, Conte su 4,2 milioni. Calenda su 2,2 milioni di voti. Il Pd può contare su 7,2 milioni di voti. Se, come qualcuno vuole da tanti anni, il centrosinistra si presentasse unito come il centrodestra arriverebbe a 13,6 milioni. Ma l’operazione, come si è visto, è fuori dalla realtà, perchè Calenda non ci sta con i grillini, e i grillini arrivano al loro zoccolo duro, ai 4 milioni di voti meridionali, se si sganciano dalla sinistra, se giocano da soli contro tutti. I grillini sono pupulisti, parlano alle plebi meridionali attraverso bonus e sussidi, non hanno nulla a che vedere con i progressisti.
Occorre allora scompaginare il campo da gioco, non ammettere i doppiogiochisti e le quinte colonne dentro la sinistra. Smetterla di parlare di alleanze (con i 5 Stelle o contro) e definire un progetto di cose da fare. Senza il giochino del “ma anche”, siamo per i rigassificatori o no? Per la concorrenza e il mercato o no? Per la statalizzazione delle industrie o no? Da una parte occorre un polo lib-lab, riformista, socialista- liberale. Dall’altra una sinistra del “piccolo è bello”, dei No a tutto, con i 5Stelle e i loro amichetti, da Travaglio sino ai Fratoianni. Se l’offerta politica progressista si chiarisse e si rivolgesse a due elettorati diversi, favorita da una legge elettorale a doppio turno che desse stabilità ai governi, sarebbe possibile in Italia avere un’alternanza democratica che preservasse sempre la stabilità e l’efficacia dei governi. Insomma, l’Italia, dopo l’occasione persa con il referendum del 2016, deve diventare una democrazia che assomiglia a Francia e Germania.