Bollette/La politica deve intervenire immediatamente. Ma come?

(da un articolo sul Lametino) “Non è pensabile – proseguono le due sigle – continuare a chiedere sacrifici a chi è stato già fortemente penalizzato dalla crisi dovuta alla pandemia. Di questo passo andare al ristorante, in albergo o semplicemente in gelateria o pasticceria diverrà un lusso per pochissimi eletti. Siamo in una situazione drammatica. La politica deve intervenire immediatamente per porre un freno a questi aumenti insostenibili, fissando un tetto massimo per le tariffe dei consumi energetici”.

(Daniele Manca, Corsera) La strada sembra semplice: andare rapidamente a uno scostamento di bilancio. Chi più chi meno, è la risposta che quasi tutti i partiti hanno in mente di dare alle sofferenze prodotte dal rincorrersi dei prezzi dell’energia che stanno incidendo profondamente sulla vita degli italiani.

Il governo resiste allo scostamento. L’Europa ripete, ancora ieri con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che le regole del mercato elettrico non funzionano. Peccato che adesso si tratti di agire non più di analizzare. Visto che, peraltro, l’Italia quelle cose le diceva ai partner dell’Unione sin dal novembre dell’anno scorso.

Lo scostamento permetterebbe di intervenire subito, nel breve periodo. Ma non sarebbe privo di conseguenze. Modificare le regole del mercato elettrico, e farlo in fretta viste le anomalie che hanno contribuito a determinare la rincorsa dei prezzi, avrebbe effetti strutturali ma non immediati. Sebbene il solo fatto di dirlo sembrerebbe già raffreddare in minima parte i costi.

Ma perché il governo è così restio a procedere a uno scostamento di bilancio? Si stanzia qualche decina di miliardi nei conti pubblici e si interviene. Semplice a dirsi meno a farsi. Questa volta ci scuseranno economisti, esperti e professori se, a rischio di banalizzare, inizieremo col chiederci di che cosa si sta parlando. E cioè cos’è lo scostamento di bilancio?

Come ogni famiglia o impresa, anche lo Stato deve fare i conti con le sue entrate e le sue uscite. Poniamo che avesse annunciato di spendere 100 nel 2022, a fronte di costi che aumentano dell’energia si troverà a spendere 130. Dove può prendere quel 30 in più di spesa? Un cittadino o un’azienda si rivolgerebbe alla propria banca chiedendo un prestito.

Lo Stato fa lo stesso, chiede soldi in prestito ma usando un meccanismo più complicato. Emette titoli di Stato che vende sul mercato. A investitori ai quali dice: pensavo di spendere di meno, mi troverò a spendere di più, devo fare, appunto, uno scostamento di bilancio e ho bisogno che tu mi presti più soldi; compra i miei titoli di Stato e io mi impegno a pagarti gli interessi e a restituirti il denaro entro un certo numero di anni.

Il mercato, gli investitori, sanno che il motivo sono i prezzi dell’energia. Ma non gli importa molto. Saranno disposti a prestarci più denaro purché siano pagati loro degli interessi e restituito il capitale prestato. Se non fosse che l’Italia di debiti ne ha già tanti. Oltre 2.700 miliardi. E di scostamenti negli ultimi anni a causa della pandemia ne abbiamo fatti per 180 miliardi, come documentato da Enrico Marro ieri sul Corriere della Sera.

Ma proprio per questo potremmo continuare a farne. Chi ce lo impedisce? In realtà, chi gestisce il debito pubblico sa che se si continuano a chiedere sempre più soldi in prestito, gli investitori a loro volta chiederanno interessi più alti. Ci sono Stati che possono permettersi di sollecitare meno il mercato. Rispetto a loro noi avremo un costo del denaro più alto, dovremo cioè pagare più interessi per ottenere i nostri prestiti. La differenza tra i due livelli è lo spread. Che potrebbe allargarsi se gli investitori intuiscono che quella è la direzione.

Al di là dei costi sul bilancio pubblico, tutto questo significa anche mettere il proprio futuro in mani che con l’Italia hanno poco a che fare. In aree dove la speculazione, come abbiamo visto in altri periodi, non si fa problemi ad andare contro un Paese purché riesca a guadagnarci. Lo spread si allargherebbe e il costo del nostro già alto debito aumenterebbe.

Non è un caso che il più tiepido sulla eventuale manovra sia anche il più sovranista dei partiti, Fratelli d’Italia. Un Paese fortemente indebitato è un Paese che ha molto meno possibilità di agire secondo i propri obiettivi. Che ha meno sovranità. L’altro partito meno propenso è quel Pd che esprime il commissario europeo Paolo Gentiloni che sa benissimo che l’Italia nei prossimi mesi dovrà partecipare al dibattito sulla riforma del Patto di stabilità. Patto che prevede rigidi confini per quanto riguarda il debito e il deficit dei Paesi. E tecnicamente lo scostamento di bilancio è una richiesta all’Europa di aumentare il deficit.

Rendere il Patto più flessibile è stato uno degli obiettivi di tutte le forze politiche e del governo Draghi. Ma andare a una discussione con un’Italia sempre pronta a mettere sotto tensione le regole significherebbe arrivarci in condizioni di minor forza (tecnicamente uno scostamento di bilancio significa alzare il deficit previsto e va richiesto all’Europa).

Siamo condannati a non fare mai più scostamenti di bilancio? A essere perennemente frenati dal debito elevato? No, tutt’altro. È un errore considerare il nostro debito come il principale problema. Come si è visto in questi anni, possiamo gestire l’alto indebitamento purché il nostro Paese continui a crescere.

La vera domanda a cui si deve rispondere è perché si crea debito. Alleviare le sofferenze dovute agli alti costi di energia è sicuramente un motivo più che sufficiente. Ma come si intende farlo? Con altri contributi a pioggia? Aiutando alla stessa maniera ogni cittadino e ogni impresa, sia chi soffre tanto sia chi può sopportare un periodo, si spera breve, di pressione? Ancora una politica dei bonus, che, come si è visto in questi ultimi anni, non sono nemmeno assorbiti tutti da chi si pensava potesse esserne beneficiario?

Ogni scostamento di bilancio andrebbe inserito in un quadro di finanza pubblica definita. Che significa anche indicarne le coperture. E visto che si parla di energia, anche un riequilibrio e risparmio sui consumi. Sarebbe utile, come chiedemmo già nelle scorse settimane, che le forze politiche indicassero il tipo di Legge di Bilancio per il 2023 che intendono scrivere se dovessero andare al governo piuttosto che indicare singoli provvedimenti.

Chiedere all’attuale esecutivo, come a qualsiasi altro dovesse essere in carica dopo il 25 settembre, questa o quella misura senza preoccuparsi degli altri elementi che compongono la manovra economica, non è indice di buon governo. La corsa dei prezzi dell’energia ci dice in maniera dolorosa quanto è evidente che non esistono scorciatoie per fronteggiarla. Servono misure di breve periodo tendenti a dare sollievo a cittadini e imprese e di lungo periodo come quelle strutturali da prendere in Italia e in Europa. Lungimiranza e politiche economiche adatte. Forse la merce più rara durante una campagna elettorale.