Ma Jasmine Cristallo è sentimentalmente connessa con quale sinistra?

La tv presenta un campionario dell’ovvio e delle frasi fatte. Su una tv locale calabrese un conduttore in giacca bianca di quelli “so tutto io” non riesce a trattenersi dal dire “la sinistra dovrebbe fare la sinistra” che è una frase incomprensibile che ha preso il posto della supercazzola del conte Mascetti. Ma su La7 la calabrese Jasmine Cristallo, in arte Sardina, affronta a muso duro Calenda con due uppercut. Prima gli dice che è un tecnocrate perchè ha appena detto che un sindaco deve saper amministrare il suo comune; poi ascende verso letture gramsciane fatte in tenera età accusandolo di non essere sentimentalmente connesso con le masse vivendo in una torre eburnea che è stata geolocalizzata ai Parioli. Quando Calenda comincia a risponderle che non se ne può più di tali pippozzi senza nè capo nè coda, di queste lezioncine da quarta elementare, Jasmine si rifugia nel “non si trattano così le signore”. Commento di Guia Soncini su Linkiesta: “E’ un ottimo momento per approfittarsene, se sei una donna. Come ha fatto una giovane biondina con infondata autostima a Piazzapulita che borbottava costantemente impedendo a un maschio di rispondere a una domanda che lei stessa gli aveva fatto. Pronostico per lei un ruolo da ministro entro cinque anni”.

691 GIORNI CON GRAMSCI Cosa c’entra Jasmine con la sinistra (la sardina fa politica, come ha fatto i conti Sartori, da 691 giorni) e cosa significa che la sinistra dovrebbe fare la sinistra?

Negli anni settanta ogni comunista comiziante, ricordo un Ingrao sul corso Numistrano, ti faceva l’elenco dei ceti che la sinistra difendeva. Il Pci rappresentava nell’ordine: i contadini e gli operai di fabbrica; gli artigiani; i travet; i piccoli commercianti; i piccoli imprenditori e lavoratori autonomi. Ce l’aveva con i percettori di rendita e, a mia memoria, degli impiegati pubblici non parlava proprio. Oggi dire che la sinistra deve stare dalla parte dei lavoratori non significa nulla, essendo noto a tutti che l’elenco dei ceti di riferimento di cui sopra oggi è declinato in questo modo: impiegati pubblici e pensionati; precari, migranti e rider. Si osservi come nella regione più povera, la Calabria, nella lista De Magistris più di sinistra vengano eletti consiglieri regionali pochi giorni fa un medico e un notaio. Dei lavoratori autonomi e delle partite iva non c’è traccia, dei giovani con quota cento e con la scuola scollegata dal lavoro non ci si cura (laureati italiani 20% contro il 32,8% in Europa), la parola magica è “redistribuzione”.

La sinistra lancia il messaggio che vuole l’uguaglianza, per cui “tax the rich” e redistribuisci. La patrimoniale e l’industria di Stato, la concertazione attraverso i tavoli sindacali, l’accoglienza, sono i punti cardinali della proposta politica.

Il merito e la competenza sono postulati del neoliberismo, parola magica che connota il nemico. “Il riformismo deve trovare un’identità nuova dopo 35 anni di un liberismo che ha devastato i diritti sociali” ha detto Romano Prodi presentando il suo libro “Strana vita, la mia”. Che vite strane, le loro. Quella di Jasmine che in Calabria si è davvero rinchiusa in una torre eburnea geolocalizzata in quel di Catanzaro per le regionali, mentre il suo collega Sartori a Bologna almeno si è fatto eleggere consigliere comunale con la benedizione di Prodi. Il quale forse solo ora sembra rendersi conto di aver partecipato attivamente, nei quattro anni da presidente del Consiglio intramezzati da cinque anni da presidente della Commissione europea, a una stagione di sistematica distruzione dello stato sociale. O forse no. Perché non si capisce bene se ci sia piena consapevolezza del proprio ruolo nell’ultimo quarantennio.
E nel mentre Letta pensa ad un nuovo Ulivo, da Calenda a Fratoianni, annotatevi le certezze che nel 2021 declina la sinistra:
1) se vuoi un sindaco che sappia amministrare e gestire la complessa macchina comunale, allora smettila che sei un tecnocrate.
2) al contrario cerca di connetterti sentimentalmente con Sardine, precari, pensionati, impiegati pubblici, abiurando i 35 anni di liberismo, in altre parole la storia della sinistra riformista.

Se oltre la metà degli italiani (il 57,72%)  vive a carico di qualcuno e certamente non è oppressa dalle tasse; se quasi 36 milioni di abitanti dicono di vivere con redditi inferiori ai 20 mila euro lordi l’anno; se 4 italiani su 10 non si sa come campano e si sa solo che a 62 anni chiedono allo Stato una pensione senza aver versato mai un euro di contributo; chiunque dovrebbe capire che la sinistra dovrebbe più che alla redistribuzione della ricchezza puntare alla Giustizia. “La società giusta” del filosofo Salvatore Veca è del 1982. La sinistra doveva cercare i suoi consensi, diceva Veca, in una società aperta, dove l’uguaglianza andava intesa come equità, correggendo le condizioni di partenza. Ma per queste cose ovvie venne processato dai marxisti.

Se nei piccoli comuni nessuno, ricchi e poveri, paga le tasse e i comuni non hanno entrate, si capisce perchè quasi tutti i comuni italiani sono in deficit? E’ questo lo stato sociale che vogliamo, il welfare che esigiamo? Il welfare degli evasori? Cosa vuoi redistribuire se prima non vedi come fare a produrre la ricchezza? Certo, i sentimentalmente connessi in senso gramsciano di queste cose non si occupano impegnati come sono a prendersela con il neoliberismo.  A  tal proposito ho rinvenuto una definizione corrente del sostantivo che vi propongo per capirci. Eccola:

NEOLIBERISMO= la svendita dell’industria pubblica  perpetrata con la complicità attiva di Draghi, l’entrata nell’euro e poi la progressiva precarizzazione del lavoro che è avvenuta paradossalmente proprio nei governi sostenuti o diretti da Prodi.

E’ proprio vero che la vita è strana, ma con tutte industrie di Stato e reddito di cittadinanza per tutti stò neoliberismo si batte, dai. Ah, dimenticavo, se poi si tornasse alla liretta, sarebbe meglio.