Dal colle romano di Propaganda Live format da Ztl

Propaganda live è ormai un marchio riconoscibile dell’antipolitica (che è stato il brodo di coltura dei grillini) che come tale va fissato e tramandato agli storici futuri. Tutto comincia con “Gazebo”, un talk show e satirico condotto da Diego “Zoro” Bianchi (28 ottobre 1969, tipico Scorpione individualista ed  inconoscibile), andato in onda su Rai 3 dal 3 marzo 2013 al 19 maggio 2017. Poi dal 2017 la compagnia si trasferisce su LA7 e Andrea Salerno, uno degli autori, diventa anche direttore dei programmi. Nonostante ci siano ben quattro giornalisti in studio, Damilano, la Schianchi, Celata e la Reuscher, l’informazione si mischia con l’opinionismo (o cazzeggio) da social (al quale pensa Marco “Makkox” D’Ambrosio, vignettista e disegnatore) e la musica della band formata dal chitarrista e cantautore Roberto Angelini oltre che di ospiti in visita. Diego Bianchi “Zoro” ogni settimana parte per un reportage in una località italiana dal Sud al Nord alle isole documentando gli “ultimi”, fabbriche in crisi, emergenze sociali, drammi collettivi, emergenze umanitarie. Lo sguardo su Roma si posa sul cd “circo mediatico”, quel gruppone di giornalisti e operatori tv che segue la politica a Montecitorio e dintorni. In studio Zoro fa interviste a invitati scelti con cura, dalla Mannocchi a Filippo Ceccarelli, da Michele Serra alla Guzzanti, oltre a noti opinionisti che intervengono senza avere libri in uscita. Nell’anno di pandemia sono molto riusciti gli interventi “teatrali” di Andrea Pennacchi e Valerio Aprea ben accetti al popolo del web che li diffonde ai posteri. La trasmissione, dovendosi allungare  per arrivare all’una di notte, ha bisogno di tante trovate, di numeri in esterna, per esempio affidati a inviati come Memo Remigi, alla Topten finale che compendia una settimana sui social, al Var di puntata che consente i saluti agli spettatori da casa, sino a “creazioni” di canzoncine, tormentoni, montaggi audio e video, talvolta con la presenza di Zero Calcare e del fumettista Gipi. In questo caleidoscopio la cifra stilistica sta tra il guazzabuglio e l’antipolitica, perchè alcuni bersagli satirici ripetuti (da Angelino Alfano a Calenda), la simpatia deandreiana per l’accoglienza umanitaria unita all’ostentato disprezzo per le politiche alla Salvini e Menniti (come se fossero la stessa cosa), il tentativo di rendere leggera l’argomentazione politica, “personalizzano” l’approccio empatico di Zoro.
Ogni ospite è accolto in studio come un vecchio amico, per significare che è stato scelto, non subìto per scelte editoriali. Tutta la produzione dà l’idea dell’affiatamento di una squadra che con-divide le stesse antipatie, anche se poi qua e là appaiono crepe, come la fuoriuscita del tassista Missouri 4 dopo due stagioni o del musicista Angelini dopo che si è scoperto che nel suo ristorante lavorava in nero una ragazza.
Pro-paganda è un ulteriore esempio di quello che Cazzullo ha definito il “romanocentrismo dell’industria culturale italiana” (son tutti romanizzati, anche la parmense Schianchi o la tedesca Reuscher o il milanese Remigi). Poi Zoro suo malgrado è anche il bignamino delle contraddizioni del fronte gauchista dove ogni puro prima o poi viene depurato da uno più puro di lui. La domenica è in tribuna a tifare per la Roma, il giorno dopo va a Terni per incontrare gli operai Wirphool, poi a Lampedusa con il sindaco Giusy Nicolini, a Riace per chiacchierare con Mimmo Lucano. Se il Pd si dice sia un partito da ZTL, lo è almeno quanto alcune trasmissioni tv. Ad ogni modo, che male c’è? Non importa se il gatto sia rosso o nero basta che mangi il topo. Si pensi ad un ricorrente riferimento alla bocca: con la telecamerina  Zoro documenta sempre ogni sosta all’autogrill, al bar, l’addentare qualcosa.

“Dunque, nulla di nuovo da quest’altezza” “ (Franco Fortini)