Il format “messaggio alla Nazione” o “premio Oscar”

(4/10/2020) Elisabetta II è la regina più popolare al mondo nonostante sia il personaggio pubblico noto per avere emesso, nella sua carriera, il minor numero di parole.

C’è un Benigni da recuperare sul web capace di fare l’elenco di tutte le frasi adoperate dai politici (quando se la prendeva con il “debito pubblico di milioni di miliardi, ma si può sapere chi è il creditore, mai una telefonata abbiamo ricevuto! O sul “costo del denaro”: ma perchè, diceva, ci sono negozi che vendono soldi?).

La società italiana, incapace di risolvere i suoi problemi e però sempre pronta ad aprir bocca, ha ormai adottato un format “dirigenziale”, come se le parole fossero bacchette magiche o soluzioni. O le buone intenzioni potessero sostituire le opere. Siamo diventati un popolo di chiacchieroni. Ne abbiamo avuto conferma, ma è l’ultimo arrivato essendo un premier per caso, con i “discorsi” del premier Conte alla nazione durante la pandemia. La “forma” è spesso la lettera (caro amico ti scrivo), ma il format usato è il discorso alla Nazione l’ultimo dell’anno del Capo dello Stato, oppure i discorsi interminabili dei premiati agli Oscar o alle mostre cinematografiche.

Purtroppo la manìa di ringraziamenti, appelli e messaggi è ormai diffusa e pervasiva, rappresentano la metà delle “notizie” (?) che trovi sui siti locali. Nelle scuole di ogni ordine e grado i dirigenti inviano (lunghissimi) messaggi alle truppe, magari copiandoli, ogni ora e ogni giorno, da quando arrivano in una nuova scuola a quando la lasciano, la retorica si taglia a fette come una torta guarnita di panna. Saluti, addii, ma soprattutto Auguri, elargiti un tanto al chilo per Feste, ricorrenze, inizi e aperture, nessuno si sottrae ad un rituale ormai decrepito. All’inizio di ogni anno scolastico, dopo 14 settimane di interminabili vacanze, ormai sembra che gli studenti stiano imbarcandosi per le Americhe o per il fronte. Ma è una sindrome che accomuna politici di tutte le specie e sindaci, presidenti di enti, associazioni, fondazioni, via via sino ad attori, artisti e compagnia cantando. Il messaggio parte verso qualsiasi destinatario, chi lo emette si sente Mattarella con la bandiera alle spalle o un grande Artista premiato, e le parole come tanti coriandoli si disperdono nel vento, lasciando traccia solo quando atterrano sulla strada.

Chi sa risolvere problemi in genere è un tipo silenzioso e misterioso. Basta fare solo 2 nomi: Ferrero e Del Vecchio. Uno produceva cioccolata, l’altro occhiali, erano due miliardari italiani che non hanno mai rilasciato un’intervista e non sono mai andati in tv. Danno lavoro a migliaia di persone e nessuno li ringrazia mai. Non hanno mai avuto bisogno di parlare per farsi pubblicità e sapete perchè? Perchè la migliore pubblicità la fanno i prodotti. Se sono buoni si sviluppa un tam tam e tutti li comprano. Chi invia messaggi o fa proclami di solito a far un buon prodotto non ci pensa per nulla.

Siamo stati capaci di cambiare il significato della retorica, che prima era l’ eloquenza nel parlare o nello scrivere, oggi è diventata il moderno modo di scrivere e di parlare ampolloso e risonante, enfatico e sostanzialmente vuoto.

LA SCUOLA DI DOMENICO STARNONE (Ex cattedra, 1987) Di memorabile, in queste stressanti riunioni che di solito durano da qui all’eternità, c’è sempre e soprattutto il primo punto all’ordine del giorno: le micidiali «comunicazioni del preside» che anche se prese in piccole dosi potrebbero uccidere un cavallo robusto e nel fiore degli anni. In questa occasione il preside si è limitato a ricordarci per un’ora e cinque che siamo degli educatori e che, come ogni insegnante sa, il mondo si divide in educativo e diseducativo. Se uno non tiene conto dei bisogni della spesa pubblica – ha concluso – vuol dire che non ha ancora ben capito che cosa è un educatore.
Colleghi, io ho insegnato matematica per trent’anni: è lì che si impara, badando al soldo, sacrificandosi, risparmiando. Il resto, colleghi, è solo poesia.