A Baricco manca Graziosi di “Occidenti e modernità”

“Adesso è difficile individuarlo, ma c’è stato un giorno, recente, in cui Gaza ha smesso di essere il nome di una terra per diventare la definizione di un limite: la linea rossa che molti di noi hanno scelto come confine invalicabile. Da quel giorno, lottare al fianco di Gaza non è più stata una scelta politica, da legittimare o da porre in discussione”. Alessandro Baricco ha parlato di quello che Gaza rappresenta oggi, a poche ore dal cessate il fuoco. “È diventata”, scrive, “una mossa mentale in cui una certa umanità ha preso distanza da un’altra, rivendicando una propria idea della Storia e richiedendo indietro il mondo a chi glielo stava scippando“.

Egli rende merito alle nuove generazioni: “I primi a capirlo sono stati i giovani, quelli tra i 15 e i 25 anni. Faceva strano vederli tirare fuori quelle bandiere palestinesi, d’improvviso usciti dal loro letargo politico”. “Voglio dire”, aggiunge, “erano ragazzi con cui era difficile parlare di Salvini, di Meloni, perfino di Trump. Non sembravano interessati. Cambiamento climatico e identità di genere, quelle erano le cose che li appassionavano”.Quei ragazzi erano un quarto d’ora davanti a tutti”. 
Secondo lo scrittore ci troviamo a uno spartiacque: “Da una parte la terra emersa del Novecento, con i suoi valori, i suoi principi e la sua storia tragica. E dall’altra un continente, ancora spesso sommerso, che sta staccandosi dal Novecento, spinto della rivoluzione digitale, motivato dal disprezzo per gli orrori passati e diretto da un’intelligenza di tipo nuovo”. Il Novecento, che lui descrive come un “animale morente”, è “entrato in agonia” e “fiutata la fine, ha iniziato a menare colpi violenti, diventando estremamente aggressivo”. Per Baricco “sia l’aggressione russa all’Ucraina sia la guerra tra Hamas e Israele affondano le loro origini in pieno Novecento. Ancora vi si percepisce l’onda d’urto di fenomeni come l’Imperialismo e il Colonialismo che sono stati marchi di fabbrica del pensare Otto-Novecentesco. Vi si riconoscono facilmente conti rimasti aperti dalla Seconda Guerra Mondiale o dalla Guerra Fredda. E vi risulta spalancato il catalogo di prodotti con cui il Novecento ha venduto se stesso per lungo tempo: il culto dei confini, la centralità delle armi e degli eserciti, la religione del nazionalismo. È tutto un unico pacchetto: è il colpo di coda dell’animale morente. L’onda lunga di un disastro”. Poi verso la fine Baricco scrive:

“Vorrei essere chiaro, non significa consegnarsi ciecamente alla civiltà digitale, significa usarla per sfilarsi via per sempre dai nostri errori. Ma non è quello che stiamo facendo. Sentire la parola riarmo filtrare dalle più rappresentative menti del continente è una vergogna, e a livello intellettuale un fenomeno incomprensibile. Essere costretti ad ascoltare i toni virili con cui si promette di difendere ogni singolo metro della nostra amata terra europea è inaccettabile. Piuttosto, ci sarebbe da dire con tutt’altra mitezza che difenderemo ogni singolo metro della civiltà che stiamo immaginando, e non lo faremo con le armi, ma con l’ottusa pazienza con cui l’animale cerca l’acqua e i fiumi il mare“.

Non so bene cosa sia questa ottusa pazienza, ma leggendo Baricco ho subito pensato che gli farebbe bene la lettura di un libro (Occidenti e Modernità, il Mulino, 2023) di Andrea Graziosi, docente di Storia contemporanea nell’Università di Napoli, Federico II. Un grande testo che ci sprona a rivedere le nostre idee, le categorie con le quali interpretiamo il passato dei diversi “Occidenti”, oltre che il presente, al fine di scorgere un mondo nuovo. “Il Covid e l’aggressione russa all’ Ucraina ci impongono di riflettere sulle crisi delle società occidentali e sulla necessità di trovare nuove categorie, dopo quelle del Novecento, per interpretare la realtà e le nostre stesse vite. Dobbiamo riflettere sulle cause e sulle conseguenze dei cambiamenti che hanno investito l’Occidente dopo la Seconda guerra mondiale. Dobbiamo infatti capire su che cosa fare leva per salvare un tipo di Occidente e di Modernità che, pur essendo in crisi, è il sistema che ha assicurato il massimo di libertà e di diritti sociali e civili, come dimostra il progetto dell’Europa unita. Covid e Putin ci hanno rivelato la fragilità delle nostre società e di molte nostre idee su un mondo definito a Mosca addirittura “satanico”. Vanno riviste le categorie di “progresso” e di “miglioramento continuo”. Gli “Occidenti” sono stati più d’uno, avverte l’autore; il nostro nuovo Occidente (lo chiama Moderno maggiore maturo) è  iniziato nel ’45, legato alla versione del Moderno nata negli Stati Uniti. La sua crisi ha diverse cause: la discesa della fertilità sotto la quota di riproduzione e la crescita della speranza di vita oltre gli 80 anni. Mai successo prima. Ora, questa versione della modernità non è frutto di “inevitabili processi demografici”, ma del progresso tecnico e scientifico che ha reso possibile nuove e migliori condizioni di vita. Il risultato è una società che invecchia, perde vitalità e capacità di cambiamento, e anzi ha il terrore del cambiamento. Ricompaiono istanze reazionarie che si riteneva sparite per sempre, si manifestano grandi difficoltà nella creazione di collettività multiformi e plurali e la politica si rivela incapace di comprendere il “mondo nuovo”. Graziosi dimostra più volte che ovunque nel mondo alla crescita del Pil corrisponde il crollo del tasso di natalità, perchè le persone che finalmente riescono a sbarcare sull’isola della Modernità hanno voglia di badare a sé stesse piuttosto che curare nidiate di pupi.

Raggiunta la maturità il Moderno maggiore è entrato in una fase di declino con invecchiamento e aspettative decrescenti. Il nostro è un mondo di vecchi; un mondo spaventato, impoverito e rancoroso. L’angoscia generata dalle aspettative decrescenti, scrive Graziosi, “ si rafforza perchè cresce il timore per la mobilità sociale verso il basso… negli Stati Uniti quasi il 60% dei bambini bianchi e più dell’80% di quelli nati in famiglie ricche sono destinati nel corso della vita a finire in gruppi sociali inferiori a quelli in cui sono cresciuti… in Italia la situazione era molto simile già negli anni Novanta, con circa il 60% dei membri nati nella borghesia che scivolavano nel corso della vita in gruppi sociali di livello inferiore”.

Poi è entrata in crisi la politica con il declino dei partiti e delle masse, dei sistemi liberaldemocratici, sotto i colpi dei risentimenti, delle paure, della disaffezione elettorale, con il dilagare dei diversi populismi guidati da leader in cartelli elettorali personali. Graziosi pertanto verso la civiltà digitale non ha l’ottimismo di Baricco. Anzi, al contrario, vede in crescita i discorsi di rifiuto e di chiusura,  il senso di emarginazione e frustrazione di fronte ad una tecnologia che richiede sempre più competenze e sofisticazione, la reazione di chi non ce la può fare, anche solo per motivi legati a disagi psichici o comportamentali. Sono inutili i discorsi meritocratici di un progressismo altrettanto semplicista che predica in forme nuove la vecchia storia di come tutto sia facile se solo c’è la volontà. Insoddisfacenti (perchè fanno esplodere le contraddizioni tra discorso metafisico e realtà) anche gli attuali discorsi progressisti su diritti, pari opportunità, merito e uguaglianza, su discriminazione positiva, diversità, economia, programmazione, ambiente.  Il discorso sui diritti collettivi in generale è una delle fondamenta del discorso progressista solo che l’allargamento continuo di diritti può verificarsi, come è successo per due secoli del Moderno, e poi interrompersi in quanto i diritti sociali sono a prestazione e quindi costosi (mentre i diritti politici e civili sono poco costosi). Infine Graziosi risulta convincente quando sostiene che per la questione demografica serve “una grande politica della vita” (Chaunu), deve tornare il desiderio umano di avere almeno due figli. È necessaria inoltre una intelligente politica di regolazione dei flussi migratori, accompagnati da integrazione sociale e culturale. L’ ingresso dei giovani nell’età adulta va accelerato fluidificando il mercato del lavoro. Occorre poi arrivare presto ad un nuovo equilibrio multilaterale riconoscendo, accanto agli Usa, il ruolo di protagonisti a Cina, Europa, India, Africa, Russia senza tentazioni imperiali. In particolare è urgente salvare il grande progetto storico di una Europa unita nella diversità. Questo può avvenire accelerando il processo di integrazione politica anche nel campo della difesa e della politica estera. Come è possibile salvare Occidente e Modernità, il binomio che pur con tutti i suoi difetti è riuscito ad assicurare dignità e libertà a un numero incredibilmente grande di persone? Come è possibile salvare il progetto europeo, contrafforte fondamentale della Modernità Occidentale?

A queste domande Baricco non risponde, per cui ha ragione Francesco Cundari quando ha scritto: Più straniante, oltre che datato, mi pare il modo in cui Baricco si mette a descrivere i magnifici risultati della rivoluzione digitale. Per capirci, arriva a dire in proposito, oggi, al tempo di Elon Musk e degli altri tecnoligarchi insediati attorno alla Casa Bianca, testualmente: «Abbiamo reso estremamente difficile creare sacche protette dove far accadere la Storia al riparo da sguardi indiscreti; e abbiamo reso più impervio l’esercizio del dominio da parte di qualsiasi élite». Sarà.