«Tutti sapevano, ma nessuno ha fatto niente». È questa l’amara conclusione ( un vero compendio della cultura bruzia) cui giunge il pubblico ministero della Procura della Corte dei Conti, Gianpiero Madeo, nell’ipotizzare un danno erariale di oltre un milione e mezzo di euro nei confronti di un “dipendente fantasma” e, in concorso, nei confronti di altri otto funzionari dell’azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, accusati di aver «intenzionalmente scelto di tacere perché condizionati dalla paura o probabilmente da quel sentimento di indifferenza, omertà, disinteresse, rinuncia, accondiscendenza con il crimine, quieto vivere che spesso connota la condotta di chi si gira dall’altra parte senza far nulla, in particolare, quando sono in discussione interessi pubblici e non privatistici» (laCnews, 28/5/22).
Assunto nel 2005
Nel luglio del 2005, infatti, il dipendente viene assegnato al nascente centro operativo emergenza e incendi ma già dopo qualche giorno dichiara candidamente al responsabile di non essere disponibile a lavorare. E dalle parole ai fatti: dopo circa cinque mesi dall’assegnazione il responsabile del centro «sarebbe stato raggiunto in ufficio da un individuo che non conosceva, il quale gli intimava di non creare problemi al non lavoratore minacciando lui e i suoi figli e fornendo dettagli sulla sua vita privata». La stessa Guardia di Finanza avrebbe poi riscontrato come il dipendente «si era ripetutamente interfacciato per telefono con diversi soggetti aventi rilevanti precedenti di polizia, riconducibili agli ambienti della criminalità organizzata calabrese», attraverso l’esame dei tabulati telefonici.
Premio produttività
Il caso viene successivamente in luce solo nel giugno del 2020, quando l’uomo si ripresenta al lavoro dopo 15 anni e pretende di ricevere «ulteriori somme, derivanti dall’inquadramento in un maggior livello». «Tale vicenda è esplicativa – annota il pubblico ministero – al fine di comprendere quale fosse il senso di impunità che ha caratterizzato la condotta del soggetto e il disprezzo che lo stesso aveva della cosa pubblica e dei propri obblighi». Solo allora inizia la procedura di segnalazione alla commissione di disciplina che si completerà nell’ottobre del 2020 con il licenziamento senza preavviso.
Clima di inquietante omertà
«I militari nell’ascoltare tutti i soggetti coinvolti in tale vicenda hanno sostanzialmente ricostruito un clima di inquietante omertà all’interno dell’ospedale, squarciato solamente dopo ben 15 anni, quando la vicenda è giunta a conoscenza dei vertici della struttura sanitaria, cioè del direttore amministrativo Mantella e del commissario Zuccatelli».
Dopo l’avvio del procedimento penale, se ne profila adesso anche uno contabile di più ampia portata nei confronti di nove persone a cui la Procura ha trasmesso un invito a dedurre. Oltre al danno erariale derivante dall’aver versato puntualmente lo stipendio ad un dipendente assente, se ne ipotizza anche uno d’immagine all’azienda ospedaliera che è quantificato in un milione di euro. In tal senso, la Procura passa in rassegna tutte le testate giornalistiche dove è comparsa la notizia dell’avvio del procedimento penale; dieci pagine di agenzie, emittenti televisive, testate online regionali, nazionali e perfino internazionali tra cui, per citarne alcune, figurano anche Bbc, The Guardian, The New York Times, El Mundo e Der Spiegel.
La zona grigia
Questa vicenda conferma il ragionamento che ho fatto sulla cd zona grigia calabrese (Zona grigia, il grande alibi in Calabria per non combattere la mafia, i Calabresi.it) in rapporto alla ‘ndrangheta. L’omertà e il girarsi dall’altra parte, il farsi i fatti propri, non agevolano e irrobustiscono, come si pensa, la mafia. La sorreggono e le sono necessari. Senza omertà la mafia non può vivere, ne ha bisogno come ciascuno di noi deve nutrirsi. Chi sa e non re-agisce è mafioso quanto i mafiosi, perchè il caso di questo dipendente non è, come si potrebbe credere, un caso isolato.
Le scuole fantasma
Tanto tanto tempo fa si creavano le scuole “fantasma”. Il meccanismo era molto semplice perchè un preside doveva “dichiarare” solo il numero degli alunni nuovi iscritti. Se invece di 100 scriveva 200 ti davano 4 classi in più con i corrispondenti prof e personale Ata in più. Questa pacchia senza controlli è andata avanti in Calabria per decenni (è finita quando si son dovuti dichiarare anche i codici fiscali dei nuovi alunni iscritti) creando le cd “scuole fantasma”. Tutti sapevano ma tutti stavano zitti perchè si creava “occupazione mascherata” , docenti senza alunni che prendevano lo stipendio senza insegnare. Per chi ama il genere western al cinema, è la classica situazione della cittadina dove il prepotente impone le sue regole ai pacifici cittadini e al pavido sceriffo sino a quando non arriva un provvidenziale Clint Eastwood per ristabilire la giustizia.
Secondo la mia opinione, il pizzo ai commercianti, l’usura e tutte le imposizioni mafiose in Calabria hanno lo stesso peso di tali ricatti perpetrati non da killer sanguinari ma da prepotenti protetti (o compari) dei mafiosi. Per cui e per capirci, tutte le false pensioni di invalidità, tutta la gente falsamente occupata ( i forestali calabresi sono stati emblematici), tutte le esenzioni, le L.104, i vari redditi di cittadinanza, i falsi ciechi, i falsi incidenti, i falsi oggetti di lusso in vendita, formano un’economia parallela insieme con il lavoro in nero, le cartiere di fatture false, le scatole cinesi, i falsi fallimenti, le false procedure d’esecuzione. Insomma, i furbi, le furberie, le truffe, fin quando non li consideriamo categorie che come tanti affluenti alimentano i fiumi mafiosi sino ad accrescerne la portata e l’importanza, ci ingannano perchè l’aggettivo “furbo” in Calabria ha una connotazione positiva. Il furbo è invece un rapinatore come un altro. Non si fa emergere l’antisocialità del comportamento individuale perchè è evidente che un posto occupato da Tizio in un ufficio pubblico (senza mai andare a lavorare) provoca vari danni alla cosa pubblica: un posto è occupato e viene sottratto ad un disoccupato; ciò che deve produrre quel lavoro o viene compensato dal lavoro dei colleghi oppure si perde; lo stipendio invano erogato dallo Stato è un importo addebitato alle generazioni future; ma soprattutto è la certificazione che nella nostra società comandano alcuni e tutti gli altri sono schiavi.
Non fare l’infame
Se quel malumore che i calabresi manifestano quando devono pagare le tasse lo manifestassero allo stesso modo verso questi rapinatori, diventerebbe lo slancio per cambiare le cose. Non è questione di paura, come spesso si dice per giustificare il comportamento dei pavidi. La paura è la conseguenza dell’indifferenza generale, per cui chi fa il proprio dovere e nulla di più in Calabria è un eroe. Se l’impiegato rapinatore venisse denunciato da tutti i suoi colleghi e dirigenti, verrebbe isolato e la mafia non potrebbe prendersela con tutti. No, è solo una questione culturale. Gli schiavi calabresi si credono furbi almeno quanto il dipendente fantasma perchè tutti condividono il concetto che la furbizia significa farsi i fatti propri. Non fare la spia è un precetto mafioso introiettato dentro la cultura meridionale, per cui rassegnazione, fatalismo, noncuranza, menefreghismo, individualismo, ignoranza, si sommano nel seguire l’unico comandamento che si tramanda di padre in figlio: non fare l’infame. La ‘ndrangheta vince perchè ha cambiato le nostre coordinate culturali imponendo con la violenza le proprie. Chi crede nella democrazia liberale ci tiene che il voto sia libero così come le elezioni, i mafiosi non lo vogliono e ormai hanno persuaso tutti che la democrazia possa fare a meno del voto libero. La goccia d’acqua col tempo scava la roccia. E così via, come diceva Falcone i mafiosi sono stati capaci finanche di stravolgere un sentimento (quanto l’amore) bellissimo e sano, l’amicizia, in un concetto che la rende sporca, escludente, malata, settaria, ipocrita.