Richy Gervais: ecco perchè li includo

Le parole ormai sono diventate pietre. Politicamente corretto e cancel culture sono parole sulla bocca di tutti. Rappresentano, per la maggior parte delle persone che le pronunciano, quello che Berlusconi rappresentava negli Anni 90: la causa di tutti i mali, anzi l’origine del male, il motore immobile di una catastrofe culturale, più percepita che reale, meglio descritta in una frase parimenti ricorsiva: «Non si può più dire niente».

Il 7 gennaio 2015 due uomini franco-algerini fecero a Parigi una strage al giornale satirico Charlie Hebdo colpevole di aver pubblicato vignette dissacranti al limite della tolleranza religiosa. Da allora ci interroghiamo sui limiti della satira e quelli che sosteniamo che la satira non debba averne siamo una minoranza. La satira che si autolimita per me diventa  un’altra cosa, anche se ormai è evidente viviamo nell’era della suscettibilità.

“Quel comico non fa ridere”. No, la comicità è soggettiva, è meglio dire: quel comico a me non fa ridere. “Quella battuta è offensiva”. No, devi dire che tu la consideri offensiva. Si tratta di sentimenti, che sono personali. Ci sono vari tipi di comicità e la comicità si evolve nei secoli. Ora c’è un nuovo tipo di comicità. La comicità consapevole, che è molto progressista. Ci sono locali dove i comici prima di esibirsi firmano un modulo dove dichiarano che non diranno cose controverse o offensive per qualcuno. E’ un luogo sicuro per il pubblico, ma forse si ride poco.
La comicità cambia col tempo. Oggi non ridiamo più di cose che facevano ridere mezzo secolo fa o l’anno scorso. Cambia, si modifica come si modificano le nostre credenze e conoscenze. Una volta del cervello umano non si conosceva nulla per cui l’uomo era il maschio bianco eterosessuale. Se uno era nero, era un essere inferiore. Se uno era gay era considerato malato, da rinchiudere in manicomio, così come le lesbiche. Le donne una volta erano quelle che avevano la vagina e non il pene, oggi ci sono belle donne col pene.

Ricky Gervais nel suo nuovo monologo su Netflix (Supernature) fa un trattato (per me) divertente sulla comicità dei nostri tempi, ma soprattutto, per me, mette a fuoco i nostri tempi molto meglio di tanti libri e articoli e saggi. Cancel culture, discriminazioni varie, quote rosa, social dove ognuno può sfogare la sua rabbia repressa, ecco il mondo in cui viviamo.

A cosa servono i comici? In “George Carlin’s American Dream” c’è Chris Rock che dice che hanno preso il posto dei filosofi: chi è che oggi si mette ad ascoltare i filosofi? Su Twitter, ha scritto Guia Soncini, ci sono ogni giorno militanti offesi perché un qualche comico ha mancato di rispetto al loro settore d’appartenenza: vogliamo essere rassicurati e rappresentati, due ruoli più adatti alle maestre elementari che ai filosofi e ai comici; non vogliamo essere spiazzati né irrisi, il che rende quello del comico contemporaneo un mestiere impossibile. Non è questione di irriverenza, ma un filosofo-comico ci deve chiedere finalmente: se la tua categoria non intende essere presa in giro come possiamo includerti? Non vuoi essere discriminato come categoria, ma se facessimo battute su tutte le altre escludendo la tua, ti discrimineremmo ancora. Per categoria intendiamo maschi, donne, trans, gay, obesi, disabili,cattolici, musulmani, ebrei, ecc…

Ricky Gervais è un estremista che usa sempre il paradosso e all’inizio ci ricorda che i neri sono il 5%, gli asiatici il 5%… e perciò anche lui è una minoranza (quindi: oppressa) essendo un etero bianco ricchissimo: “Saremo meno dell’uno per cento. Mi lamento io? No. Mi dico…lascia stare…fatti forza Rick. Sono praticamente Rosa Parks (lottò perhè i neri potessero sedersi in autobus)  solo che io ho lottato per non dovermi mai sedere». Tutta la tirata che fa per dimostrare che non si deve puntare a vivere 100 anni privandosi dei piaceri della vita è una cosa politicamente scorretta per la quale in Italia ti metterebbero in croce, così come i pensieri con i quali spiega il suo ateismo. Insomma, gli italiani colti, ignoranti, ricchi, poveri, progressisti o reazionari, a Gervais non lo amano nè lo capirebbero: noi ridiamo con le battute sulla Rubentus o sulle cene eleganti di Berlusconi o quando parla Vincenzo De Luca.

Ricky Gervais se ne frega degli italiani perchè  è diventato ricchissimo in quanto i suoi spettacoli sono molto visti in tutto il mondo perchè pieni di comicità, che soltanto gli italiani non possono apprezzare perchè i nostri comici sono indietro di almeno 20 anni (Zalone e Crozza o Lundini, per fare tre nomi super, non possono neppure avvicinarsi nei terreni che coltiva Gervais altrimenti li epurano). Un comico italiano non  può fare una battuta su un suo collega che si masturba mimando il gesto; in Italia non mettiamo più le calze nere alle Kessler, ormai la De Filippi si fa spiegare da uno se si è scopato e come e quando quella con cui è uscita, ma gesti non se ne possono fare. Gli italiani alludono, siamo la patria dei doppi sensi e dei Pierini che fanno battute mentre spiano Edwige che si fa la doccia, in America per far ridere tutto è consentito.

Ed è consentito affrontare qualsiasi tema, non ci sono tabù, zone protette. Pensate a quella battuta di Gervais sul riconsiderare il suffragio universale solo dopo aver tolto per qualche tempo dai flaconi di candeggina l’avvertenza «non bere». Che speranza di miglioramento della società può mai venire da adulti bisognosi che si dica loro di non bere la candeggina? C’è più filosofia in questa battuta che in certi trattati di Cacciari.

Adesso vi darò qualche esempio delle cose che dice Ricky.

Ironia ce ne sarà molto durante lo spettacolo, vedete se la notate. Ironia è quando dico qualcosa che non penso solo per farvi ridere e voi, il pubblico, ridete della cosa sbagliata, perchè sapete cosa è giusto.

Poco fa ho usato un clichè sessista per dire che le donne non fanno ridere. Non è vero, so che ce ne sono molte divertenti, tipo… (silenzio).
Oggi la gente vuole farvi credere che le parole siano violenza. Avete riso di una mia battuta sul picchiare un bambino disabile. Ma in realtà non si è fatto male nessuno. Se avessi iniziato a picchiare un bambino disabile per davvero, non ridereste, no?
Dicono: stiamo proteggendo le minoranze, come a dire che le minoranze non hanno senso dell’umorismo.
La gente si lamenta di cose che non deve guardare. Non li riguarda. Tutti hanno il diritto di offendersi e protestare, ma devono capire che non cerchiamo di offendere. Non è il nostro obiettivo, noi cerchiamo di farvi ridere, cerchiamo di farvi divertire. Funziona così, ok? (Esempio) Se dirò qualcosa che troverete più offensivo di qualsiasi cosa abbiate mai sentito nella vostra vita, non fate scenate. Andate in biglietteria, non potranno darvi subito indietro i soldi, compilate il modulo per il reclamo, io li raccolgo tutti e poi ci cago sopra. Ecco le regole della comicità.

Il fat shaming
In una scuola hanno provato a vietare la parola “obeso“perchè lo consideravano offensivo per…non so come chiamarli…bambini rotondi, va bene? Ma quella è la parola educata, l’abbiamo inventata per non dover dire “stronzetti ciccioni”… Non cambiate le parole solo perchè qualcuno si offende. E la parola “obeso” non è offensiva per i grassi. Loro sono contenti. Se vedete un bambino grasso, chiedetegli: “Tutto ok, grassone?” E lui tutto contento ridendo vi dirà: “Sì”.

“Parlo di Aids, carestia, cancro,Olocausto,stupro e pedofilia, ma non posso scherzare sulla politica identitaria. Mai scherzare sulla questione trans. “Vogliono essere trattati equamente”. Sono d’accordo. Ecco perchè li includo. Sanno che sulle altre cose scherzo ma, per quella, pensano che dica sul serio. Come se una battuta fosse una finestra sull’animo del comico. Non è così. Mi metto nei panni di chiunque per far ridere di più. Fingo di essere di destra, di sinistra, di essere intelligente, o stupido,per far ridere di più, senza pregiudizi”.

Ok, piena trasparenza. Certo che sostengo i diritti delle persone trans. Sostengo tutti i diritti umani, quindi anche per persone trans. Vivete le vite che preferite, uate i pronomi (lui, lei) che preferite, siate del genere che sentite vostro, ma veniamoci incontro, signore. Togliete il cazzo.

E’ assurdo pensare che farci una battuta significa essere contrari.
Adoro le nuove donne, sono fantastiche, vero? Le nuove che si vedono ora, quelle con la barba e il cazzo. Sono adorabili, le adoro. E quelle all’antica ora fanno:

“Vogliono usare i nostri bagni!”

“Perchè non dovrebbero?”

“Sono per le donne”

“Loro sono donne. Guarda i pronomi. In che modo questa persona non è una donna?”

“Beh, LUI ha un pene”

“LEI ha un pene, bigotta di merda”

“E se LUI mi struprasse?”

“E se LEI mi stuprasse? Brutta TERF del cazzo!”

NOTA per capire 

TERF acronimo di trans-exclusionary radical feminist (femminista radicale trans-escludente)

SWERF acronimo di “Sex Worker Exclusionary Radical Feminist” (femminista radicale sex worker escludente). Una persona si professa femminista, ma non crede che le donne impegnate in qualsiasi forma di prostituzione volontaria dovrebbero essere incluse tra le femministe e nella lotta per l’uguaglianza. In genere viaggiano accanto alle Terf, giacché sono tante le trans che si dedicano alla prostituzione.