Gioco e giocate nel calcio e a scuola. Le squadre o le imprese collettive

Un vecchio acceso contrasto tra un ex commentatore Sky, Daniele Adani, e l’allenatore della Juve, Allegri, ha estremizzato le loro posizioni, come se il contrasto vertesse tra “gioco” e “giocatori”. Anzi, tutto è nato da una distinzione che Adani ha fatto tra giocate e gioco. Disse infatti una volta: …secondo me il campionato verrà deciso «più sulle giocate che sul gioco»; quindi chiedo ad Allegri se la Juve «può giocare meglio, può riuscire a essere padrona del proprio destino…», se può arrivare «a meritarsi la giocata decisiva… più che a trovarla».

La premessa sembra contenere una dicotomia tra giocate e gioco che vengono però riconciliate nella domanda successiva, in cui la giocata può e deve diventare una conseguenza del gioco.
PICCOLO VOCABOLARIO CALCISTICO
Per giocata si intende il gesto determinante e puntuale di un giocatore che risulta decisivo per orientare i destini di un match;
Per gioco si intende una dimensione maggiormente collettiva e generale di conduzione tattica di una partita da parte di una squadra.
Per “tattica collettiva” si intende il movimento organizzato di due o più giocatori (quindi anche di un intero reparto e/o dell’intera squadra) finalizzato al raggiungimento di uno scopo comune, difensivo o offensivo.
Con “tecnica” si definisce la corretta esecuzione del gesto da parte del singolo giocatore.
Con “tattica individuale” si definiscono i processi di scelta e decisione che sono chiamati ad effettuare nel contesto reale della gara i giocatori.
Gli “schemi” definiscono soluzioni di gioco pre-ordinate, studiate a tavolino e riproposte in campo in modo rigido (ad es. sulle palle inattive).

Davvero in quella occasione Allegri ha detto davvero che la tattica non serve, che ad una squadra bastano Messi e Cristiano Ronaldo? Soprattutto, conoscendo il suo calcio, è possibile abbia detto e pensi davvero una cosa del genere?
L’alto numero di variabili in gioco, e le numerose interazioni possibili con i compagni e con gli avversari, richiedono inevitabilmente che tutti i componenti di una squadra abbiano un linguaggio comune e adottino i medesimi principi di gioco. Questa è, in maniera più profonda, la tattica, e non è possibile farne a meno senza pregiudicare l’efficacia della prestazione. Non va confusa con lo schema, una soluzione di gioco prestabilita, che rischia di diventare meccanica e che rappresenta, nella migliore delle ipotesi, solo un mezzo per tradurre in pratica i principi di gioco.
Nella realtà il calcio è sempre più basato sui princìpi di gioco, cioè le caratteristiche che una squadra vuole possedere nello sviluppo del proprio calcio e che disegnano la struttura di gioco della squadra stessa. Esempi di principi di gioco possono essere “attaccare lo spazio lasciato libero dall’avversario uscito in pressione” o “marcare gli appoggi e aggredire il portatore di palla immediatamente dopo avere perso il possesso”. Allenando per principi si rendono chiari gli obiettivi e, in accordo con la complessità del gioco, si riducono le soluzioni prestabilite per lasciare spazio alle scelte dei calciatori che devono essere coerenti con il principio da perseguire.
CONCLUSIONE
Tattica e calciatori non vanno visti come due entità separate, ma dovrebbero influenzarsi a vicenda. Le scelte e la tecnica degli interpreti dovrebbero concorrere al disegno, all’affinamento e all’esecuzione puntuale del quadro generale. La definizione chiara del linguaggio comune della squadra (calcio verticale, difesa bassa o alta, fraseggio insistito) aiuta i calciatori ad esprimersi al meglio e, nel caso dei campioni, li mette nelle condizioni migliori di far vincere le partite alle proprie squadre. Si passa dall’importanza quasi esclusivamente tecnica del calciatore nella qualità dell’esecuzione di uno schema, al ruolo decisivo, insieme tecnico e tattico (tattica individuale) nella scelta della migliore soluzione da attuare per soddisfare le migliori esigenze della squadra nel rispetto dei principi comuni.
Senza un adeguato sviluppo delle capacità di scelta del singolo calciatore, la tattica collettiva rischia di diventare una serie di regole che il giovane segue senza capirne il senso profondo, in maniera meccanica.
Ogni allenatore possiede dosi variabili di principi immutabili e prova, in misure diverse, ad adattare la propria squadra alla specificità della particolare gara.
(cit. tratte da: La visione del calcio di Allegri, Fabio Barcellona, L’ultimo uomo, 4/5/2018)

LA SQUADRA DI CALCIO E UNA SCUOLA

Se adesso ci pensate un pochino, anche chi è poco interessato al calcio converrà che questa diatriba (le giocate sono più importanti del gioco?) si presenta allo stesso modo nella scuola italiana dove ci sono quelli che puntano tutto sull’insegnante (e sulla sua tecnica individuale) e altri che invece puntano sul gioco e sui princìpi di gioco. In una scuola conta di più avere Messi e  Ronaldo o è più importante avere un gioco?

Anche una scuola se non ha una tattica e i suoi princìpi di gioco non può esaltare la tecnica individuale (abilità, competenze) dei suoi insegnanti più bravi.
Anche in ogni scuola, come in ogni squadra di calcio, ci sono molte interazioni tra gli insegnanti (giocatori), tra gli insegnanti e gli alunni, i genitori, il preside, i bidelli. Una scuola se non si dà una organizzazione basata su “princìpi” condivisi (per es.: i voti sono misurazione e non servono a premiare o punire ma solo a far migliorare), lasciati poi alla libera interpretazione di ciascun insegnante (l’abbiamo definita tattica individuale), rinuncia a dare un ordine ai suoi interpreti e al contrario esalta la disarmonia dei comportamenti individuali degli insegnanti. Rinuncia anche ad avere una sua fisionomia ben precisa ed identificabile.

Nell’Unione sovietica di Breznev se tu andavi nel migliore ristorante di Mosca i camerieri ti mettevano sul tavolo tutte le portate che avevi scelto e poi non li vedevi più. Dopo aver pagato il conto, sgombravano il tavolo. Questo succedeva perchè erano tutti impiegati statali ed avevano lo stesso stipendio. Pertanto lavoravano lo stretto indispensabile. Oggi, nello stesso ristorante di Mosca, si lavora come si deve, con attenzione ai bisogni del cliente. Anche nelle scuole italiane gli insegnanti sono pagati come quei camerieri e sono indotti a fare il meno possibile. Se lo stipendio è basso, meno ore di lavoro riesci a fare, meglio è. I Ronaldo della scuola, spesso palloni gonfiati senza essere veri fuoriclasse (in ogni caso guadagnano una miseria), non lo capiranno mai che ciò che essi definiscono “burocrazia” sono solo gli “schemi” (es.: gli scrutini, le riunioni), mentre invece la “tattica collettiva”, il gioco collettivo, i princìpi di gioco sono necessari ed imprescindibili. E che se vuoi esaltare i grandi giocatori non puoi rinunciare ad avere un gioco. Se cercate di spiegare questi concetti ai sindacati vi diranno che siete un neoliberista e che Ronaldo (il calciatore) dovrebbe guadagnare quanto Bernardeschi (come succede nella scuola). Ecco spiegata la ragione per la quale la scuola italiana è un non sense e non funziona. Perchè va contro la legge di gravità e il mercato.