Si rimpiange ormai la classe politica della prima Repubblica comparata a quella attuale e nessuno dotato di buon senso potrebbe giungere a conclusioni diverse, se un Giuseppi Conte o un Salvini venissero confrontati con un Pannella o un Fanfani, per dire. O Schlein con Natta, Occhetto o chi volete voi.
Ma non mi piace sfondare porte aperte, il paragone lo possiamo fare agevolmente con altre categorie. Prendiamo gli arbitri di calcio, giustamente oggi il critico Aldo Grasso scrive “abbiamo sempre avuto degli arbitri molto scarsi, questo è il problema“. Nella mediocrità generale di tali figurine, un Concetto Lo Bello (sino al 1974) è secondo me troppo superiore a Collina (sino al 2003) e Rizzoli ( sino al 2016). Da nove anni ormai siamo sprofondati sino agli Orsato, Chiffi, Valeri, Guida, Doveri di oggi. I quali, rispetto a un Lo Bello, guadagnano molto di più e finita la carriera si accasano in tv per un altro lavoro. Ma c’è un’altra categoria che dimostra, se ce ne fosse bisogno, la stupidità dei tempi in cui stiamo vivendo, quella dei giornalisti sportivi. Per chi ha avuto modo di leggere Gianni Brera e Antonio Ghirelli, Candido Cannavò, Gino Palumbo, sino a Giorgio Tosatti e Gian Paolo Ormezzano, un Zazzaroni di oggi esprime bene il baratro in cui siamo precipitati.
Mi rendo conto che questi raffronti potrebbero continuare con il cinema e la letteratura, la pittura e la scultura, ma non è colpa mia se siamo passati da Visconti a Ozpeteck o Paolo Genovese (Perfetti sconosciuti), da Moravia e Elsa Morante a Susanna Tamaro e Elena Ferrante.
Invecchiando si corre il rischio di rimpiangere ingenuamente il passato, e quindi ogni epoca tende nel paragone con quella precedente a ritenersi inferiore. Ma è pur vero che se ancora oggi nel 2025 riconosciamo il valore insuperato di Leonardo (1452-1519), Michelangelo (1475-1564), Raffaello (1483-1520), Caravaggio (1571-1610), dobbiamo convenire che tra la fine del ‘400 e del ‘500 l’umanità ha vissuto un periodo che resta straordinario nelle arti. Stiamo parlando del Rinascimento, la rinascita dopo il Medioevo. Magari tra qualche anno avremo una nuova rinascita anche noi, chissà.
Ma del doman non v’è certezza, torniamo all’oggi. Sul cinema, ha scritto Guia Soncini, il problema è che nessuno capisce più come non buttare i soldi in roba che non funziona, in un secolo in cui il pubblico è troppo imbecille per riuscire a prevederne l’imbecillità. Il problema è che in Italia, come in tutta Europa, ha spiegato il professore Marco Gambaro, si producono troppi film con budget troppo bassi. Il film mediano europeo ha un budget da 2 milioni (fonte EAO), dato che coincide con le rilevazioni Anica per l’Italia, e che è di circa 10 volte inferiore rispetto ai budget negli Stati Uniti e metà di Bollywood. Si tratta di uno svantaggio insormontabile in un settore dove i costi fissi di produzione determinano anche, in qualche modo, la qualità del prodotto. I troppi film prodotti, problema constante di tutta l’industria europea, dipendono dal livello elevato di sostegno che spinge troppi piccoli a tentare la fortuna, oltre a far proliferare i finanziamenti relazionali.
Comunque sia, per l’epoca in cui stiamo vivendo, questo quarto del terzo secolo, vale una battuta, che è questa: una volta un uomo saggio mi disse: “stai attento a Mario, lui quando parla di quel poeta maledetto pensa che significhi essere un poeta al quale qualcuno per strada ha urlato: maledetto!”