Il ritornello sull’unità tra Usa e Ue nasconde una scelta di campo, al fianco di Washington e a discapito di Bruxelles. Il guaio è che resta invece un problema nostro – di noi europei, s’intende – come conferma la decisione russa di potenziare le basi al confine con la Finlandia. Ma ancor più di noi italiani, considerando la posizione assunta da Giorgia Meloni.
Se qualcuno avesse ancora creduto alla teoria del ponte tra Washington e Bruxelles, le vicende delle ultime due settimane dovrebbero avere convinto anche i più ostinati. Non credo sia necessario rifare per l’ennesima volta l’elenco delle importanti occasioni in cui i principali leader europei si sono ritrovati per sostenere l’Ucraina e discutere con Trump di come trattare con Putin, senza la nostra presidente del Consiglio. Basta ricordare che a farla recuperare nell’ultima occasione sia stato proprio l’intervento, ovviamente da lei sollecitato, del presidente americano.
Insomma, come hanno notato in tanti, alla fine è stato Trump a fare da ponte tra Meloni e l’Ue.
Ma sarebbe più esatto dire che è Meloni a essere il cavallo di Troia trumpiano in Europa. Il ritornello che ha ripetuto sin dalla sua visita alla Casa Bianca, secondo cui il suo obiettivo sarebbe «tenere unito l’occidente», è un modo furbesco di segnalare la sua vera scala di priorità, dove ovviamente «unità dell’occidente» sta per «rapporto con gli Stati Uniti» (o meglio, con gli Stati Uniti di Trump) e si contrappone implicitamente all’unità dell’Europa, che non è mai stata più fragile e più essenziale di oggi.