Lamezia, tutti i dettagli contenuti nel decreto di sequestro del campo Rom di Scordovillo
Venerdì, 18 Marzo 2011
Lamezia, nuovi fumi dal campo Scordovillo
Giovedì, 16 Giugno 2011
(lametino) Lamezia: Fumi campo rom, cittadino protesta davanti Tribunale
Venerdì, 05 Luglio 2013
Lamezia: Consigliere Sdanganelli propone delibera per sgombero Scordovillo
Domenica, 11 Maggio 2014
Lamezia: “Zona fumatori”, il servizio di Striscia la Notizia sugli incendi al campo rom di Scordovillo
Domenica, 26 Marzo 2017
Lamezia, Cimino: a Scordovillo la “via dei tumori”, intervengano autorità competenti
Lunedì, 10 Luglio 2017
Lamezia, “Basta roghi tossici”, manifestazione sull’isola pedonale per chiedere sgombero campo rom di Scordovillo
Mercoledì, 26 Luglio 2017
Lamezia Unita: fumi tossici stanno inquinando città, attivare tavolo per individuare aree e procedere a sgombero Scordovillo
Martedì, 25 Luglio 2017
Fumi a Scordovillo, Associazione quartiere Capizzaglie: “Ci stanno avvelenando, intervenga ministro dell’Interno”
Giovedì, 11 Luglio 2019
(grazie ad Alessia Truzzolillo, Corriere della Calabria, di cui vengono ripresi alcuni documentati articoli)
Nelle città ci sono aree degradate e quartieri invivibili in periferia, invece l’accogliente e multietnica Lamezia (che io chiamo “Non c’è più niente da fare” come la canzone di Bobby Solo) è stata capace di piazzarsi una bomba criminale al centro, accanto all’ospedale e alla sua area direzionale. L’accampamento di Scordovillo insiste su un’area di circa due ettari su un’area dunque di proprietà pubblica. Il terreno adiacente all’ingresso del campo è di proprietà delle Ferrovie dello Stato mentre la strada asfaltata che consente l’accesso da via Miceli e si unisce a via Piro è stata costruita dal Comune di Lamezia nel 1995. E mentre l’area risulta essere “zona ospedaliera” e classificata nel PSC per “attrezzature urbane e usi ospedalieri complementari e integrati”, negli anni il campo rom si è moltiplicato per ampiezza e numero di insediamenti, con un’espansione passata dai 14 mila mq iniziali fino agli attuali 25.000 mq.
La politica lametina ha da sempre la sua cartina di tornasole, si chiama Scordovillo, essa testimonia il masochismo e l’incapacità di affrontare i problemi di qualsiasi natura e tipo. Il campo rom ha visto smisurato degrado sociale insieme con la crescita di un “crocevia” di criminalità diffusa. Si pensi che il primo sequestro preventivo risale a ben 15 anni fa, al 21 novembre 2006. Un altro è avvenuto poi nel 2011, con il differimento dello sgombero di circa 30 giorni per permettere agli interessati di «arginare l’emergenza abitativa». Ma, a distanza di pochi mesi, i primi rilievi effettuati dai Carabinieri del NOE di Catanzaro dimostrarono che erano in atto illeciti ambientali.
Dieci anni fa il Pubblico ministero, esaminati i campionamenti eseguiti dall’Arpacal che avevano evidenziato «un’elevata contaminazione di idrocarburi, piombo, cadmio e rame, con valori ben al di sopra della norma».(…) descriveva un’autentica emergenza umanitaria ed ambientale al contempo da affrontare unicamente con lo sgombero immediato e la bonifica dell’area interessata dal campo rom, non essendo ipotizzabili strumenti alternativi (…).
La domanda che tutti ci facciamo oggi a Lamezia è molto semplice, anzi elementare: per quale motivo quello che in 2 anni dal 2019 ad oggi ha fatto Gratteri non è stato possibile farlo almeno nel 2011? La questione rom ha una genesi che si perde negli anni, i primi diventarono stanziali in cambio di pochi pacchetti di voti, col tempo si è intrecciata con la questione criminale ndranghestista (come è avvenuto in tutte le città) perchè chi delinque per farlo deve chiedere il permesso non ai poveri cittadini e alla politica ma ai veri sindaci della città, i criminali.
C’è davvero a Lamezia un salto temporale, un intervallo davvero troppo lungo da spiegare, basti pensare (per un confronto) soltanto ai nomadi che stavano vicino la stazione di Catanzaro Lido nell’area Magna Grecia fatti sloggiare quando un sindaco di Catanzaro decise di farlo. Sarebbe bastata osservare una produzione di rifiuti procapite di 14 volte superiore rispetto al cittadino che non abita nel campo rom per preoccuparsi di un possibile inquinamento ambientale che ha infiltrato il terreno e forse anche le falde acquifere, come poi alcuni studi dell’Arpacal hanno evidenziato.
Il cittadino lametino ( andate a leggere “Lamezia: Fumi campo rom, cittadino protesta davanti Tribunale” Venerdì, 05 Luglio 2013, Lametino) si è preoccupato prima del “cavallo di ritorno”, l’auto o il libretto dell’auto che dovevi riscattare, e poi della diossina che i fumi spargevano per la città. Era convinto che i rom bruciassero copertoni di auto (il loro smaltimento economico dei rifiuti a favore di tutti i gommisti calabresi) mentre la realtà era che gli incendi riguardavano tutti i rifiuti speciali pericolosi. Lo si era scoperto definitivamente attraverso una operazione del 2016 che aveva portato all’arresto di numerosi soggetti dimorati all’interno del campo rom. (Il 20 giugno 2018, poi, sono state arrestate 5 persone mentre per altre 34 è stato disposto il divieto di dimora nel Comune di Lamezia Terme. E poi tre arresti per furto aggravato nel 2020) .
Niente da fare, neppure i rifiuti speciali pericolosi incendiati nel 2016 hanno provocato una reazione forte e decisiva. Altri tre anni sono dovuti passare perchè la misura fosse colma.
E infatti fu l’ennesimo incendio, quello dell’11 luglio 2019 (col suo propagarsi pericoloso che portò anche disguidi sul traffico ferroviario) a far partire una nuova attività investigativa. Il pm, infatti, appresa la notizia del reato, dispose l’installazione di alcune telecamere di videosorveglianza per monitorare l’area interna ed esterna all’accampamento, fino alle informative del NOR dei Carabinieri di Lamezia. Reati dunque reiterati da decenni (v. sopra, come dimostra un semplice ricerca effettuata sul web) anche se l’inchiesta conclusa dal procuratore Gratteri è durata solo 2 anni. «Questo vuol dire – ha spiegato in conferenza stampa – che questo per loro è un modus vivendi, un modo di vivere normale. I carabinieri di Lamezia Terme e di Catanzaro sono riusciti a documentare mediante videoriprese e intercettazioni la reiterazione del reato in spregio a qualsiasi elementare regola di rispetto dell’ambiente. Purtroppo questa zona di Lamezia Terme appare come un fortino dove gruppi di persone hanno reiterato l’illecito. Abbiamo ettari di territorio inquinati in modo quasi irreversibile perché c’è una penetrazione profonda nei terreni anche di metalli pesanti che non so quali conseguenze potrebbero avere sul piano ambientale. Sicuramente abbastanza importanti e invasive».
Il comandante della provinciale di Catanzaro Antonio Montanari ha spiegato “come siano organizzati all’interno del campo per gestire a livello imprenditoriale l’attività illecita di raccolta e “trattamento” di rifiuti in vista del perseguimento di una utilità, grazie a ditte compiacenti alle quali veniva affidato il materiale recuperato. Vista la realtà del campo rom di Scordovillo è stato necessario l’utilizzo di oltre 300 carabinieri per eseguire le misure cautelari e garantire la sicurezza del personale operante”. Solo che non era la prima volta che ingenti forze dell’ordine entravano nel fortino.
A Scordovillo i rifiuti non sono il prodotto della vita quotidiana del campo «ma vengono – ha detto il colonnello Molinari – importati perché sono materiale di risulta, residui ferrosi, rame (materiale quotato in borsa e oggetto di rivendita) e sono incorporati in televisori, cavi, autoveicoli e quindi tutto questo viene importato nel campo, smembrato, la parte utile viene trasportata a ditte compiacenti e la parte di risulta viene smaltita illegalmente. Questo crea un indotto economico perché tonnellate di ferro equivalgono a svariate centinaia di euro e di rame che equivalgono a migliaia di euro. E poi non ci sono i costi vivi della gestione societaria».
Il campo rom, spiega il maggiore Christian Bruscia, comandante del Nucleo investigativo del Gruppo carabinieri di Lamezia Terme, è stato monitorato sia di notte che di giorno e «incessantemente gli indagati svolgevano le loro attività: raccoglievano materiali ferrosi, rame. Il rame era raccolto anche in seguito a furti che si sono verificati nel comprensorio lametino».
Altro che furti di auto e copertoni, sono stati sequestrati 14 autoveicoli utilizzati per il trasporto del materiale ferroso; 2 ditte individuali; 4 società del comprensorio lametino che sfruttando le loro autorizzazioni riuscivano ad acquistare e immettere nel mercato, in nero tutto il materiale che alcuni componenti della comunità rom raccoglievano, trattavano, smembravano all’interno del campo e lo riversavano anche all’esterno. «Abbiamo anche individuato due aree all’interno del campo – ha detto Bruscia – che sono proprio due discariche abusive nelle quali si trovano oggetti residui di combustione illecita e di materiale scadente».
Restano nella cronaca questioni politiche incomprensibili, tipo lo sgombero disposto dalla Procura il 31 ottobre 2011. Fu però sospeso quando il Comune di Lamezia presentò un’istanza di dissequestro alla Procura di Lamezia (firmata dal coordinatore dell’ufficio speciale Rom Cesare Pelaia), con la quale era stata comunicata la presentazione di un progetto al ministero dell’Interno – “Le tre chiavi di Ciaiò” – finalizzato all’ottenimento di un finanziamento nell’ambito del PON Sicurezza 2007-2013 per «potenziare e proseguire lo sgombero del campo rom di Scordovillo». Non se n’è saputo più niente.
Sempre il Comune di Lamezia, il 19 febbraio 2018, aveva dato esecuzione alla delibera n. 375 del 7 novembre 2017 che aveva istituito una “Unità di progetto” denominata “Rom Scordovillo”. Tra i punti salienti c’erano il monitoraggio del campo rom, l’identificazione e il censimento di tutti gli abitanti compresi i minori, il controllo della situazione patrimoniale di tutti i nuclei familiari. Ma soprattutto lo sgombero e l’abbattimento immediato degli insediamenti abusivi, dei container dei cittadini rom aventi diritto alla risistemazione alloggiativa e poi la firma di un atto di “impegno” di “rispetto delle regole”. Il 29 marzo 2019, inoltre, il Comune di Lamezia aveva anche adottato il programma triennale dei lavori pubblici (2019/2021) che prevedeva la realizzazione di «alloggi per i cittadini rom» per l’importo di 700mila euro. Non risultano sviluppi.
Un altro distinguo lo fece l’avv. Piccioni nel 2019 (Annuncio sgombero campo Rom, Piccioni: “un palliativo per Mtl alla vigilia di eventuale scioglimento”)
Pur avendolo già fatto nei mesi scorsi, alla politica degli annunci voglio rispondere con la politica dei fatti. Ed è bene che i cittadini sappiano che un ufficio speciale Rom era stato già istituito nella precedente amministrazione, in particolare per seguire la realizzazione di alcuni progetti per liberare il campo di Scordovillo, ma in questi due anni e mezzo si è mosso un dito. Prima del sequestro da parte della procura nel marzo 2011, a Scordovillo vivevano 528 persone e 136 nuclei familiari. Con il piano di azione dell’amministrazione di centrosinistra, che ha individuato gli alloggi disponibili sul territorio e contemporaneamente abbattuto i container per evitare possibili ripopolamenti di Scordovillo, già nell’ottobre 2013 erano presenti 388 cittadini in 101 nuclei familiari, con una riduzione di 140 cittadini e di 35 nuclei familiare. E ancora, il progetto “Le tre chiavi di Ciaiò”, che ha ottenuto un finanziamento di quasi 3 milioni di euro dal Ministero degli Interni, per realizzare 28 alloggi prefabbricati per i cittadini di etnia rom e liberare il campo di Scordovillo. Certo, con onestà intellettuale, bisogna riconoscere che il problema non è stato risolto definitivamente ma almeno qualcosa era stato fatto”.
Lo vedete che la politica qualcosa ha fatto? Anche i 5Stelle si sono mossi.
Ai fumi di Scordovillo il Meet Up lametino collega i dati sui tumori del 2006-2007. I grillini sollecitano un impegno risolutivo al sindaco senza fornire soluzioni alternative. (Lameziainforma 05 Agosto 2015)
Al coro di coloro che sollecitano l’esecuzione dello sgombero del campo rom di Scordovillo, intimato dalla Procura nel 2011, si aggiunge anche il Meetup 5 Stelle di Lamezia. I grillini nella lettera rivolta al primo cittadino Paolo Mascaro si chiedono con tanto di caps lock «se non si può procedere con lo sgombero, perchè non impedire almeno i fuochi? Cosa impedisce al primo cittadino di comunicare con le forze dell’ordine per consentire ai vigili del fuoco di svolgere il proprio lavoro? Le conseguenze sono gravi e documentate, le malattie provocate dai fumi tossici sono: tumori maligni dello stomaco, del fegato, del polmone, della vescica, del pancreas, della laringe, del rene, linfoma non Hodgkin, tumore della mammella», citando i dati della ricerca condotta dalla dottoressa Antonella Sutera Sardo, responsabile del Servizio Epidemiologico e direttore del Registro Tumori dell’ASP di Catanzaro, presentata più di un mese fa relativi al biennio 2006-2007.