“E’ la cazzo di peggiore canzone che abbia mai sentito”. “C’è questa canzone che non sopporto”, disse alla platea durante un concerto a Tel Aviv, nel ’75: “No, non la reggo proprio. Ma che diavolo…”, disse prima di attaccarla. Stiamo parlando di Frank Sinatra (1915-1998), noto in Italia soprattutto come The Voice, mentre negli Stati Uniti d’America e in altri paesi era conosciuto anche con soprannomi come Ol’ Blue Eyes oppure Frankie. La canzone è Strangers in the night (Sconosciuti nella notte) che nel 1967 vinse il Golden Globe per la migliore canzone originale ed il Grammy Award for Best Male Pop Vocal Performance. The Voice, quella canzone, l’ha detestata fin dall’inizio, “da quando ho sentito Don Costa suonarla al piano, apposta per me”.
Siamo nel 1966, i Beatles dominano le classifiche, si fanno strada i Rolling Stones, mentre la folk music di protesta accende gli animi di giovani e meno giovani, negli Stati Uniti come in tutto il mondo occidentale. I cantanti tradizionali, melodici, sono in netto declino, ma se la passano male anche i grandi del Rock’n’Roll, messi da parte da nuovi sound e nuovi filoni musicali.
Bert Kaempfert, un compositore di brani solo orecchiabili, produce per il film di Hollywood ” A man could get killed ” un brano per sola orchestra, ” Beddy Bye “, che incidentalmente viene ascoltato da Jimmy Bowen, della casa discografica Reprise, di proprieta’ di Frank Sinatra. Jim intuisce subito che il brano potrebbe essere perfetto per Ol’ Blue Eyes e si da’ da fare per trovare chi scrive le parole, anche perché, da esperto, capisce che la canzone potrebbe essere congeniale ad altri artisti. Le parole saranno quindi scritte in tutta fretta da Eddie Snyder e Charles Singleton, che, d’accordo con Kaempfert lo ridenomineranno ” Strangers in the night “.
Dopo qualche limatura alle parole, fu avvisato Sinatra, che fu d’accordo sul registrarla un paio di giorni dopo. Non fu immediata la riuscita della registrazione, che richiese varie prove da parte di Frank. In realtà il brano non e’ semplicissimo se eseguito col canto, essendo presenti un paio di passaggi che richiedono un cambio di chiave e una rimodulazione della voce. Lo si avverte chiaramente alla fine delle prime tre strofe. Poi Frank improvviso’ il finale col famoso doo-be-doo-be-doo.
Quindi quella sera stessa si precipitarono a stampare i demo e avvertirono le principali stazioni radio degli Stati Uniti che sarebbe arrivato un nuovo brano di Sinatra. Entrarono tutte in fibrillazione per l’attesa, e poi fu una bomba. Fu come se di colpo tutta la musica del momento si fosse fermata per lasciare posto a ” Strangers in the night “, che qualche giorno dopo si udiva in ogni angolo del mondo. Il vecchio Old Blue Eyes aveva colpito ancora e per molte settimane la canzone tenne i primi posti delle classifiche mondiali. Sarebbe diventata in futuro qualcosa di intramontabile, quando la si ascolta e’ quasi impossibile non riceverne come minimo una piacevole sensazione.
E’ una canzone, “Strangers in the night”, che nonostante le controversie sulla propria paternità – ad avanzare accuse di plagio, ai tempi, furono sia il cantante croato Ivo Robic (che comunque cedette dietro compenso a Kaempfert i diritti di una sua composizione) sia il compositore francese Michel Philippe-Gérard, la cui richiesta non fu accolta dai tribunali d’oltralpe – sul pubblico ha sempre saputo esercitare un ascendente particolare, particolarmente su quello italiano.
Uno dei momenti più celebri e riconoscibili nell’incisione del brano data da Sinatra è l’improvvisazione finale in stile scat sulla melodia con le sillabe: «doo-be-doo-be-doo» mentre la canzone sfuma sul finale. L’improvvisazione canora di Sinatra ispirò il nome del cartone animato canino Scooby Doo. Inoltre, siccome la canzone sfuma quasi subito, e molti fan si lamentarono del fatto che l’improvvisazione di Sinatra era stata troncata troppo presto, per la compilation CD Nothing but the Best del 2008, la canzone venne rimasterizzata e la durata totale portata a 2:44, anziché 2:35. I nove secondi extra sono proprio la continuazione dell’improvvisazione scat di Sinatra per la prima volta in versione integrale. by John Milner Paradise road magazine
Ma The voice non odiava solo Strangers in the night, anche un altro suo enorme successo del 1969, My Way, si era rifiutato di inciderla perchè la trovava “autoindulgente” e soltanto le sue due figlie riuscirono a convincerlo.
Singolo di enorme successo, My Way raggiunse la quinta posizione nel Regno Unito e vinse il Grammy Hall of Fame Award 2000. La nascita di questa canzone passa da ben tre madri. La storia comincia in Francia, quando Jaques Revaux, ex cantante e compositore con un debole per il jazz, diede vita alla melodia intitolandola “For me”. Un motivo malinconico, anzi, deprimente, a detta del suo produttore Gilbert Marouani e di Hervè Vilard che avrebbe dovuto esserne l’interprete. Il brano fu dunque archiviato in un cassetto dove rimase fino al 1967, anno in cui catturò l’interesse di Claude François. Il cantante, infatti, trovò il sound adatto a descrivere il momento difficile che stava attraversando a causa della rottura con France Gall, artista anche lei francese che poco prima aveva posto fine alla loro relazione. “For me” divenne quindi “Comme d’habitude” (“Come al solito”), storia di un amore infranto e di un uomo che fatica a ricomporre i pezzi del suo cuore spezzato. La canzone entrò subito in Hit Parade tanto da convincere François a rivolgersi ad Andrea Lo Vecchio (Luci a San Siro, Rumore) per realizzarne una versione destinata al mercato italiano. Versione che non ebbe però il successo sperato, finendo ben presto nel dimenticatoio.
A questo punto entra in gioco Paul Anka (1941), un cantante di origine canadese che noi italiani abbiamo conosciuto al Sanremo 1964 in cui cantò “Ogni volta”. Paul è un americano, un musicista di successo, ed è il collaboratore più fidato di Sinatra. Nel 1967 il fermento culturale statunitense era inebriato dalle nuove sonorità delle band rock d’oltreoceano, e anche in patria cominciano a nascere gruppi interessanti. Insomma, quello stesso movimento che porterà pochi anni dopo alla Summer of Love di Woodstock, proprio non vedeva di buon gusto la musica conservatrice e rassicurante ascoltata dai propri genitori. E The Voice era l’emblema di quel mondo. La frustrazione diventa talmente densa che l’artista comunica proprio a Paul la volontà di smettere con la musica.
Comunque sia, Paul Anka nel 1968 si trova in vacanza in Europa, nel sud della Francia. Un giorno accende la radio e ascolta un pezzo strano, che, guarda il destino, proprio quella settimana e solo per quella settimana era in top 10 francese.
Paul mastica poco il francese, ma di musica ne capisce abbastanza per rendersi conto dell’incredibile potenziale della melodia. La canzone si chiama Comme d’habitude, ed è cantata da un francese niente male di nome Claude François. La canzone colpisce a tal punto Paul che egli decide di prendere un aereo verso Parigi, per negoziare i diritti del brano. Sembra che la cosa gli sia riuscita molto facile e così Paul tornato negli USA ripensa al disagio del suo amico The Voice quando gli confessava di star pensando al ritiro dalle scene. Paul Anka riscrive completamente il testo immaginandosi un uomo alla fine della propria vita artistica, che si prepara ad affrontare l’ultimo palcoscenico, cosciente di essere sempre stato sé stesso.
Ed ecco che di colpo quel “comme d’habitude” di fine ritornello diventa “and did it my way”. Paul cioè descrive un uomo che si appresta ad affrontare l’ultimo palcoscenico, quello dello spettacolo, ma forse anche della vita. Un uomo che si confida con un amico, che fa il punto della sua esistenza, ribadendo di aver fatto sempre tutto a modo suo, restando fedele alla propria indole. Certo con qualche rimpianto, del resto chi non ne ha, ma anche quando ha “morso più di quel che poteva masticare”, nella peggiore delle ipotesi ha sempre trovato il modo di sputare fuori quello che era di troppo. Un addio, un testamento, un bilancio. Una canzone eterna.
Frank Sinatra registrerà My Way in una sola take, il 30 dicembre 1968. La canzone verrà pubblicata nel marzo del 1969. Appena pubblicata, agli inizi del 1969, “My Way” ottenne un’accoglienza tiepida negli Usa raggiungendo solo la 27esima posizione nella classifica di Billboard, ma con il passare del tempo il singolo cominciò a essere sempre più apprezzato, diventando una canzone senza tempo. Intanto, la casa discografica di Paul Anka andò su tutte le furie quando il disco venne pubblicato con la voce di Sinatra e non con quella di Anka. L’autore del brano spiegò che solo il collega poteva tirare fuori l’energia giusta per esaltare tutto il potenziale di “My Way”. I discografici sembra non avessero comunque accettato la giustificazione di Anka, il quale poco dopo dovette incidere anche una sua versione della canzone. Da qui iniziarono tutta una serie di cover del brano che ancora oggi viene spesso reinterpretato da artisti di tutto il mondo.
The Voice non ha mai fatto mistero di quanto il brano gli stesse stretto. Riteneva infatti che la canzone, nonostante gli calzasse a pennello, avesse un che di “autoindulgente”. Inizialmente infatti si rifiutò pure di inciderla. Fu sua figlia Nancy che dopo averla ascoltata dal provino di Paul Anka, convinse il padre a fiondarsi in studio di registrazione. Le perplessità sul brano da parte di Sinatra sono confermate anche da un’altra sua figlia, Tina, che rivelerà alla BBC come suo padre in realtà odiasse la canzone, perchè “autodeclamatoria”.
Oggetto di numerose cover fin dall’anno della sua pubblicazione, la storia musicale di My Way è stata omaggiata in diversi modi. La più celebre e dissacrante è sicuramente quella di Sid Vicious, bassista dei Sex Pistols, che la distruggerà in modo irresistibile. “I capolavori non si toccano” direbbero alcuni conservatori. Parole alle quali Vicious, in pieno stile punk, era solito rispondere con un dito alzato. La versione punk risulta modificata anche nel testo, che prende palesemente in giro il modo di cantare di certe voci degli anni 60, e include diverse parolacce oltre a un “to think I killed the cat” al posto di “to think I did all that”. Leonard Cohen, immortale genio della canzone d’autore, dirà: “Non mi è mai piaciuta My Way fin quando non ho ascoltato la versione di Sid Vicious. Tutti sono incasinati in questo mondo, e ognuno è l’eroe pazzo del proprio dramma. Nella versione di Vicious puoi sentire la disperazione”. Persino Paul Anka apprezzerà la dissacrazione, ritenendola “sincera”.
Infine, la storia di My Way è oltremodo incredibile se si pensa a quel che avvenne poco prima che Paul Anka scoprisse Comme d’habitude in Francia. La Essex Music incaricò un giovane e talentuoso autore britannico di nome David Robert Jones, di riscriverne il testo in inglese. Jones lo fece, e chiamò il brano Even a fool learns to love, che parlava di un clown alle prese con il primo amore: “anche i ridicoli si innamorano”. Jones registrò il provino del pezzo, cantando sulla base originale di Claude François, e lo spedì ai suoi supervisori della Essex. Il risultato fu una grande bocciatura e la canzone non venne affidata a nessun interprete. Solo che David Robert Jones (1947-2016) divenne poi un icona della musica glam rock con lo pseudonimo di David Bowie.