Poesia/“Esercizio del trasloco” di Mariangela Gualtieri

Il tempo qui non è stato
che un pezzo di cartone,
un sobbalzo. La porta
si chiude per l’ultima volta.

Il fascio di forze domestiche
il genio del luogo
saluto ora con ringraziamento.
A tutto ciò che tace perfettamente
e che sempre qui dentro ha taciuto
a ciò che non appare
in questa casa vuota
e resta come il larga attesa.

A questo punto del mondo, alto sulla città vecchia
a questa cuccia di luce e conforto
in cui abbiamo amato meglio che potevamo
e dormito bene nella sua pace
e fatto tutte le cose umane
delle vite, al mio cuore
senza tristezza che tutto saluta
contento, come esercizio
di distaccamento, come grande
scuola del trasloco e del suo lasciare la presa.

Vi lascio, cose.
Il vostro mancarmi sia la melodia
che ora mi guida:
La schiena liberata dal peso
stia dritta in attesa
della più alta impresa.
Il bastarmi del poco e del niente che serve.
E il resto sia vuoto. Sia intesa
con tutto ciò che non pesa.

L’arte di saper lasciare andare
Non sempre inseguire le persone o le cose paga. A volte la soluzione è sottrarre e non aggiungere. Lasciar fluire la vita, come il fiume che conosce il suo corso e che sa cambiare al momento giusto.

Fa soffrire, l’idea di dover lasciar andare ciò che è stato, ciò che abbiamo amato e che e’ tutt’ora amato. Però, non si può nemmeno passare la vita a rincorrere qualcuno o qualcosa che non è più adatto a noi.

Che sia la casa da cui trasloca con malinconia Mariangela Gualtieri in “Esercizio del trasloco”, o la relazione da cui stiamo faticosamente uscendo, o la ferita di un’assenza che non accenna ancora a una completa guarigione, nulla può andare avanti se non lo vogliamo noi, dal profondo. E il primo passo per andare avanti è mettere il piede fuori di casa, magari con un bagaglio leggero.