Il middle management di una scuola

Quello che ogni insegnante fatica ad accettare, scriveva nel 1999 il compianto docente di Organizzazione Piero Romei, “e’ la dimensione collettiva dell’organizzazione. Le regole di gruppo, con il loro contenuto di vincolo indisponibile, gli sembrano inaccettabili non in se’, ma perche’ e’ il lavorare insieme agli altri che gli sembra non necessario“. In Italia e’ inutile porre alle scuole la domanda: solo le aziende devono organizzare? La risposta è scontata e dice che avendo le aziende esigenze di efficacia efficienza ed economicita’ devono organizzarsi, mentre altri, non avendo quelle esigenze, possono farne a meno. Le scuole, si usa dire, devono produrre istruzione e cultura, dunque che insegnino, ai contesti organizzativi ci pensa caso mai il dirigente. Questo modo di pensare, che poi è il non confondiamo scuola con impresa, ha lasciato all’interno di ogni organizzazione scolastica “zone oscure piu’ o meno ampie, veri e propri territori di una irrazionalita’ da correggere ed eliminare” (P. Romei, Guarire dal mal di scuola, La nuova Italia, 1999, pag. 17). Vorrei illuminare un poco queste zone, anche perche’ durante l’estate 2024 si e’ parlato nelle scuole di middle management.

Negli ultimi giorni dell’agosto 2024 ha infatti preso il via la formazione incentivata per i docenti indicati dai dirigenti scolastici con il nuovo ruolo di “figure di sistema”. Si tratta di un progetto sperimentale voluto dal Ministero dell’Istruzione che prevede, al termine di 3 anni di formazione aggiuntiva, un assegno una tantum di circa 5600 euro per i partecipanti. Secondo alcuni docenti coinvolti nel progetto, superata con successo la fase formativa il loro ruolo di “figure di sistema” andrebbe istituzionalizzato a vita, entrando di fatto a far parte di una sorta di “middle management” scolastico (da ora MM). In questo modo, dicono, verrebbe riconosciuto e valorizzato l’impegno profuso negli anni di formazione incentivata.

Tuttavia molti osservatori ricordano che si tratta per ora solo di una sperimentazione volta a sostenere lo sviluppo professionale di alcuni insegnanti. Non è ancora certo se e in che modo questa figura verrà incorporata nell’assetto organizzativo definitivo delle scuole italiane.
Siamo pronti nei tavoli contrattuali a porci a favore del riconoscimento economico di più di 100mila collaboratori dei dirigenti scolastici che a diverso titolo svolgono un ruolo necessario per il funzionamento delle istituzioni scolastiche”, ha detto Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e Udir, a proposito della volontà espressa dal Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, nel volere incentivare il MM.

In un articolo di Antonio Fundarò (Orizzonte Scuola, agosto 2023) sul ruolo del MM, il rettore del Convitto Nazionale di Palermo “Giovanni Falcone” Cettina Giannino spiegava che “il MM agisce come il ponte tra la direzione dell’istituzione scolastica e il corpo docente. Coordinando le attività quotidiane, garantisce che le decisioni prese a livello dirigenziale vengano trasformate in pratica pedagogica efficace. Ad esempio, si occupa dell’allocazione delle risorse, della pianificazione delle lezioni e dell’organizzazione delle attività extracurriculari, contribuendo così a un ambiente educativo armonioso e ben organizzato”.
Il MM, ovvero un gruppo di lavoro intermedio tra Dirigente e personale scolastico (collaboratori, referenti, funzioni strumentali, coordinatori ed ora anche orientatori e tutor), “consente una prima condivisione di visione e di reciprocità del progetto formativo che può essere promossa capillarmente verso il contesto interno ed esterno (utenza) e, allo stesso tempo, può favorire la ritualizzazione di comportamenti e atteggiamenti che raccontino e comunichino una visione della scuola in grado di conferire fiducia e orientamento ad una comunità partecipante e di contenere, in un quadro di consapevolezza e condivisione, ogni possibile motivo di contenzioso”.

Ma e’ proprio cosi’, oppure si tratta solo di una semplice teoria mentre la pratica corrente agisce in altri modi? In ogni scuola si sviluppano dinamiche di potere come in tutte le organizzazioni complesse nelle quali, per l’appunto, sia presente il MM, il “ponte” di cui stiamo parlando. Questo ponte ormai e’ un gruppo in continua espansione. Esso in realta’, ma il dato non traspare nelle asettiche analisi degli studiosi, e’ formato dai “privilegiati” che godono, a seconda dello stile della leadership, di piccoli favori o corsie preferenziali: nell’assegnazione delle classi; nella formulazione dell’orario; nella richiesta di ferie e congedi; nella designazione per progetti, viaggi, commissioni. Non e’ tanto o solo questione di soldi (di emolumenti aggiuntivi) che passano attraverso la gestione del Fondo di istituto e dei tanti progetti sfornati da una scuola italiana ormai assurta a catena di montaggio. Si tratta piuttosto di uno status, ” corsie preferenziali”, di piccoli favori, facilitazioni, agevolazioni, che corrispondono a precisi desiderata. Su queste dinamiche si sofferma un film del greco Lanthimos del 2018, ambientato nella Francia dell’ottocento, “La favorita”, dove la malata regina Anna e’ al centro di un triangolo con altre due donne che se ne contendono i favori. “Una creatura sola e malata al crocevia degli interessi degli altri, mascherati da ossequio o da affetto. Ma al contrario di ogni altro cittadino inglese, la regina può dire: “Si fa così perché lo dico io” – il che è il sogno di ogni bambino viziato, oltre che la più elementare espressione del potere assoluto” . Quando un docente (che in genere come diceva Romei non sente affatto la necessita’ di lavorare insieme con gli altri) avverte che, grazie al rapporto instaurato con il dirigente (e/o con il Dsga) ha liberta’ di movimento in una scuola, dunque acquista liberta’ nel suo lavoro, per cui se intende partecipare ad un progetto, lo inseriscono, se intende portare la sua classe in viaggio lo designano, se vuole l’orario su misura glielo fanno, se vuole stare in consiglio di classe con Tizio e non con Caio lo accontentano, egli sente che il suo potere (o influenza o spazio) e’ aumentato. Con gli anni il gruppo dei privilegiati si consolida attorno al dirigente sino a formare una falange (da ponte diventa una colonna piu’ o meno portante) che nei casi estremi non esita a ricorrere a qualsiasi mezzo per sottomettere gli altri, soprattutto se tra gli altri qualcuno protesta. In queste dinamiche e’ evidente ci sono aspetti fisiologici, che possono rientrare nel vecchio adagio giolittiano”la legge si applica ai nemici e si interpreta per gli amici” oppure ci si spinge oltre, sino ad atti illeciti di ritorsione, di rappresaglia, verso i “nemici”, che poi sono considerati, sentendosi in una situazione di guerra, gli oppositori. Queste dinamiche che gli studiosi di gestione delle organizzazioni studiano e hanno ben presenti a partire da quelle che si sviluppano nelle industrie, nelle scuole, a parte un generico e apocalittico anatema verso la deriva aziendalista, sono in genere poco segnalate ed evidenziate. Facciamo un esempio pratico per capire. Nelle scuole, con la presenza istituzionalizzata delle Rsu la misura dei compensi al personale, docente e Ata, si contrattano con il dirigente. Sono decenni ormai che tutti i soldi che circolano nelle scuole il dirigente non li puo’ piu’ gestire e amministrare da solo ma insieme con i sindacati. Il cd preside -sceriffo puo’ far tutto ma sui soldi al personale il via libera lo devono dare le Rsu. A seconda del tipo di rapporto che il dirigente in questa co-gestione imposta ex lege instaura con i sindacati (in una scala che va da pessimo a idilliaco) proprio la misura concordata dei compensi aggiuntivi assume un significato evidente. Basti pensare che ci sono scuole dove al collaboratore vicario vien dato un compenso annuo di 15mila euro, il che significa che quel docente (il cd vicepreside) avra’ in realta’ uno stipendio mensile superiore di oltre mille euro rispetto a tutti i suoi colleghi. Da precisare che stabilita con le Rsu la misura, la scelta del vicario la opera il dirigente in piena autonomia, per cui puo’ scegliersi il migliore o il peggiore di tutti. Puo’ scegliere uno che va d’accordo con tutti oppure uno che e’ inviso a tutti. In altri termini, il prescelto avra’ la sua condizione economica avvicinata a quella del dirigente e allontanata da quella dei colleghi docenti. Senza aver superato nessun concorso il vice, in casi come questo di abnorme compenso aggiuntivo, diventa l’alter ego del preside. Talvolta per tutta la sua carriera sino alla pensione. Insomma si e’ creato nelle scuole di fatto, in maniera spontanea, quello che si chiama il MM, una fascia di collaboratori del dirigente (non piu’ di quattro per volere di una legge incomprensibile nella sua cabala. Perche’ non 8 oppure 2?) che in cambio di “collaborazione” per le funzioni organizzative e quindi di maggior tempo speso a scuola, ottengono benefici economici. A questi 4 (il cerchio magico) si aggiungono poi le funzioni strumentali, i coordinatori di classe, quelli di dipartimento, chi predispone l’orario, i vari referenti delle commissioni, i responsabili di plesso. Decine di persone, le quali nella piramide rispondono solo al vertice, dirigente e vice, ottengono un compenso (piu’ o meno grande) per la funzione e dunque si differenziano rispetto alla base, i “soldati semplici”, gli insegnanti senza incarico il cui unico compito resta quello di insegnare nelle classi. Beninteso, ci sono compiti ai quali aspirano in tanti e altri che il dirigente fatica ad assegnare. Dipende dalla remunerazione, e dalla difficolta’ del compito. Il solito rapporto costi/benefici. Nessuno, per esempio, in tutte le scuole italiane intende fare il coordinatore di classe, essendo l’incentivo ben poca cosa rispetto ai compiti. Nessuno vuol coordinare certi progetti, molti oppure nessuno dei docenti di educazione fisica vogliono fare i campionati studenteschi, insomma ogni scuola ha un MM diverso ed esteso essendo molte e variabili le voci dei compensi per attivita’ aggiuntive. Le scuole sono come “il prato” di un film dei fratelli Taviani. Dall’alto appare compatto, verde e pianeggiante. Ma osservato da molto vicino si vedono le buche, gli insetti, le ortiche.

Entriamo nel dettaglio di un caso concreto. Al di la’ di quanto sia compensato, predisporre gli orari per una scuola grande o media e’ un ruolo che fornisce al compilatore grande potere. Tutti i colleghi tenteranno di ottenere se non favori almeno considerazione. Quanto vale la considerazione? Non la possiamo monetizzare. Si capisce quindi da questo piccolo esempio come un prof (anche qui dal migliore al peggiore come sempre) al di la’ della misura del compenso incentivante che riceve, guadagna dagli altri colleghi se non stima, molto interesse. Un perfetto sconosciuto, magari un orso selvatico, puo’ diventare blandito e riverito. Quantomeno diventa popolare. Lo conoscono tutti. Il ri-conoscimento in qualsiasi organizzazione di lavoro pubblico o privato e’ o non e’ un’aspirazione naturale di qualsiasi lavoratore? Ecco le vere dinamiche di micropotere che si sviluppano non in una fabbrica come amano ripetere quelli sindacalizzati che se la prendono chissa’ perche’ con la logica aziendalista, ma nel corpo di una organizzazione complessa loosely coupled, dove, come ha spiegato in maniera definitiva Piero Romei, “i legami sono deboli”.

I processi all’interno di una scuola, al contrario di quel che avviene in una catena di montaggio, costruiscono una trama dove i risultati e i nessi (rispetto alle azioni) sono incerti, variabili, imprevedibili. Un operaio si puo’ stabilire a priori quanti pezzi deve produrre in un’ora, ma ad un docente come imputiamo gli apprendimenti di un allievo? La guerra senza quartiere alle prove oggettive e all’Invalsi si spiegano anche per questo scenario. La looseness dei sistemi educativi e’ sempre quella descritta da Weick nel 1976: e’ la partita di calcio immaginata da J. March.

Immaginate di essere arbitro, allenatore, giocatore o spettatore di una singolare partita di calcio. Il campo ha forma circolare, le porte sono sparse lungo i bordi del campo, i partecipanti possono entrare e uscire dal campo quando vogliono, gridare “ho fatto goal” quando vogliono e quante volte vogliono. La partita si svolge su un terreno inclinato e viene giocata come se avesse senso. In questo esempio dove il calcio e’ l’attivita’ scolastica, basta sostituire l’arbitro con il preside, gli allenatori con gli insegnanti, i giocatori con gli studenti, gli spettatori con i genitori, per avere l’esatta descrizione delle organizzazioni scolastiche.

Nelle scuole si svolge una partita, in altre parole, dove tutti i giocatori impegnati danno calci ad un pallone sgonfio. Le traiettorie, la potenza, non possono essere calcolate prima. Il risultato spesso e’ casuale. Il pallone non si sa bene (prima) dove finira’. Qualsiasi azione, come qualsiasi indirizzo, comando, prescrizione, norma, non ha un esito o una risposta certa, ma solo probabile. I rapporti cioe’ tra insegnanti e alunni, tra preside e insegnanti, tra docenti e genitori, non costituiscono una trama consapevole. E’ lo stesso rapporto elastico che esiste in politica tra un elettore e un eletto. Un deputato rispetto all’elettore che lo ha votato fa quel che vuole, non gli risponde se non in maniera del tutto ipotetica. Il legame tra elettore e eletto e’ elastico, e’ un legame debole, non rigido, e allo stesso modo tutti i rapporti nelle scuole lo sono. Tra tutti gli attori presenti sulla scena scolastica questi legami deboli costruiscono una organizzazione che dunque resta un costrutto artificiale, tendente ad individuare quali nessi di causalita’/sequenzialita’ logicamente plausibili consentano di ottenere una trama che stia in piedi e che abbia un senso.

In tale tipo di organizzazione a legami deboli, e’ importante capire che c’e’ un elemento decisivo: lo staff del dirigente in genere non forma una falange (piu’ o meno armata) per difendere soltanto privilegi economici. I privilegi talvolta, non sempre, vi sono, ma sono secondari rispetto ad un altro status, che e’ quello di essere “nelle grazie” (la longa manus) del dirigente, di poterlo condizionare, indirizzare in tutte le sue scelte, limitarlo se e’ il caso, godendone al contempo di tutti i favori. Per esempio, nella scuola reale, non narrata, un collaboratore per esercitare la sua funzione lascia spesso e volentieri scoperte le sue classi (l’esonero dall’insegnamento c’e’ solo in scuole molto grandi e per una sola persona) e quindi in quella scuola non si capisce piu’ quando e quanto insegna e quanto fa il collaboratore. E’ chiaro che maggiore e’ l’insofferenza del docente per l’insegnamento (alcuni preferirebbero pestare il mosto piuttosto che entrare in una classe ad insegnare) piu’ sara’ il tempo da lui dedicato a fare il collaboratore. Ci sono docenti che con la scusa di formulare l’orario, di organizzare progetti o viaggi o visite, di curare la manutenzione o gli acquisti, di essere vicepresidi o referenti di plesso, di fatto smettono di insegnare e vagano per l’edificio senza che, talvolta, nessuno sappia bene cosa facciano di preciso. Nelle scuole ci sono tanti “esoneri ipso facto” dall’insegnamento. Non parliamo neppure poi della partecipazione alle riunioni degli organi collegiali. Forse detto in questo modo la partita paradossale di March e’ un esempio che coglie bene la realtà.

Eppure di tale situazione reale non si trova riscontro sulla stampa o sui siti specializzati. Ritorno all’articolo di Fundaro’. Può lo staff previsto dalla L. 107/2015 ed una segreteria ben salda, assieme al Dirigente Scolastico che rimane, in ogni modo, responsabile di tutti gli atti ed i fatti (giuridici) della Istituzione scolastica, riuscire a gestire una organizzazione che diventa sempre più complessa?

“La risposta è sicuramente: no. Lo staff del Dirigente è composto prevalentemente da docenti che svolgono anche la loro funzione in classe e che sono oberati dagli impegni prettamente “didattici”, le segreterie sono spesso composte da un numero esiguo di personale che non riesce a seguire (per una questione di tempo, nei casi più fortunati di soggetti già formati) la mole di lavoro che c’è” afferma con sicurezza il DS Lucia Zavettieri.

…Visti i delicati temi di cui la scuola si occupa tutti i giorni, legati non solo alla didattica ma anche ai contenziosi scolastici propriamente detti, all’edilizia scolastica, alla carriera del personale, ai rapporti con gli enti esterni, con le famiglie, non è più possibile che il Dirigente, la segreteria e qualche docente si occupino in maniera totalizzante di questa mole sterminata di lavoro, sarebbe opportuno che alcune competenze ritornassero agli enti preposti e che l’idea di un middle management strutturato divenisse legge, conclude l’avv. Lucia Zavettieri.