Lamezia Sacal/Mascaro e Ionà

Corriere della Calabria 2017
Uno scatto di anzianità per una amica, questa la richiesta che il “messaggero” Emanuele Ionà, indagato nell’inchiesta “Eumenidi” – sugli illeciti commessi nell’amministrazione della società Sacal che gestisce l’aeroporto di Lamezia Terme – avrebbe formulato al dg Pierluigi Mancuso (finito agli arresti domiciliari) per conto del sindaco.
L’intercettazione ambientale captata 9 luglio del 2015 tra Ionà e Mancuso ha un unico argomento: piazzare i propri raccomandati all’interno dell’aeroporto. Dopo avere insistito a lungo per un proprio personale amico, Ionà si fa portavoce del primo cittadino, «riferendosi – scrivono i magistrati di Lamezia Terme – evidentemente all’attuale amministratore lametino, avvocato Paolo Mascaro», il quale non risulta indagato in questo procedimento.
«Poi ho una richiesta del sindaco – dice a un certo punto Ionà –, non mi chiedete e non mi fate troppe domande, però penso che questo glielo puoi fare». In sostanza la dipendente dell’aeroporto sponsorizzata dal sindaco vuole lo scatto d’anzianità, ossia l’aumento del parametro retributivo e inoltre viene richiesto di lasciarla nelle mansioni d’impiego in cui si trovava.
«Vuole il terzo livello», dice Mancuso che afferra al volo la richiesta di Ionà:
«… il terzo livello – conferma Ionà –, perché dice che lo ha meritato comunque, mi diceva il sindaco che è una sua richiesta personale se è possibile fare, lo vuoi portare in consiglio? O te la puoi sbrigare tu?».
Sul merito dello scatto d’anzianità Mancuso risponde con una risata e raccontando che «questa è un’altra cosa che è un anno che ci stiamo ragionando». Secondo i pm la richiesta di Ionà «viene ritenuta interessante (da un punto di vista investigativo) risiede nel fatto che la donna è la figlia […] di un noto pregiudicato che, fino agli inizi degli anni ’90 era un elemento di rilievo della cosca di ‘ndrangheta dei Muraca, soccombente all’esito della guerra tra cosche scoppiata in Lamezia Terme in quegli anni». Lo stesso padre era scampato a un tentato omicidio.

LA GRADUATORIA DEI RACCOMANDATI Non usano mezzi termini le pm Marta Agostini e Giulia Maria Scavello, nel tratteggiare il comportamento di Emanuele Ionà, sulle pressioni su Mancuso per far inserire una serie di persone in “Garanzia giovani” «offrendo quale contropartita il suo impegno a per il futuro a non chiedergli più nulla. Secondo i magistrati Emanuele Ionà si sta “vendendo” per ottenere i benefici illeciti richiesti».
«… che vi devo dire una cosa che per quanto mi riguarda vi firmo una carta che per i prossimi cinquanta anni non vi rompo più il cazzo, però datemi una mano… datemi una mano però, vi prego di darmi una mano». È così che si apre il dialogo all’interno dello studio di Pierluigi Mancuso il 9 luglio 2015.
Il futuro rappresentante del Comune all’interno di Sacal mercanteggia con il dg della società per ottenere l’assunzione di un amico «nonostante quest’ultimo ribadisse che per l’assunzione di una persona in Sacal occorre una procedura con evidenza pubblica». Secondo i pm, che coordinano le attività investigative della Guardia di Finanza di Lamezia Terme e della Polizia di frontiere aerea, Ionà chiede favori personali quale “merce di scambio” perché nel corso della sua carica di membro del Cda in rappresentanza della Regione non si è mai messo di traverso a nulla: «In tre anni di consiglio non ho mai battuto ciglia, non ho mai aperto bocca. Vi sto chiedendo una cortesia, una! E penso di meritarla».
Altra ragione per cui l’indagato avanza le sue richieste risiederebbe nel fatto di «aver contribuito a far vincere le elezioni comunali di Lamezia Terme alla parte politica di riferimento dell’attuale presidente Sacal e dello stesso dg Mancuso».
Le richieste partono con l’avvio del progetto “Garanzia giovani”, con la segnalazione di una serie di nominativi, tra i quali il cugino della moglie. E c’era anche anche un grado di priorità, da 1 a 6, che ogni persona segnalata da inserire nel Pon avrebbe dovuto avere. Insomma, la vera graduatoria era quella delle raccomandazioni.
Alla fine, secondo gli inquirenti, Ionà avrebbe mantenuto le sue promesse «mantenendo così la promessa indebita al tempo fatta al Mancuso».