Ho sempre pensato che, per fare un solo esempio, Umberto Eco fosse un vero genio per due motivi: una memoria prodigiosa alla Pico della Mirandola e la mole dei libri che aveva letto ed elaborato. Un articolo di Guia Soncini su Linkiesta (Maledetto internet/ L’insostenibile urgenza di commentare tutto) spiega la società attuale dove, lo sappiamo bene, non si legge più perchè sono intervenute altre abitudini di impiegare il tempo. Se uno scienziato, un musicista, uno sportivo, un pittore, impiega tutto il suo tempo di vita per fare quel che sa fare, cosa capirà di politica o del mondo in cui vive? E infatti, a tutti capita di leggere qualche intervista di cantanti celebri, virologi, medici, fisici, ai quali si chiede un parere fuori dall’ambito di competenza e scoprire che non sono in grado di dire qualcosa di appena interessante.
Adesso tenterò, visto che io ho letto per intero più e più volte la Soncini, ma altri non avrebbero la mia stessa pazienza, di sintetizzare le cose che afferma l’autrice. La premessa del tutto è che viviamo in una epoca in cui si ha poco tempo e voglia di leggere ma in compenso tutto il tempo lo passiamo per giudicare e commentare tutto. Il problema è allora: come si fa a commentare se ti manca il bagaglio di informazioni propedeutico per valutare? E come si fa a discutere di qualcosa (tesi, antitesi, tesi) tra persone poco informate, se nel 2022 pur con i nativi digitali e la tecnologia più potente, noi cittadini dibattiamo incessantemente tra noi ignorando le questioni concrete nè più nè meno di quel che avveniva nell’ottocento nel più sperduto paesino dell’entroterra calabrese? Il progresso esiste ma l’1 vale 1 è una gran cazzata.
Per usare un mio solito paragone sportivo, come fai a commentare (1 vale 1) la Juve se non hai neppure visto la partita o se hai visto solo gli highlights? Adesso ce la prendiamo con internet, ma io ricordo perfettamente che mezzo secolo fa, nel 1971, quando uscì la prima copia del quotidiano comunista Il manifesto, ogni giorno noi lettori ci trovavamo davanti a questo paradosso. Leggevamo (avidamente) i commenti colà contenuti, ma senza conoscere i fatti a cui quelle opinioni si riferivano. Eravamo costretti a dedurli con un procedimento “ideologico” all’indietro, per cui dal giudizio e commento dell’autore, cioè da pochi indizi, intuivamo qualcosa, frammenti, degli eventi commentati. Noi non possedevamo dati e informazioni, quelli magari li fornivano i quotidiani importanti, ma compravamo le valutazioni che di quei dati e informazioni forniva il Manifesto, che poteva essere al massimo un secondo giornale di commenti politici. Quindi, per tornare alla Soncini, è vero: non è solo colpa dei social se nessuno sa più cosa c’è scritto sui giornali o nei libri: avevamo perso la capacità di conservare le informazioni già da tempo (sin dal 1971?) . Solo che adesso non vediamo l’ora di giudicare, recensire, criticare cose di cui ignoriamo il contenuto
La domanda della giornalista è secca: Calenda sarebbe una persona normale se non dovesse dire la sua a tutti ogni quindici secondi? Lo sarebbe Vongola75? Lo sarei io? Saremmo adulti? Saremmo sani di mente.
Vediamo come Soncini argomenta delle possibili risposte. Lo fa con una constatazione che condivido già da qualche anno. Oggi si può ben dire che hai letto un libro, un romanzo o un saggio, non importa di quante pagine sia, se ne hai letto almeno 50 pagine. In un mondo di ciechi chi ha un occhio solo ci vede benissimo. Da molti anni ci siamo ormai persuasi che non abbiamo il tempo di leggere più di 50 pagine e che in ogni caso ci bastano, non ne occorrono di più per giudicare qualcosa. Se poi lasciamo stare i libri e ci occupiamo di tv, sappiamo bene che ormai chi ha seguito distrattamente soltanto il sommario di un qualsiasi telegiornale, di qualsiasi tv, nazionale o locale, si sente in grado a ragion veduta di commentare tutti i fatti, nazionali o internazionali.
“Non l’avrà mica inventata internet, la categoria dei lettori incapaci di leggere ma che ci tengono a dir la loro. Però internet ha inventato quella micidiale combinazione di lettore che non legge e urgenza di commentare tutto; urgenza che ci era, sembra incredibile a dirlo oggi che è così pervasiva, ignota fino a non moltissimo tempo fa. Non riusciamo neanche a ricordare come fossero le nostre conversazioni quando non avevamo sbirciato tutti gli stessi titoli di articoli non letti, tutti le stesse due righe fotografate da Vongola75 d’un articolo di cui ignoriamo il contenuto sia noi sia lei”.
Una volta “non c’erano i giornali su Internet. No, nessuno ti mandava le foto degli articoli sul telefono. No, la conversazione collettiva non era una gigantesca cagnara in cui devi dire qualcosa di tutto senza sapere niente di niente. Era meglio? Beh, non potevi ordinare così facilmente la pizza a domicilio, né fotografarla per far sapere che l’avevi mangiata: ogni epoca ha i suoi vantaggi e i suoi limiti“.
Nell’immenso e globale telefono senza fili in cui siamo immersi, giovedì sera un’amica m’ha detto con sconforto che una persona a lei cara le aveva chiesto se avesse letto che Ambra (attrice,ndr) non paga l’affitto. Una volta l’amica poteva parlarci delle corna della cognata, o di cose di cui avesse più contezza rispetto al titolo del giornale che non ha letto ma ha sentito commentare da un dj mentre diceva ai figli sul sedile posteriore di non rubarsi l’un l’altro la merenda e se non la smettete vi do in adozione a Tiziano Ferro (che ha letto da qualche parte che ha avuto dei figli, o forse li ha adottati, o forse ha solo detto che gli piacerebbero, o forse è solo andato in visita a un reparto pediatrico: ora non è che l’amica possa ricordarsi tutto, c’è pure l’Iva trimestrale da conteggiare).
Nessuno legge più niente e nessuno ha più opinioni informate sull’attualità, perché dovrebbe sforzarsi di distinguere tra una cosa letta su Facebook, sul New York Times, su Cavalli e segugi, sulla bacheca d’un ex compagno di scuola? Ci ha resi più scemi Zuckerberg, o Soros, o la senilità?
Abbiamo tutti molto da fare, e l’economia dell’attenzione già deve dividersi tra consigli per non far aumentare le bollette, conoscenza superficiale dei programmi televisivi di cui parleranno in ufficio, partita a Candy Crush, e tu hai deciso chi votare? Fanno benissimo quelli che «purché non sia la Meloni»: vuoi mettere che vantaggio, non perdersi nei dettagli, t’avanzano pure due neuroni da dedicare ad altro.
Una conclusione, per chi non ha avuto il tempo di leggere tutto questo lungo articolo e ne ha letto solo le prime righe, posso formularla. La categoria di quelli incapaci di leggere ma che ci tengono a dir la loro esisteva ben prima di internet. Però internet ha inventato quella micidiale combinazione di lettore che non legge e urgenza di commentare tutto; urgenza che oggi è così pervasiva, mentre prima non l’avevamo.