Vorrei riflettere sulle dinamiche di un gruppo di lavoro qual è una squadra di calcio per tentare poi di ottenere similitudini valide fuori dal campo sportivo. Un team calcistico è interessante da indagare perchè dalle sue prestazioni si ottengono poi risultati misurabili (punti, successi).
Si discute da sempre sul ruolo dell’allenatore, e sulla sua importanza, trascurabile secondo alcuni, fondamentale secondo altri. Parto da qui, dal suo ruolo, perchè c’è un dato eclatante che però i tifosi non prendono mai in considerazione.
Prendiamo alcuni grandi allenatori, ma il discorso vale per tutti, Mourinho, Guardiola, Klopp, Ancellotti, Conte. Sono il meglio che c’è in giro eppure ogni anno tutto si azzera e debbono ricominciare daccapo. Il passato, il curriculum, non contano nulla. In altre parole, niente è determinato, non possono vincere ogni anno, anzi passano spesso da grandi vittorie a grandi sconfitte. Cosa significa, questo dato, e perchè i tifosi non lo prendono affatto mai in considerazione? Per esempio, quest’anno i tifosi romanisti sono convinti che con Mourinho arrivato in panchina faranno bene, così come i laziali con Sarri o gli juventini con il ritorno di Allegri. Se prendi uno che è o è stato un vincente, sei convinto che potrai vincere. E invece no, non è vero niente perchè ogni allenatore ricomincia sempre daccapo o da zero. Quello che ha ottenuto, le vittorie che ha ottenuto ieri, oggi non significano nulla.
Guardate Klopp e il suo Liverpool, dopo aver vinto nel 19/20 la Premier e la Champions, l’anno successivo non hanno vinto nulla, eppure la squadra era la stessa e Klopp è e resta uno dei migliori in circolazione. Lo stesso vale per Mou che ha vinto molto in carriera ma negli ultimi anni non ne ha azzeccata una, o per Ancelotti, che ha vinto la decima Champions con il Real ma poi ha fallito con il Napoli e l’Everton e adesso è tornato al Real Madrid. Voglio dire, in altre parole, che un allenatore non si giudica dai (soli) risultati, e che il suo valore si pesa alla fine di una carriera intera, in cui avrà vinto e avrà perso, e in cui ogni anno ha ri-cominciato. I tifosi invece spesso si augurano o si convincono che ci sia una sorta di determinismo, se prendiamo un allenatore vincente vinceremo.
Conte quando allenerà la sua nuova squadra dopo l’Inter, qualunque essa sia, avrà le stesse probabilità, di vincere o di fallire. Non è che perchè ha già vinto ha più chanches di vincere che di perdere.
Come si vede, il discorso, che è statistico e anche probabilistico, è basato (stiamo parlando di calcio) su una serie di variabili, oltre all’allenatore ci sono la squadra, il direttore sportivo, il presidente, lo staff medico, i preparatori, le strutture, la cassa o le risorse, i tifosi. Tutte insieme queste variabili incrociandosi e reagendo tra di loro portano ai risultati, che possono essere positivi o negativi. Noi commentatori dall’esterno non siamo in grado di valutare il peso di ciascuna delle variabili in gioco: noi possiamo soltanto giudicare la partita ma tutto quello che avviene prima dopo e intorno ci è ignoto. Noi giudichiamo su ciò che emerge ed è visibile, ma non sappiamo nulla del resto, che è poi tutto ciò che non vediamo.
Nonostante questo dato così fondamentale, il tifoso spara sentenze, sulla base dei risultati, delle partite che ha visto e di quelle poche indiscrezioni che ha orecchiato qua e là. Insomma, le opinioni calcistiche sono basate su dati incompleti ecco perchè sono sempre personali e discrezionali.
Ora questo ragionamento cerchiamo di spostarlo su altri settori, per esempio sul governo oppure su una scuola. Il governo o una scuola, a differenza di un imprenditore che sta sul mercato e quindi (è bravo se) guadagna o fallisce, sono assoggettate alle nostre opinioni di osservatori. E dunque, come avviene per gli allenatori, il presidente del Consiglio vale, è un vincente o non vale nulla? Il preside di una scuola vale o non vale nulla? Come facciamo a farci un’opinione che sia appena attendibile, e non sia basata su semplici simpatie, o impressioni?
A questa domanda si può rispondere trovando le similitudini che ho riportato con la situazione degli allenatori, costretti ogni anno a ripartire da zero. Considerando altresì che una cosa è giudicare dall’esterno e altra cosa dall’interno, ma soprattutto sapendo che in ogni gruppo di lavoro ci saranno sempre gli scontenti. Per cui, in conclusione, se un allenatore (o Draghi o un preside) è bravo lo sapranno meglio dei tifosi i giocatori e tutti coloro che hanno lavorato con lui. Però tra tutti quelli che hanno lavorato con lui ci saranno sempre quelli che ne parleranno male, per svariati motivi, a torto o a ragione. In ogni gruppo di lavoro ci sono gli scontenti, gli incontentabili, i cretini e i lavoratori efficienti. Così come nella Juve ci sono Ronaldo e Bernardeschi, e non sono proprio la stessa cosa. Anzi, nel governo o in una scuola ci sono tanti Bernardeschi che si credono Ronaldo.