In questi due anni di pandemia mi sembra davvero di essere tornato con una macchina del tempo indietro agli anni sessanta quando il mondo era diviso in due blocchi e i comunisti si vantavano la mamma Russia perchè il sistema sovietico, dicevano, è vero rendeva tutti poveri ma assicurava la salute a tutti mentre il capitalismo l’assicurava soltanto ai ricchi. Prima da giovane ho dovuto sentire queste scemenze, poi da adulto ho visto il Pci che non è mai voluto diventare socialdemocratico (ricordate la terza via?) e adesso che dovrebbe essere finalmente liberalsocialista ancora ci tocca vedere gli emuli di Corbin e Sanders accreditare la lettura populista: avevamo un bellissimo governo di sinistra guidato da Giuseppe Conte, che sarebbe stato rovesciato da un’oscura «convergenza d’interessi nazionali e internazionali», motivo per cui adesso ci tocca il governo dei padroni, che a questo punto non si capisce perché il Pd si ostini ad appoggiare.
Prendiamo nel pd uno come Peppe Provenzano, convinto di tale lettura grottesca, ora è stato capace di far imbarcare Letta nell’operazione “Gio-gio-giovane”. Ai Gio-giovani 18enni gli darebbero in dote ben 10mila euro (la domanda è: quanti di questi 280 mila giovani che stanno meditando di andare all’estero rinunceranno a farlo per la prospettiva di ricevere 10mila euro?) prelevati dalla tassa di successione di 100 super-ricchi da 5 milioni di euro l’anno.
Ai Sanders & Corbin come si produce la ricchezza non importa, loro crescono col “complesso di Robin Hood”, la re-distribuzione. Quando portavo l’eskimo, al Pci lo votavano i poveri, che adesso votano Salvini e Meloni perchè i dipendenti pubblici, i ricchi e tutti i garantiti invece votano a sinistra. Come se non bastasse, la pandemia è stata la botta finale: da una parte chi ha perso tutto, dall’altra chi non perso nulla (anzi ha aumentato i risparmi). Indovinate chi voterà a destra alle elezioni? Ma Letta, avendo già i vecchi pensionati garantiti che votano per lui, è convinto che deve farsi amici i giovani e i nuovi italiani. E quindi voto ai sedicenni, jus soli, tasse di scopo e altre inutilità simili. Non parlo di scuola perchè basterebbe copiare per intero il sistema duale tedesco e tutto andrebbe a posto, però i sindacalisti italiani che ci starebbero a fare?
A parte la scuola, che interesserebbe ai giovani se il titolo portasse al lavoro, la sinistra come potrebbe convincere i giovani e gli emarginati? Con il lavoro, soltanto con opportunità di lavoro. E, ditemi, il lavoro in Italia chi lo crea? Le imprese, quindi basterebbe incentivare le imprese come farà Draghi con il prossimo Recovery. No, Draghi non è di sinistra, perchè non vuol fare il Robin Hood. La sinistra alla Provenzano, alla grillina, il lavoro pensa che non tocchi alle imprese crearlo. No, i padroni vanno mandati nei campi di rieducazione perchè vogliono il profitto (ieri sera ho visto un film su quel deficiente maoista del regista Jean Luc Godard e sono ancora impressionato di come eravamo scemi). Il lavoro lo deve creare lo Stato, con il reddito di cittadinanza, i bonus, i sussidi, l’impiego pubblico. E’ bastato che due stolti come Fontana e Giulio Gallera dessero pessima prova di sè in Lombardia per sentire alzare un peana al capitalismo di Stato, unico baluardo contro le “privatizzazioni” dei beni pubblici essenziali come la salute. La convinzione dei Provenzano che le risorse il governo sappia davvero utilizzarle meglio dei privati è una legittima quanto ardita convinzione politica. Con questa storiella in un paese come il nostro che ha conosciuto le degenerazioni delle banche pubbliche, dell’industria di Stato che faceva panettoni e automobili (Cefis e la razza padrona, scrisse Scalfari), della Rai bacchettona che metteva le calzamaglie alle Kessler, siamo arrivati nel 2020 a contrapporre (come se l’uno sacrificasse l’altro) la sanità territoriale dei medici di famiglia all’Humanitas e ai grandi ospedali privati lombardi dove da tutta Italia accorrono per curarsi essendo i nostri ospedali pubblici, pur con qualche eccezione, incapaci di affrontare qualcosa che non rientri nella banale routine quotidiana. Ecco, adesso è troppo, abbiamo passato il segno. Ci sono quattro ambiti (scuola, università, mercato del lavoro e welfare) da riformare e non ci si può limitare a cambiare qualche rotella dell’ingranaggio, lasciando il resto invariato.
Purtroppo non bastano i miliardi buttati in Alitalia, non bastano gli esempi che ciascuno di noi conosce di quanto il mercato e la concorrenza siano in grado di aiutare il consumatore a spuntare il prezzo più basso per qualsiasi bene, compresi i vaccini che soltanto il mercato e i privati hanno reso disponibili in un tempo breve e inimmaginabile (Israele e GB hanno comprato sul mercato, mentre la UE lo ha disdegnato e sappiamo com’è finita). Occorre uno choc, per far capire a questi benecomunisti che sulle orme delle strampalate teorie di una Mazzuccato ancora blaterano di “pubblico” e Stato ai quali affidare praticamente tutto, dal lavoro alla salute all’ istruzione, dall’acqua alla privacy, da ogni impresa sull’orlo del fallimento all’ambiente e alla transizione ecologica. Lo choc potrebbe essere (scherzo ma fino ad un certo punto) la visione forzata ogni anno della serie tv “Chernobyl” creata e scritta da Craig Mazin.
La miniserie si concentra sulla portata devastante dell’incidente nucleare di Černobyl’ che si verificò nell’Ucraina sovietica il 26 aprile 1986, rivelando come e perché è accaduto, raccontando anche le vicende degli eroi che hanno dato il loro contributo per mitigare i danni dell’esplosione a costo della loro vita. Ecco a voi lo Stato che vi piace tanto, con le sue logiche e princìpi, altrimenti l’energia nucleare a chi la vuoi far gestire, al capitalista signor Burns, il padrone della centrale nucleare di Springfield del cartone animato “I Simpson”? Forse soltanto se vedono e rivedono la serie possono capire l’aberrazione del capitalismo di Stato e la smettono di prendersela con il neoliberismo, il mercato, la concorrenza, il capitalismo, la globalizzazione, che piace tanto a noi poveri cristi e per niente ai boiardi di Stato e ai dipendenti pubblici (i soli che con la pandemia non hanno perso nulla, non vanno più in ufficio e per questo son tanto coccolati dai nostri sindacati, quelli che unici al mondo vogliono mantenere per legge il divieto di licenziamento).