Il presidente della commissione antimafia, Nicola Morra in studio da Giletti afferma che Davigo gli avrebbe mostrato il contenuto dei verbali: “Io ho cercato di ragionare con Davigo e Ardita, ho chiesto a Davigo un’udienza e ho notato che nei confronti del dottor Ardita c’era una certa diffidenza, una certa chiusura. Davigo mi invitò ad uscire dal suo ufficio e mi mostrò i verbali nella tromba delle scale nella sede del Csm. Mi mostrò queste carte che parlavano del coinvolgimento del dottor Ardita in una loggia massonica segreta. Mi raccontò che c’era un collaboratore di giustizia che stava rendendo queste dichiarazioni a una Procura del nord. Non mi disse né la città, né il nome dei pm, né il nome del collaboratore. Non parlò di un dissidio tra sostituto e procuratore capo”.
“Solo il nome di Sebastiano Ardita ha letto?”, Incalza Giletti. “Sì uno e uno solo quello di Ardita. Perché si stava ragionando sul dottor Ardita” conferma Morra poi continua: “A me è stato detto che c’era un collaboratore che in una procura del nord sta rilasciando delle dichiarazioni sull’appartenenza di Sebastiano Ardita ad una loggia massonica.”
Il presidente della commissione Antimafia, nello studio di Non è l’Arena, però si spinge oltre ipotizzando che la presunta tensione tra i due fosse dovuta alla scelta del capo della procura di Roma: “Con la nomina a capo della procura di Roma c’è stata una rottura pubblica. Dopo la bocciatura della prima terna si è arrivata ad un’altra scelta con una spaccatura delle correnti tra Ardita e Davigo. Da questo punto di vista credo ci sia stata la tutela da parte del dottor Davigo di mettermi al corrente dei fatti” – conclude Morra.
Davigo, ex consigliere del Csm, intervenuto a DiMartedì, replica: «Il senatore Morra ricorda male e dice anche delle cose fantasiose. Non è vero, non gli ho fatto vedere nessun verbale. Il senatore Morra, presidente della commissione Antimafia, è venuto da me e voleva in quel momento parlare con Ardita, con il quale avevo interrotto i rapporti perché in passato si erano verificati alcuni fatti che avevano fatto venire meno il rapporto fiduciario».
«Morra voleva che parlassimo insieme con Ardita, siccome insisteva, l’ho preso in disparte e gli ho chiesto di uscire dalla mia stanza. Non gli ho fatto vedere alcun verbale per la semplice ragione che il senatore Morra dice che non gli ho detto di che Procura si trattava. Ora si dà il caso che sui verbali c’è scritto su ogni foglio qual è la Procura». «L’ho fatto uscire e gli ho spiegato che oltre alle altre ragioni per cui non volevo parlare con Ardita c’è anche una questione che potrebbe riguardare una associazione segreta. E gli ho ricordato che nella sua qualità di pubblico ufficiale, come presidente dell’Antimafia, era tenuto al segreto. Non l’ho detto al bar, l’ho detto al presidente della commissione Antimafia».
Ora, chi dei due dice la verità?
I Cinque stelle avevano in mano due consiglieri del Csm, Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita, autori del libro Giustizialisti (prefazione di Marco Travaglio, ndr), oggi ai ferri cortissimi. La rivelazione choc andata in onda l’altra sera conferma le rivelazioni di una fonte interna al Movimento cinque stelle al “Giornale” di qualche giorno fa: «Dietro lo scontro tra i due c’è la guerra tra governisti M5s e l’ala più barricadera». Ma a che titolo? L’ha spiegato ieri lo stesso Morra: «A seguito della notizia della rottura all’interno del gruppo di Autonomia e Indipendenza (la corrente grillina che ha portato all’elezione di Ardita e Davigo nella vecchia consiliatura Csm, ndr) per mia iniziativa ho cercato di ragionare sia col dottor Davigo sia col dottore Ardita, al fine di ricomporre un quadro che politicamente parlando a me sembrava particolarmente convincente». Insomma, due pm litigano e Morra prova a fare da paciere «per motivi politici». Poi viene la parte divertente. Perché da sempre i grillini sono talmente convinti dell’indipendenza della magistratura da aver creato una corrente. «Autonomia e Indipendenza doveva eradicare il sistema correntizio che un tempo era ben rappresentato dal dottor Palamara – dice sorridendo Morra -, non è un segreto che ogni tanto per confrontarsi su questioni importanti ritenessi il dottor Davigo una figura di riferimento da cui ascoltare e apprendere». Apprendere che cosa? Informazioni su inchieste delicate? E cosa c’era in ballo? «La nomina a procuratore capo di Roma», su cui Ardita e Davigo non erano d’accordo. Quindi Davigo ipotizza che Ardita sia legato a una loggia massonica e Morra resta spiazzato, anzi «trasecolato». Poi spiega: «Si stava ragionando della possibilità di riavviare un dialogo fra Davigo e Ardita». E perché un politico dovrebbe mettersi in mezzo tra due consiglieri Csm che avevano legittimamente idee diverse su una nomina di loro competenza ed eventualmente influenzare uno dei due? Perché un politico evidentemente riteneva di poterlo fare. Tanto che Davigo gli dice di stare attento con Ardita, di essere «prudente», di non invitarlo se si presenta un libro.