La pandemia non finirà dopo il vaccino, ma, come succede con l’influenza, dovremo imparare a con-viverci. Al contrario questo governo vuol far credere che con il vaccino si tornerà alla situazione normale precedente. Per cui Conte fa quello che ciascuno di noi potrebbe fare al posto suo, anch’io. Si chiama STOP and GO, è un interruttore che tu apri o chiudi. Ristoranti, sci, spostamenti. O apri o li chiudi. Ma fino a quando, per quanto tempo, puoi fare questo se non capisci che non puoi vita natural durante dare ad un ristoratore 500 euro al mese? Muovere un interruttore lo sanno fare tutti, organizzare un paese che vive con regole diverse e con le mascherine è impresa alla quale dobbiamo chiamare le menti migliori. Non è roba di Conte Speranza e Arcuri.
Scrive giustamente Claudia Perina su Linkiesta: ” L’Italia pre-pandemia era un Paese disorganizzato, impoverito, ma ancora felice di essere Italia perché conservava un’opportunità di “dolce vita” per tutti grazie al clima, alla bellezza gratuita del mare e delle montagne, alla cultura della piazza che da sempre, qui, mette il divertimento e la socialità interclassista alla portata di chiunque. Senza quel tipo di “dolce vita” – stroncata dal Covid – l’Italia vede deperire il suo genius loci, lo spirito dei luoghi che informa le biografie individuali e collettive. E si capisce perché nella temperie del lockdown gli italiani abbiano litigato soprattutto parlando di discoteche, ristoranti, cene, cenoni, impianti sciistici, raduni familiari e assai meno di scuola o lavoro. La qualità del tempo libero, qui, non è un accessorio. La qualità del tempo libero, qui, è la vera risposta alla domanda che molti italiani si fanno da anni: «Perché resto in Italia? Perché non me ne vado altrove?»…
“Il 2020 ha richiesto al Paese uno strappo culturale superiore a ogni altra nazione europea e il 2021 alzerà ulteriormente la posta. Una parte non piccola dei cittadini ha visto la sua way of life seriamente minacciata o addirittura azzerata. Niente più weekend al mare, niente più giornate sulla neve. Niente più eventi, mostre, prime teatrali, presentazioni di libri, shopping, luoghi dove esercitare l’arte dello stare al mondo. Niente più raduni famigliari e uscite di gruppo, che in Italia non sono solo il nocciolo rituale di una tradizione ma l’obbiettivo delle giornate e delle settimane: si lavora, anche duro, sapendo che alla fine ci si siederà a tavola, con gli amici, con i parenti, poco importa se per la cena esagerata o per la merenda vegana”.
Insomma, non si può vivere tutto il 2021 come abbiamo fatto nel 2020. Il rischio è che la gente sbarelli e i no vax diventino un serio pericolo, insieme con tutti quelli che svolgono una attività economica e sono costretti a chiudere.
Le scuole, i ristoranti, gli alberghi, le piste da sci, i cinema, i teatri, le palestre, vanno riaperti e riorganizzati per evitare assembramenti e covid. E ‘ una vita nuova con il covid quella che ci aspetta, non una vita di merda come quella che pensano di farci fare Conte & C., gente che non sa da dove cominciare e pensa alle cazzate, le primule, le biciclette elettriche, i banchi con le rotelle, le autocertificazioni, i consanguinei, le zone di diverso colore, il cashback.
Prendiamo i ristoranti o le piste da sci. Un ristorante con un locale medio (6 dipendenti, 400 mila euro di fatturato) tra affitto, consulenti e altre voci arriva a 5 mila euro al mese di perdite.
Possibile che non possano stare aperti con un numero prefissato, prenotazioni, distanze, insomma eliminando la folla? Possibile che quello che succede con i supermercati e le farmacie non possa essere esteso a tutte le attività?
Insomma, lo abbiamo capito: chiudere tutto è una decisione semplice che può prendere anche un bambino. Se costringi la gente a casa il contagio si annulla. Solo che non puoi chiudere a casa la gente per sempre. Organizzare una vita sociale nuova è compito da statisti, non di questi quattro mignimogni.