La catalogazione delle regioni è stata fatta in base ai 21 indicatori riportati nei rapporti settimanali dell’Istituto superiore di sanità. Gli indicatori comprendono dati relativi all’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, diffusione del virus, capacità di fare tamponi, possibilità di tracciare i positivi. E poi ancora , il numero dei sintomatici, quelli nelle Rsa, il numero dei ricoveri, il rilevamento di nuovi focolai.
Quindi per stabilire quale regione deve essere catalogata come rossa (alto rischio), arancione (rischio intermedio) o gialla (rischio più basso) c’è bisogno di individuare il livello di rischio relativo alla singola regione. Secondo Repubblica però, da parte di diverse regioni «si osserva un grave peggioramento nelle comunicazioni» trasmesse all’Istituto superiore di sanità. Linkiesta ha contattato l’Iss per chiedere conferma: l’istituto si è limitato a non smentire.
Quel che è certo è che i report che l’Istituto superiore di sanità fornisce al governo sono settimanali, sono pubblicati il venerdì e sono riferiti alla settimana precedente: venerdì 6 novembre ad esempio verranno riportate le statistiche del monitoraggio della settimana che va dal 26 ottobre al primo novembre. Inevitabilmente in questo modo le decisioni del governo, pur immaginandole rapide, immediate, avrebbero come unico riferimento possibile uno scenario tracciato almeno cinque giorni prima.
L’ultimo report disponibile al momento è quello di fine ottobre, che fa riferimento alla settimana che va dal 19 al 25 ottobre: sono dati piuttosto vecchi, che non necessariamente fotografano la situazione attuale. È su quei numeri che è stato deciso di far ricadere le regioni in una categoria piuttosto che in un’altra.