Cosa direste se un testimone facesse la fotografia di un uomo che uccide un altro uomo, la porta alla Procura e però, non solo l’omicida non viene arrestato, ma è il testimone stesso che viene allontanato? Direste che questa è l’Italia, ormai non ci facciamo più caso, la giustizia non abita più qui. Questo mio esempio può apparire paradossale, abnorme, ma è la metafora di qualcosa che è successo davvero in Calabria e che ora riassumo per l’ennesima volta. C’è un medico, si chiama Santo Gioffrè, è nato a Seminara (RC), dove era stato anche consigliere comunale. Era stato assessore alla Cultura della provincia di Reggio Calabria e poi nel 2015 diventò commissario straordinario dell’Asp reggina nominato da Mario Oliverio. La sua nomina era stata contestata, ma indovinate un pò da chi? Dai Cinque Stelle, solo che il presidente della Regione ha tirato dritto finendo a sbattere poi contro l’Anticorruzione di Cantone. Nel breve volgere dei 5 mesi del suo mandato, Gioffrè visse la solitudine della sua posizione apicale; indagò, comprese tutti i meccanismi perversi, denunciò il malaffare e alla fine fu rimosso dall’autorità anticorruzione guidata dal magistrato Cantone, non perché avesse commesso nefandezze come quelle che aveva denunciato e in relazione alle quali l’anticorruzione mai aveva indagato, «ma per una strumentale forma di incompatibilità con la carica mai prima contestata ad altri, e che un luminare del Diritto Amministrativo aveva acclarato non sussistere».
Il diritto italiano si basa su norme e interpretazioni, per cui la stessa norma può essere interpretata in tanti modi diversi. C’è ancora chi non capisce questo fondamento del nostro diritto (quello americano è fondato invece sui precedenti giurisprudenziali) per cui lo stesso caso può esser giudicato da giudici diversi in modi diversi sino all’ultimo grado, la Cassazione, che decide in maniera definitiva. Premesso tutto questo sul nostro sistema giudiziario che consente ad ogni giudice, individuale o collegiale, di giudicare con la testa sua, scegliendo l’ interpretazione che preferisce, resta alla fine la sostanza dei fatti. E la verità. Adesso quindi raccontiamo i fatti, che cominciano con un invito scritto che l’Asp di Reggio Calabria fa pervenire alle Banche cassiere:
“I tesorieri, Banco di Napoli e Banca Carime, sono invitati a voler produrre, con la massima urgenza, dettagliati elenchi sui pignoramenti effettuati, a fronte di Sentenze Esecutive, in favore dell’ex AS n. 10 di Palmi e AS n. 11 di Reggio Calabria per gli anni in cui veniva svolto da parte vostra servizio di Tesoreria”. Tali richieste, l’Asp di RC le rinnovò continuamente, come dimostrano i protocolli n. 65680 del 26/9/2011 e susseguenti e fino al 2013, quando l’Asp di RC chiese le stesse carte al nuovo tesoriere che era subentrato già dal 2011, la Bnl (Prot. 31358/DS del 24/4/2013).
A tali richieste, le Banche non facevano riscontro. Perchè? Perchè le banche non consegnavano le minute all’ufficio di ragioneria dell’Asp, dei pagamenti fatti in seguito ad assegnazioni giudiziarie e pignoramenti?
Si deve sapere che tale fatto, fin dal 2005, causò uno sconquasso nei conti dell’Asp e fu la causa principale che impedì la normalizzazione del sistema di pagamenti. Non trasmettendo le minute dei singoli pagamenti effettuati, questi non venivano cancellati dalla lista dei debiti, risultando, perennemente, sempre tali e permettendo così, a chi godeva di complicità, di farsi pagare più volte la stessa fattura. Ecco in parole semplici la domanda che in quei 5 mesi in cui è stato commissario Santo Gioffrè si è posto ed ecco la ragione per la quale doveva essere rimosso. Uno che si fa la domanda sbagliata in Calabria può essere rimosso per vie brevi o per vie giudiziarie.
Nel 2020 Santo Gioffrè ha scritto “Ho visto. La grande truffa nella sanità calabrese” (Castelvecchi editore). Spiega la grande truffa ai danni della sanità in Calabria, nascosta nelle omissioni contabili, nei registri incompleti, negli atti non impugnati; nella tecnica perfetta con cui si liquidavano le stesse fatture più volte. Ha svelato i meccanismi e le perpetuazioni criminali di un sistema rimasto fino ad allora inattaccabile. Per sei mesi, resistendo a indicibili pressioni, ha fatto tremare l’organizzazione responsabile della voragine nei conti, prima di essere destituito: «Quando qualcuno sta per realizzare qualcosa di importante viene allontanato». E che a tutto questo abbiano contribuito i 5Stelle non è una novità, sul piano politico, visti i voti che hanno preso nel 2018 in Calabria. Su Cantone il discorso concerne il nostro sistema giudiziario e l’ho spiegato in premessa. Ora in questi giorni Gioffrè, il quale denunciò le anomalie nei pagamenti dell’Azienda sanitaria portando la stessa ad essere sciolta per mafia prima di venire allontanato, torna sull’argomento con “Tutto pagato! Il saccheggio della sanità calabrese raccontato da chi l’ha scoperto” (Castelvecchi Editore).
Un intrigo di colletti bianchi operanti ad un livello così raffinato ed elevato da consentire pagamenti duplicati e triplicati di fatture milionarie.
Il tutto senza che si sia registrato negli anni un intervento tempestivo e incisivo dei preposti al controllo, nonostante da anni l’Asp non riuscisse più a stilare i bilanci.
Gioffrè è dunque da tanti anni il testimone sulla grande truffa scoperta ai danni della sanità calabrese, nascosta nelle omissioni contabili, nei registri incompleti, negli atti non impugnati; nella tecnica perfetta con cui si liquidavano le stesse fatture più volte. Come cantava Celentano nel 1969 nella sua canzone “Mondo in mi settima” “…e le persone serie/che non raccontano le storie/ le han spedite in ferie”. In Italia ti possono mandare via in due modi, tramite la violenza o tramite la legge.