Un preside a Trento guadagna 100mila l’anno, a Vicenza 63mila

L’origine risale all’art.116 della Costituzione del 1948.  I commi 1 e 2 sanciscono che «Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale». Le ragioni della scelta hanno radici diverse: la forte spinta indipendentista in Sicilia; le rivendicazioni austriache in Trentino-Alto Adige; la prevalenza del dialetto francese in Valle d’Aosta; la complessità linguistica e l’influenza dell’allora regime comunista jugoslavo in Friuli-Venezia Giulia; la povertà secolare in Sardegna.

Quanto trattengono le Regioni a statuto speciale
Il punto sostanziale è quello di trattenere per sé la gran parte delle imposte: la Valle d’Aosta si tiene il 100% di Irpef, Ires (imposta per le società), Iva e accise sui carburanti; le Province autonome di Trento e Bolzano il 90% e l’80% di Iva; il Friuli-Venezia Giulia il 59% e il 30% delle accise; la Sicilia il 71% dell’Irpef, il 100% dell’Ires e il 36% di Iva; e la Sardegna il 70% su tutto e il 90% di Iva. Con questi soldi si pagano: sanità, assistenza sociale, trasporti e viabilità locali (che però si pagano in proprio anche Regioni come Lombardia, Toscana e Lazio), manutenzione del territorio, infrastrutture per l’attrazione turistica. La Valle d’Aosta e le due province del Trentino si finanziano anche l’istruzione, ovvero gli stipendi degli insegnanti.

Cosa paga lo Stato
Lo Stato paga tutto il resto: le spese per la giustizia (procure e tribunali), le forze dell’ordine, le infrastrutture di carattere nazionale (come la rete ferroviaria, i trafori, pezzi di autostrada, a partire da quella del Brennero), i servizi Inps, oltre alla macchina politica e amministrativa statale. Tutte spese che sono finanziate dalla fiscalità generale, alle quali queste regioni non partecipano, o lo fanno in piccola parte.Costi a Roma, vantaggi alle Regioni
A conti fatti, come mostrano i dati dei Conti Pubblici Territoriali, lo Stato in media spende all’anno per ogni cittadino italiano che vive nelle Regioni a statuto ordinario 10.737 euro, tanto quanto spende per un cittadino valdostano (10.708), per un abitante del Friuli-Venezia Giulia 12.170, per un trentino 9.343, un altoatesino 9.222, un sardo 9.666, e per un siciliano 8.214. Lo Stato, dunque, non ha di fatto spese minori, in compenso le Rss hanno il doppio delle risorse da utilizzare per i loro territori: la media delle spese per i propri cittadini è di 7.096 euro pro-capite contro i 3.688 delle altre Regioni. E poi quando c’è un problema si batte cassa, come è il caso della Sicilia, che sui 12 miliardi che gli servono ogni anno per la sanità, 6 se li fa dare dallo Stato.

Che cosa ci fanno con i soldi in più
Nelle Regioni a statuto ordinario le spese correnti per l’istruzione (stipendi insegnanti, materiale didattico, personale amministrativo, ausiliare, ecc.) pesano in media su ogni cittadino 815 euro l’anno. Trento e Bolzano possono permettersi di spendere rispettivamente 1.495 euro pro-capite e 1.304, e la Valle d’Aosta 1.225. Tradotto: il dirigente scolastico di un liceo a Trento guadagna 99.656 euro lordi l’anno, mentre a Vicenza, a parità di anzianità di servizio non supera i 63.000 euro.
E per quel che riguarda l’edilizia scolastica Bolzano può permettersi di investire 205 euro pro capite, Trento 109 e la Valle d’Aosta 60, contro la media di 36 euro delle Regioni a statuto ordinario. Lo stesso discorso vale per il personale della pubblica amministrazione, che è più numeroso e quindi può offrire servizi più capillari ai cittadini. È vero che dovendo svolgere più funzioni è necessaria una maggiore presenza di personale dipendente dalla Regione, ma quel personale è anche pagato meglio: la spesa pro-capite è di 2.580 euro contro la media di 1.862 delle altre Regioni.