Gli arbitri italiani in genere vengono arruolati senza aver mai giocato al calcio, neppure sui campetti. Magari sarà lo stesso all’estero, ma è l’unica spiegazione che dopo tanti anni mi sono dato per capire alcune nostre inclinazioni.
Solo chi ha giocato sa che, per dirne una sola, sull’erba si può scivolare senza poterci far nulla oppure che il corpo per stare in equilibrio assume spontaneamente, senza poterci far nulla, una postura con braccia larghe che fanno da bilanciere. Chi ha giocato sa che correre e sbracciare verso l’indietro toccando l’avversario con le mani è gesto furbo per tenere lontano il contendente, oppure sa che appena uno sente un colpetto sulla scarpa o sulla gamba ci si può buttare a pesce facendo un tuffo in avanti (alla Chiarugi, famosa ala della Fiorentina, o alla Cuadrado il quale sfiorato da dietro fa un tuffo in avanti).
Al di là di questa esperienza pratica che manca agli aspiranti arbitri, i quali vengono fatti allenare correndo quando invece dovrebbero soltanto giocare tra loro col pallone, c’è un elemento psicologico che accomuna tutti.
Se fosse loro consentito, nel primo minuto di gioco darebbero la prima ammonizione a tutti i 22. In questo modo si faciliterebbero il compito, avrebbero tutti i calciatori ben attenti a non far falli per non essere espulsi. Insomma, gli arbitri scarsi sono quelli che cominciano ad ammonire subito, sin dal 1° minuto. La nostra eccellenza, Daniele Orsato, che dirige dal 2002, 15 presenze quest’anno, ha una media di 28 falli fischiati, ben 55 cartellini gialli, 5,87 volte a partita. Ho visto una partita in Premier dove nel primo tempo l’arbitro fischiò solo 5 volte. Facciamo i conti: se uno fischia 28 volte, siccome per ogni fischio uno è caduto per terra e il gioco si interrompe, diciamo per 15 secondi, si perdono 7 minuti. Aggiungete i secondi che si perdono per ogni rimessa laterale (media 42 a partita in England) e per i corner (media 10 a partita) e con 10 secondi persi ad episodio si arriva a quasi 9 minuti. Insomma 16 minuti si perdono solo per i fischi dell’arbitro (punizioni), rimesse e corner.
I calciatori italiani, secondo me, soffrono in Europa per l’intensità atletica in quanto le nostre frequenti interruzioni consentono loro ripetuti riposini. Ma, sappiatelo, i riposini piacciono molto anche agli arbitri. Ricordo Bentancur della Juve che entro il 20° minuto veniva regolarmente ammonito ogni partita, per cui 70 minuti doveva farli col freno a mano tirato. Ora gioca in Inghilterra, dove viene anche ammonito, ma non succede mai nel primo tempo. Nei miei anni settanta esisteva una regola implicita, non si veniva ammoniti mai al primo fallo (c’era la liberatoria del primo fallo), oggi magari uno entra al 75° e al primo intervento viene ammonito o espulso. Una volta il fallo di mano era punito solo se volontario,oggi hanno cambiato le regole per cui i calciatori debbono tenere una postura innaturale, tenendo le braccia aderenti al corpo.
Al di là di tali regole cervellotiche, quel che voglio dire è che gli arbitri italiani, a mio parere, fischiano (altrimenti si sentono ininfluenti) e ammoniscono troppo, così stanno assimilando il gioco del calcio, gioco di contatto, al basket, dove non ci si può toccare. La loro giustificazione è: applico il regolamento. Dovrebbero innanzitutto fargli fare un esame universitario di diritto privato dove apprenderebbero che ogni norma scritta è interpretabile. E guai se non fosse così, anche la norma “chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione” deve essere interpretata. Per capire che “l’uomo” di cui parla sta per “essere umano” e non per “maschio“.
In Inghilterra viene punito il gioco violento, che è quello in grado di provocare danni all’avversario; in Italia viene punita l’imprudenza, l’imperizia, la foga. Come se fossero sinonimi di violenza. Chi ha giocato sa che una palla contesa (cioè l’80% delle azioni) presuppone, come logica e buon senso vogliono, che uno dei due contendenti perda. Nel calcio non può esistere il “prego, s’accomodi“, il galateo di chi si ferma e fa passare l’altro prima di lui. C’è la lotta per passare, per conquistare il pallone, e quindi ci si tocca, ci si sfiora, ci si scontra. Nel tentativo di prendere la palla si danno zuccate in testa, e si scambiano colpi. I colpi si prendono e si danno, ma chi non ha mai giocato s’inventa un gioco tutto suo, dove non si cade mai e non ci si tocca. Che poi è il basket.
Nel calcio io scivolo o allungo la gamba nella speranza di arrivare per primo sul pallone sottraendolo all’avversario. Così come succede nella corsa dei cento metri. Uno parte per arrivare primo ma può succedere che arrivi secondo. Ma perchè se arriva secondo deve essere ammonito sempre? Non voleva toccare l’avversario, è solo arrivato dopo per un millesimo di secondo. Perchè si deve essere puniti se l’intenzione era quella di (contendere il) arrivare sul pallone? Si afferma: sei stato imprudente. No, quasi sempre è stata una sconfitta, come succede a chi arriva secondo nella gara dei 100 mt piani. Voleva forse arrivare secondo? No, è stato battuto. Una sconfitta nel calcio italiano diventa un fallo da punire.
Il gioco pericoloso è altro, per esempio sollevare la gamba a 2 mt da terra, oppure catapultarsi con la gamba sollevata da terra verso un avversario. Mosse da kickboxing. O fare lo sgambetto o una sforbiciata. Questi sono esempi di spericolatezza e di imprudenza, ma certamente non lo sono tutte le innumerevoli occasioni di palla contesa a terra.
Le doppie ammonizioni, comminate per cazzate, portano all’espulsione di un giocatore e alla conseguenza che una partita viene rovinata. Un danno per i tifosi paganti, per lo spettacolo, di cui arbitri insensibili non rispondono. L’espulsione dovrebbe essere l’extrema ratio, un rimedio ultimativo per il gioco violento, una punizione per mettere al bando i violenti.
Invece è diventata il mezzo per imporre la dura legge di arbitri frustrati che vogliono far vedere di essere coraggiosi. In Italia, complice tv e moviolisti (passano il tempo a vedere se la palla tocca il braccio, o se il piede tocca la gamba…) con la scusa di applicare il regolamento (interpretabile come tutte le norme scritte) il calcio sta diventando uno sport senza contatto, dove la sfortuna (un rimpallo, una deviazione, l’imperizia) o il caso, comportano rigori, espulsioni, punizioni, interruzioni ripetute, squadre ridotte in 10 o 9.
Eppure, come vedo fare in Premier League, pur con arbitri anziani e grassotti, basterebbe punire e bandire solo la violenza. Gli arbitri inglesi non sono affatto i migliori del mondo, sbagliano molto anche loro, ma hanno (ai miei occhi) dei meriti: fischiano poco perchè un arbitro meno si vede meglio è per lo spettacolo, e poi hanno capito la cosa più importante di tutte: se fischi molto induci ogni calciatore ad accentuare ogni contatto ricevuto. Molti fischi comportano molti cascatori e molte simulazioni. Lo capiranno mai in Italia i nostri fischietti pieni di boria, potere e compensi? No, perchè l’arbitro italiano desidera una sola cosa: essere temuto. Se fischia poco pensa che passerà per uno del “laissez faire, laissez passer“, che “lascia fare”, quindi intende essere, come qualsiasi politico, un dirigista, un interventista. Ma il troppo, dovrebbero ricamarglielo sulla divisa, storpia.