F. Merlo/ Conte, Draghi e i tori imbizzarriti

(17/7/22) FRANCESCO MERLO Non vedo nessuna “evoluzione”. Conte è il più strambo protagonista di questo nostro tempo instabile che è stato dominato dai grillini ed è arrivato alla fine. Con lui è diventato antropologico il trasformismo politico che Berlusconi aveva “trasformato” in travestitismo: il maquillage, la calza sulla telecamera, la chirurgia plastica. Conte invece ci prova davvero ad essere, ogni volta, un altro. Quel professore che in piena Cretinocrazia dilatava i titoli e truccava il curriculum universitario, nel primo governo di destra fu il vice dei suoi vice. Poi nel Conte-due divenne l’uomo solo al comando, ma di sinistra. Ed era pronto al Conte-tre, al Conte-sempre, pur condannato al “quasi” perché “il politico nel frattempo” non è mai completamente dov’è. Sa che domani sarà un altro e poi un altro ancora. Difatti, è stato sino a ieri “il signor campo largo”, e ora è la faccia quasi feroce del ritorno al vaffa. Non so anticipare il suo destino. Diceva Pietro Nenni, l’uomo buono del socialismo: “In politica ci sono due categorie di persone, quelli che la fanno e quelli che ne approfittano”.

Caro Merlo, povero Draghi! Si trova nell’arena aggredito da alcuni tori imbizzarriti. Giancarlo Narduzzo

Nel Paese del posto fisso e del tirare a campare, Draghi abbandona l’arena ai “tori imbizzarriti”. Aveva liberato l’Italia, nella legislatura non ancora finita, da una nomenklatura eversiva filorussa, filocinese e antieuropea. Ma la politica, ormai in campagna elettorale, è entrata in conflitto con la sua dignità personale. Non solo le sue dimissioni salvaguardano l’Istituzione ma, lasciando adesso il suo posto di capo di un governo pacificatore, dimostra d’essere stato l’uomo più adatto ad occuparlo.

Caro Merlo, ma davvero siamo nelle mani dell’avvocato di Volturara Appula, di Paola Taverna, Carlo Sibilia, Davide Crippa; con la supervisione di Marco Travaglio; il tutto diretto e interpretato da un ex comico che si fa chiamare l’Elevato? Ma davvero?  Vincenzo Lupia- Sersale (CZ)

Nelle loro mani? Noi, caro Lupia, non ci siamo stati mai. Meno che mai oggi che non sanno più dove metterle, le mani.

Caro Merlo, Letta ha paragonato il No di Conte al colpo di pistola a Sarajevo. Un botto per rovinare l’Italia. Marcella Gori – Pistoia

Non userei toni esagerati. Gli italiani sanno che la crisi è governata da Sergio Mattarella, il presidente gentile e fermo che ha già saputo, con serenità e senza narcisismi, smontare la rabbia sconclusionata degli “sfascisti”, non solo dei 5 stelle. C’è persino riuscito quando, con ben più forza e consenso di oggi, arrivarono all’aggressione personale dell’impeachment (e chissà perché nessuno ricorda che Giorgia Meloni fu la prima, seguita a ruota da Luigi Di Maio che, almeno, poi gli chiese scusa).

Caro Merlo, ho letto che Conte ha “scelto l ’Aventino” contro il termovalorizzatore di Roma. Io abito sull’Aventino e vorrei che Conte venisse davvero per vedere qui la stessa monnezza che c’è al Flaminio, all’ Esquilino, a Prati, a San Giovanni… Al di là della battuta, davvero Conte farà una campagna elettorale per la “combustione senza fiamma” di cui straparla Grillo? Con la monnezza come simbolo? Lorella Sasso – Roma

Torna il programma di Grillo: combustione senza fiamma, macchine a idrogeno, confraternite energetiche, giubbotti autoriparanti, trasporto delle persone via tubo a 1200 all’ora, enzimi per digerire i fritti, Estonia e Lituania come modelli, classi dirigenti estratte a sorte, reddito universale, la politica come umorismo, fine dei giornali e ovviamente: viva Putin. Ha ragione, cara Sasso, è la monnezza di Roma l’ultimo simbolo dei 5stelle.

Caro Merlo, ho sentito Domenico De Masi dire a Radio24 che Conte sta completando la trasformazione del Movimento in Partito, e sarà la perfezione delle origini, non il declino ma una rifondazione che alle elezioni – De Masi l’ha detto senza ridere – “raggiungerà almeno il 16 per cento”.  Daria Boncompagni – Arezzo

La rifondazione, il ritorno ai “valori” d’origine è la pulsione terminale di tutti i fallimenti, anche di comunismo e fascismo che hanno fatto la storia del Novecento. Quella dei 5 stelle superstiti è la sindrome di Salò. Nella tragedia riproposta come farsa, Conte è la parodia di Pavolini con le brigate del vaffa di Di Battista al posto delle “brigate nere”.

Caro Merlo, ma perché si dovrebbe votare in autunno e non in primavera. Non c’è un’altra maggioranza?  Giorgio Villano – Milano

Penso che ci sia. Posso sbagliare, ma non credo che si voterà in autunno.