La graduatoria 2021 del reddito disponibile per abitante conferma sostanzialmente la situazione del 2020: in testa si pone la Provincia autonoma di Bolzano-Bozen, con 26,3mila euro correnti (25,7mila euro nel 2020), seguita da Lombardia (23,9mila euro) ed Emilia-Romagna (23,3mila euro). La Calabria chiude la graduatoria con 14,1mila euro (13,5 nel 2020), preceduta da Campania e Sicilia (rispettivamente 14,5mila euro e 14,8mila euro)».
Famiglie per fonte principale di reddito. Calabria e Italia. Anno 2017 (composizione percentuale) Fonte: Istat
Lavoro dipendente Calabria 42,1 (Italia 45,1)
Lavoro autonomo Calabria 12,6 (Italia 13,4 )
Pensioni e trasferimenti pubblici Calabria 42,6 (Italia 38,7)
Capitale e altri redditi Calabria 2,7 (Italia 2,8)
Reddito lordo disponibile delle famiglie in Calabria nel 2019
Redditi da lavoro dipendente 51,9 %
Redditi da lavoro autonomo 26,4
Redditi netti da proprietà 15,8
Prestazioni sociali e altri trasferimenti netti 42,0
Contributi sociali totali 21,6
Imposte correnti sul reddito e sul patrimonio 14,5
L’economia illegale e le altre componenti dell’economia non osservata presentano un’incidenza che varia tra il 3,6% del valore aggiunto complessivo in Calabria e l’1,5% della Lombardia (Istat)
Secondo l’Istat «a livello regionale il peso dell’economia non osservata è massimo in Calabria, con il 18,8% del valore aggiunto complessivo, e minimo nella Provincia autonoma di Bolzano-Bozen (8,2%)
Le due fonti principali di reddito delle famiglie calabresi sono pensioni e trasferimenti pubblici e il lavoro dipendente. Con riferimento alla condizione occupazionale, emerge che il 22,2 per cento delle famiglie con almeno un componente da 15 a 64 anni non ha alcun componente appartenente alle forze di lavoro, una quota di 9 punti
percentuali al di sopra del dato nazionale (il 13,2 per cento). Emerge inoltre che un terzo delle famiglie calabresi è priva di componenti occupati, contro un dato medio nazionale pari a poco meno di un quarto.
Dagli anni cinquanta ad oggi i calabresi hanno invocato e maledicono un solo Dio, lo Stato. Lo Stato (contrapposto all’Antistato della ‘ndrangheta) è la soluzione di tutti i problemi, la cura, la pozione miracolosa, piace a tutti, destra e sinistra, allo stesso modo. Allo stesso tempo è il nemico, il padre che non si prende cura dei suoi figli. Come ha spiegato l’economista Domenico Cersosimo su Repubblica “l’affermazione che in Calabria lo Stato sia assente è totalmente falsa quando invece in Calabria lo Stato è l’unico attore presente perchè non c’è il mercato”.
Basta enunciare questo termine, “mercato”, per provocare le ire contro il liberismo dei putiniani ancora in servizio. Eppure, dice Cersosimo, l’80% della vita dei calabresi dipende dallo Stato, in tutte le sue articolazioni, ma in prevalenza centrali.
Si pensi alla intera spesa pensionistica calabrese, quasi 7,5 miliardi l’anno per 770mila pensionati. L’intera produzione agricola e manifatturiera calabrese sta sotto questa cifra. Le pensioni sono quasi 1/5 del Pil regionale che ammonta a 33 miliardi. Pertanto la classe dirigente calabrese, imprenditoriale e non, ha natura estrattiva, draga le risorse e ha una convenienza a mantenere lo status quo. Se l’80% del bilancio regionale riguarda la sanità, tutti capiamo perchè il buco sanitario regionale resta ancora imprecisato. Il referendum di Renzi del 2016 non aveva nessuna possibilità di essere approvato in Calabria, faceva crollare il castello di carte.
POPOLAZIONE Ancora in calo la popolazione residente in Calabria. Al 31 dicembre 2020 erano 1.860.601 residenti con una diminuzione di 33.509 unità (terza edizione del Censimento permanente prodotto dall’Istat). Il 64,5% dei residenti nella regione vive nelle province di Cosenza e Reggio di Calabria, che coprono il 65,1% del territorio, ecco spiegati i risultati alle regionali che dipendono sempre da queste due province.
Tra il 2019 e il 2020 la popolazione è diminuita in tutte le province, soprattutto a Crotone (-4.522, -2,7%), Cosenza che registra anche il maggiore decremento in termini assoluti (-2,1%,-14.384 unità), e Vibo Valentia (-2.522, -1,6%).
Tra il 2019 e il 2020 solo 48 dei 404 comuni calabresi non hanno subito perdite di popolazione e tra questi si conta solamente un capoluogo di provincia, Vibo Valentia, che fa registrare anche il secondo maggior incremento comunale in regione, con 302 unità. Sono invece 356 i comuni dove la popolazione diminuisce: in valore assoluto le perdite più consistenti si registrano a Reggio (-1.859) e Cosenza (-1.553); in termini relativi nei comuni di Briatico (in provincia di Vibo Valentia) (-6,8%) e Aiello Calabro (in provincia di Cosenza) (-5,8%).
PENSIONI Su 1.800.000 calabresi che vivono davvero nello stivale le pensioni erogate risultano essere 770.003 comprese le 122.198 pensioni di invalidità civile con o senza accompagnatore.
Una cifra che corrisponde al 43% della popolazione reale. Nel 2017 la Calabria aveva il record di indennizzi di invalidità: 77 abitanti su 1.000. Sulla carta i criteri di riconoscimento sono gli stessi in tutta Italia, eppure basta dare un’occhiata alla graduatoria delle Regioni ordinate in base alla frequenza delle prestazioni per rendersi conto della differenza effettiva: se la media nazionale è intorno alle 50 ogni 1000 abitanti, le quasi 78 della Calabria la pongono ad un livello doppio rispetto alla stessa Emilia-Romagna, che si ferma a quota 34.
A tale enorme e spropositata cifra si aggiungono i circa 197.000 percettori del reddito di cittadinanza e i circa 110.000 dipendenti pubblici. Si arriva al 60%, ad un milione di abitanti (garantiti) che non fanno parte delle categorie produttive in senso stretto.
Quelli che si sbattono per arrivare a fine mese sono l’11% della popolazione, circa 200.000 artigiani, partite iva ed imprenditori.
DISOCCUPATI E NEET I rimanenti 600.000, sottratti i 300.000 minorenni e studenti, formano la vasta platea di disoccupati e di Neet, cioè coloro i quali il lavoro non lo cercano più. Una platea talmente esigua che ben esprime la fragilità sociale ed economica della Calabria.
Prendiamo la misura che ha consentito ai 5Stelle di sfondare in Calabria nel 2018 con quella palla che avrebbe dovuto prendere il posto della Cassa per il Mezzogiorno per sconfiggere la povertà. Sarebbe ora molto più corretto chiamarlo Reddito di assistenza. Infatti in Calabria sono quasi 200.000, esattamente 197.000 i calabresi che ne usufruiscono considerando che il Reddito di cittadinanza coinvolge ben 87.226 nuclei familiari.
REDDITO DI CITTADINANZA Inutile dire che nessuno di coloro i quali ne usufruisce si è cancellato per avvenuta occupazione. Dei Navigator non diciamo nulla perché era ridicolo far trovare lavoro agli assistiti tramite altri assistiti. Certamente in tanti sommano il Reddito di Cittadinanza con qualche lavoro in nero in un sistema di illegalità diffusa che nessuno riesce a ridimensionare. La media dell’importo del reddito di cittadinanza in Calabria è di 542 euro al mese. Tanti i furbetti che lo percepivano senza averne diritto che sono stati individuati, ma più controlli più scopri (7/9/21 Reddito di cittadinanza, smascherati 700 furbetti in Calabria, Gazzetta del Sud, Arcangelo Badolati). Solo adesso qualcuno ha capito che i controlli andavano fatti prima di erogare il reddito e non a babbo morto.
IMPRESE In Calabria nel 2017 operavano 108.740 imprese, il 2,5 per cento del totale nazionale. L’insieme di queste imprese occupava 264.630 addetti, una quota pari all’1,6 per cento degli addetti occupati nel Paese.
Nella regione l’attività manifatturiera, con le sue 7.901 imprese, rappresenta il 7,3 per cento del totale delle imprese, mentre il dato nazionale è pari all’8,7 per cento; nel settore è occupato in Calabria circa
un addetto su dieci (uno su cinque in Italia). Il settore del commercio, con le sue 36.720 imprese, pari al 33,8 per cento del totale regionale (il 25 per cento in Italia), rappresenta l’attività più consistente anche in termini di addetti, pari a poco più del 30 per cento del totale regionale (il dato nazionale è pari al 20 per cento). Significativi nella regione anche il settore delle costruzioni (poco più del 10 per cento, sia in termini di imprese che di addetti) e quello delle attività professionali, scientifiche e tecniche (il 16 per cento delle imprese in regione e l’8 per cento degli addetti complessivi). Dal
confronto con il dato nazionale emerge, inoltre, la rilevanza in Calabria del settore dei servizi di alloggio e ristorazione. Con circa 10 mila imprese e oltre 30 mila addetti, le attività ricettive hanno un peso in regione superiore alla media nazionale sia in termini di imprese (il 9,1 per cento del totale
regionale, contro il 7,5 per cento in Italia) che in termini di addetti (poco più dell’11 per cento in Calabria rispetto a quasi il 9 per cento in Italia).
PERDIAMO POSTI E MENTI Intanto nel mondo dell’occupazione calabrese si registrano oltre 21.000 posti di lavoro persi nel 2020. E poi continua senza tregua la partenza di tanti calabresi verso altre regioni per poter andare a lavorare. Ben 15.988 coloro i quali nel 2020 hanno lasciato la Calabria per altre destinazioni e fra questi ben 4.636 con la laurea in tasca, il 29% del totale. Una regione che ha in tutti questi anni scientemente deciso di privarsi delle menti migliori, basta guardare i nostri paesi, si sta suicidando con una rassegnazione pari a quella di chi aspetta il terremoto prossimo venturo senza fare nulla, come per le frane, le alluvioni, le mareggiate.
Ma nonostante tutto questo e questi dati trovatemi uno solo che invochi una politica dove ci sia più mercato e meno Stato. Non lo troverete perchè la politica ragiona in questi termini: ci sono 800 mila calabresi ai quali occorre fornire un sussidio statale. Facciamogli prendere questo sussidio così si mettono l’animo in pace e poi chi vuole fare qualche lavoretto per arrotondare che lo faccia, in nero. E’ una politica statale che è di chiara origine mediterranea. La abbiamo già vista in Grecia, uno Stato basato sul turismo e che è finito in default perchè ha dato un impiego pubblico ad ogni famiglia greca (così come la Calabria ha dato il reddito a 87mila nuclei familiari; il prossimo passo magari sarà quello di raddoppiare le famiglie o le 542 euro al mese); lo vediamo in Sicilia, una regione autonoma che vive sul turismo e che ha dato ad ogni famiglia siciliana un impiego nell’Assemblea regionale (a Palermo Leoluca Orlando il bilancio comunale lo ha taroccato come i greci). Infine veniamo al nostro capoluogo, Catanzaro, anche qui il reddito di ciascun nucleo familiare dipende dalla sanità e dall’indotto.
LE FAMIGLIE NUCLEI ATTIVI In Calabria nelle famiglie dette “nuclei attivi”, ossia quelle in cui non sono presenti pensionati e la persona di riferimento è in età da lavoro (15-64 anni) vivono quasi i due terzi della popolazione residente in regione e la quasi totalità dei minori. In Calabria la quota dei nuclei attivi in cui non c’è nessun dipendente a tempo indeterminato, e quindi privi di una fonte sicura di reddito, è pari al 53,4 per cento. Ecco quantificato il bacino dove pescano mafia e politica, metà dei calabresi deve sbarcare il lunario e 200 mila di essi sono in stato di povertà assoluta.
POVERTA’ RELATIVA Le famiglie calabresi che nel 2015 vivevano in stato di povertà relativa sono 226.234, ossia 10.984 in più rispetto al 2014 (cit. Bonanno, Foglia, Aiello). L’incidenza di povertà relativa individuale è il 34,6%, il doppio della media italiana (15%).
POVERTA‘ ASSOLUTA L’Istat calcolava che nel 2015 in Italia il 7.6% della popolazione era a rischio di povertà assoluta. Si tratta di poco meno di 4 milioni e 598 individui. In base ai dati Istat più recenti, relativi al 2018, in Calabria la percentuale di famiglie in povertà assoluta, ossia con una spesa mensile inferiore a quella necessaria per mantenere uno standard di vita minimo considerato accettabile, si può ipotizzare che sia la stessa di quanto si registri nel Mezzogiorno. E’ il 10%, quasi 200 mila persone, il 9,1% del nuclei familiari che sono 802.248.
NATALITA’ D’IMPRESA Dal 2005 (primo anno di disponibilità dei dati) al 2017, la natalità di impresa in regione è progressivamente diminuita, passando da 6 a 4 imprese nate ogni mille abitanti. La riduzione del numero delle nuove imprese create in regione è attribuibile alla componente delle ditte individuali, Dal punto di vista settoriale, nel corso del periodo considerato è progressivamente cresciuta la quota di nuove imprese calabresi che ha scelto di operare nel settore dei servizi (circa il 70 per cento nell’ultimo triennio considerato, 10 punti percentuali in più rispetto agli anni pre-crisi, aumentando ulteriormente la già ampia quota di attività regionale realizzata nel terziario.
SERVIZI Tale incremento si è concentrato nel comparto dei servizi a basso contenuto di conoscenza (che include in particolare commercio, alberghi e ristorazione), mentre rimane modesta l’incidenza di quelli ad alto contenuto di conoscenza sul totale dell’attività del terziario. Il settore manifatturiero e quello delle costruzioni, che hanno maggiormente risentito della crisi, presentano anche una minore percentuale di imprese nate negli anni più recenti; la quota di imprese calabresi create nel settore agricolo è leggermente scesa, ma rimane nettamente superiore a quella registrata in Italia.
NUOVE IMPRESE FEMMINILI E GIOVANILI Con riferimento alle caratteristiche degli imprenditori, nel corso degli anni è aumentata l’incidenza delle nuove imprese femminili e giovanili (rispettivamente il 30 e il 40 per cento delle imprese nate nel triennio 2015-17): entrambe le percentuali sono più elevate rispetto alla media nazionale, probabilmente in connessione con la maggiore difficoltà di accesso al lavoro subordinato da parte di queste categorie di individui.
TURISMO POST COVID L’impatto complessivo dell’emergenza Covid-19 sulle presenze turistiche in regione, che erano risultate in crescita nel 2019 per il quinto anno consecutivo, è stato invece inizialmente attutito dall’elevata stagionalità che caratterizza il settore: lo scorso anno circa il 70 per cento delle presenze presso le strutture ricettive calabresi si è concentrato tra i mesi di luglio e settembre, solo il 5 per cento nei mesi di marzo e aprile.
REDDITI MEDI Secondo i Conti economici territoriali, in Calabria il reddito disponibile delle famiglie consumatrici era pari nel 2018 (anno più recente disponibile) a quasi 12.800 euro pro capite, nettamente inferiore alla media italiana (circa 18.900). Il divario con il resto del Paese risulta ampio anche considerando misure di benessere individuale che vanno oltre la sfera economica.
RICCHEZZA NETTA FAMIGLIE In base alle ultime stime disponibili, aggiornate al 2018, la ricchezza netta delle famiglie calabresi ammontava a 162 miliardi di euro. Tra il 2008 e il 2018 il valore corrente della ricchezza netta calabrese è aumentato dell’8 per cento