Il Pd spaccato: con Draghi o con Giuseppi?

Nessun big del Partito democratico per ora si azzarda a dar vita a una discussione, ma prima o poi il Nazareno dovrà decidere con chi presentarsi alle elezioni. Perdersi dietro l’azzeccagarbugli Conte o sposare finalmente la via del riformismo?

(mario lavia) Elezioni 2023. Tutt’altra cosa – e su questo il dibattito in casa dem prima o poi è destinato ad aprirsi – sarebbe la scelta del Pd di darsi l’Agenda Draghi come piattaforma elettorale e fare del centrosinistra l’infrastruttura politica del draghismo senza peraltro tirare il presidente del Consiglio per la giacchetta: qui si tocca la corda sensibile della linea del Nazareno, un partito che ancora non ha scelto se sposare il pragmatismo riformista di Draghi, scontando una rottura con Conte, o spostare il suo asse a sinistra, come chiede una parte rilevante del gruppo dirigente, da Andrea Orlando a Peppe Provenzano. Su questo ci sarà una lotta politica interna che tra l’altro avrà effetti anche sulla composizione delle liste. 

Nessun big per ora si azzarda a dar vita a una discussione, né Enrico Letta la sta sollecitando. Le due anime principali – la sinistra e Base riformista – tacciono, mentre colpisce il silenzio di Dario Franceschini, l’uomo le cui mosse condizionano moltissimo il Nazareno e che nei frangenti più delicati ha sempre una sua linea. È un silenzio politico che si trascina da mesi. Almeno da quando si è insediato a palazzo Chigi Mario Draghi, con il quale sembra essere davvero poco in sintonia, probabilmente perché Draghi oscura quel ruolo di regista politico che il ministro della Cultura aveva nel Conte bis. Forse è per questo che Franceschini da mesi non parla di politica.