Discutere di calcio di politica o di quello che volete nel 2021

Ho giocato a pallone da ragazzo come tanti e mi piace parlare di calcio. Ma la domanda cruciale è: ne capisco?

Vedete, un qualunque tifoso non vede la realtà e non va oltre frasi fatte come “mi piace Dybala”, “stiamo giocando bene”, “Allegri non vale nulla”. Il tifoso per definizione non sa argomentare le sue convinzioni. Se ha idee, non riesce ad elaborarle, per cui parla d’istinto o rimbalza opinioni per sentito dire.  Io invece di calcio me ne intendo perchè l’ho sempre studiato, come si studia una materia all’università.  In ogni discussione c’è chi sa e chi improvvisa. Succede, è diventata simbolica la discussione tra l’economista Padoan e la sottosegretaria Castelli. Quando al giorno d’oggi un ignorante discute con un esperto alla fine l’ignorante conclude: questo lo dice Lei!

Ma torniamo al calcio, che è uno sport semplice per i tifosi ma molto complesso per chi lo analizza. E’ uno sport di squadra dove conta l’organizzazione e quindi ciascun giocatore deve essere allenato a saper prendere in maniera istantanea la decisione giusta in rapporto al contesto. Facciamo un esempio pratico. Ci sono giocatori dai dilettanti ai professionisti che per una intera carriera fanno sempre lo stesso movimento, rientrano. Se sono destrorsi e giocano sulla sinistra oppure sono mancini e giocano a destra, sanno fare solo una cosa, rientrano verso il centro del campo. Due dei pochi che talvolta variano il gesto sono Insigne e Chiesa. Prendiamo Bernardeschi. E’ un mancino che rientra sempre, sia se lo metti a destra che a sinistra,  non va mai sul fondo. Insomma, ci sono giocatori (che a me inorridiscono) così prevedibili che fanno sempre e solo gli stessi gesti eppure nessuno li allena per migliorarne la tecnica, per essere in grado di  prendere una decisione diversa. Allora mi chiedo, il calcio moderno basato sui dati riuscirà a fornire ai calciatori una maggiore imprevedibilità dal momento che tutta la partita di un giocatore verrà analizzata azione per azione?

Con il calcio diventato “televisivo” tutti siamo diventati “competenti” (quando la domenica in tv ti facevano vedere un tempo solo di una partita eravamo analfabeti) e abbiamo avuto modo di imbatterci in una nuova razza, i “commentatori” alla Adani, quelli che il calcio lo illustrano adoperando il  “covercianese”, un linguaggio per iniziati o aspiranti allenatori o match analist, dove il terzino si chiama “quinto”,  l’attaccante  “invasore” e il contropiede “ripartenza”. Gli Adani si credono i Piero Angela del calcio, cioè si credono divulgatori scientifici. Siccome li pagano fanno bene ad impapocchiare la gente raccontando la storiella che ci sono allenatori il cui scopo è giocar bene e altri il cui scopo è ottenere risultati. Ciò è falso perchè tutti vogliono le due cose insieme e non separate.
Questo per dire che capire il calcio negli anni sessanta non significa capire il calcio di oggi se non studi e non ti aggiorni (ma questo è un discorso non adatto ai docenti, convinti che possono insegnare oggi come ieri allo stesso modo). Una volta i soli numeri che una squadra considerava erano le reti fatte e quelle subite, le vittorie in trasferta o in casa.
Oggi Gagliardi, l’analista tattico della nostra Nazionale, ti spiega: “Di solito distinguiamo tre macro-categorie: la prima che ci interessa vedere è la pericolosità che abbiamo avuto o che abbiamo subito, che si traduce attraverso appunto l’IDP e gli Expected Goals. La seconda categoria è il dominio territoriale che abbiamo imposto all’avversario, quindi guardiamo il numero di passaggi per zone di campo, il cosiddetto field tilt, e il possesso palla, diviso per zona del campo e per stato del punteggio. La terza categoria riguarda il recupero palla, quindi guardiamo a pressing e riaggressione”.
Insomma, negli staff del calcio (nel basket è avvenuto molto tempo fa) c’è sempre più cultura sui dati statistici, e questa cultura ora arriva fino ai media. Se prima solo qualche allenatore utilizzava i dati e neanche ne aveva familiarità, ora che più allenatori li utilizzano, è più facile che se ne arrivi a parlarne pubblicamente. Per cui il pubblico italiano, poco abituato all’utilizzo dei dati sia sui media sia nelle dichiarazioni dell’allenatore, comincia a parlare di calcio in termini nuovi.
Ma adesso torniamo a me. Io sono sempre stato un tifoso juventino atipico  perchè a me piacciono i calciatori non le maglie. Mi basta vedere una volta un calciatore e mi affeziono. Mi successe con Sivori nel 1957, poi con Meroni, Corso e  Paolo Maldini; scoprii Bettega nel Varese, Vialli nella Cremonese, detesto Bonucci da quando giocava nel Bari e così via. La prima partita (non l’ultima) che giocò Massimo Mauro nel Catanzaro capii che avrebbe fatto carriera, ma anche la prima volta di Koulibaly nel Napoli, o Grassi nella Vigor, o Berardi nel Sassuolo, o Pileggi nel Torino. O la prima volta che vidi giocare Tonino Vitale o in un campetto il lametino Giovanni Di Cello. Avrei potuto fare di mestiere l’osservatore, di solito capisco subito  il valore dei giovani. Certo, non sempre, ho sbagliato con Caldara e Rugani ma i dati prevalenti dicono che ne capisco. Se la Juve mi avesse chiesto se comprare Bernardeschi per 40 milioni (lo vidi a Crotone) lo avrei sconsigliato, invece non avrei venduto Henry nel 1999 o  Coman al Bayern, o Romero all’Atalanta. Sono presuntuoso? No, infatti è la prima volta che ne scrivo seriamente, a 70 anni.
Oggi molti sono convinti (come i docenti per le materie che insegnano) che le analisi calcistiche siano di un solo livello, quello base, e che quelli come me intendono rendere complesso quello che è invece uno sport semplice.
Purtroppo il livello base non serve più per capire nulla di nulla del nostro mondo e della realtà.

Col livello base non possiamo capire nel 2021 nessun argomento, l’arte (è evidente) o il cinema, o la politica, o la tecnologia, o l’intelligenza artificiale. Nessuna questione politica è affrontabile se prima non venga studiata ed approfondita salendo dal livello 1 al livello 6 almeno, nessuna.

Cosa pensare della riforma Cartabia? Studia, arriva al livello 6 e poi puoi cominciare a capire. Ma prima di aver ottenuto quel livello, non fare il tifoso, non ripetere a pappagallo quello che ti dice un Travaglio o un Ainis, un Cassese o un Iuri Maria Prado e così via, su qualsiasi provvedimento legislativo o riforma, su qualsivoglia questione pratica da affrontare.

Nel 1974 il mitico popolo poteva avere una piccola “generica” idea se al referendum fosse meglio votare a favore o contro il divorzio, ma oggi non c’è alcuna possibilità di farsi un’idea originale su alcuna questione pratica, compreso il calcio.

Il “gioco” più popolare al mondo è  ormai così complesso che l’allenatore Guardiola ha assunto nel suo staff quattro astrofisici  per migliorare gli allenamenti e «testare concetti tattici». In altre parole, si va verso l’utilizzo della tecnologia come test di prevedibilità per mostrare come possano svolgersi le partite: un lavoro immane, reso però possibile al City grazie anche alla collaborazione con la società di software «Acronis», che memorizza innumerevoli ore di filmati di gioco, che vengono poi studiati dagli analisti e quindi forniti a Guardiola e al suo staff.
Insomma, ormai scrivo e non discuto più con nessuno, perchè è inutile parlare con chi non ha studiato, il calcio, la politica o quello che volete. Su ciò di cui non mi sono occupato, preferisco tacere, sennò si finisce di fare come Cacciari sul Green pass. Per differenziarmi da quei parolai che parlano di tutto senza capire un tubo di nulla. “Politici che dicono qualunque cosa purchè sia contro il partito avverso ” (Gabanelli). Parolai che si vedono in tv ma che ormai incontri dappertutto e ti sanno solo dire (come la sottosegretaria grillina Castelli): io la penso così, vabbene?